Stimati Associati e gentili Sostenitori, in questi giorni ricorre il centenario delle apparizioni della Vergine Maria a Fatima, in Portogallo. Cerchiamo di capire cosa sia una vera apparizione e come deve comportarsi il buon cattolico davanti a tali episodi straordinari. L’apparizione - insegna l’Enciclopedia Cattolica, Vol. I, colonna 1700 seg., Imprimatur 1948 - è una manifestazione soprannaturale e sensibile per la quale un oggetto spirituale o corporale si rende presente ai sensi esterni od interni. L’apparizione è correlativa alla visione (che in seguito studieremo), e spesso le due voci vengono usate promiscuamente. Sant’Agostino (Contra Adimantum, cap. ultimo: PL 42, 171; De Genesi ad Litteram, XII, 6 seg.: PL 34, 458 seg.) distingue le visioni in corporali, immaginative ed intellettuali: solo alle visioni delle due prime categorie corrisponde propriamente l’apparizione.
Fenomeno d’ordine sensibile, l’apparizione è prevalentemente una manifestazione d’ordine visivo. Anche il tatto è interessato nell’apparizione, in quanto serve a controllare ed a rafforzare l’oggettività delle manifestazioni riferite dalla vista. E poiché la vista ed il tatto sono i due sensi che più direttamente riferiscono la realtà oggettiva, nell’apparizione si produce ciò che i moderni chiamano «sentimento della presenza». Chi ha una apparizione, cioè, è convinto di essere in contatto immediato con l’oggetto che gli si è manifestato, e non già di subirne un influsso più o meno lontano o di trovarsi solo dinanzi ad una immagine, ad una riproduzione di esso. A quanto è riferito dai grandi mistici che ne hanno fatto esperienza, ad esempio da santa Teresa (Vita, 28), questo sentimento di presenza è proprio anche delle apparizioni immaginative e ne costituisce appunto la differenza nei confronti delle pure rappresentazioni della fantasia. Per la diversa autorità dalla quale sono attestate e, quindi, per la diversa fede che meritano, le apparizioni si distinguono in bibliche ed extra-bibliche.
Le prime sono garantite dall’autorità stessa di Dio, autore principale della Sacra Scrittura, e perciò vanno credute con piena e sicura fede. Le altre invece si appoggiano su documenti o su testimonianze ordinarie; e quindi ad esse si deve quella fede che meritano i documenti o le testimonianze. Spieghiamoci meglio. Le apparizioni bibliche sono compiute da Dio (in futuro parleremo di teofania) o dagli angeli; l’angelo Raffaele appare a Tobia e lo accompagna nel viaggio (Tob. 5, 5-12, 22); Gabriele appare a Zaccaria (Lc. 1, 8-22), ed a Maria (Lc. 1, 26-38); un angelo appare più volte a san Giuseppe (Mt. 1, 20; 2, 13); gli angeli annunziano ai pastori la nascita di Gesù (Lc. 2, 8-15); un angelo conforta Gesù nell’agonia del Gethsemani (Lc. 22, 43); un angelo annunzia alle pie donne la risurrezione di Gesù (Mt. 28, 2-5); un angelo appare al centurione Cornelio (Act. 10, 3), ecc. Altre sono compiute dai morti, risorti o no: a Giuda Maccabeo apparvero Onia e Geremia (II Mach. 15,11-16); agli Apostoli apparve sul Tabor Mosè (Mt. 17, 3); dopo la risurrezione di Gesù, molti defunti uscirono dalla loro tomba ed apparvero a molte persone a Gerusalemme (Mt. 27, 53) - vedere anche il nostro Sursum Corda, Comunicato n° 24, ndR; Gesù risorto apparve a Maria Maddalena (Mc. 16, 9), indi a san Pietro (Lc. 24, 35), ai due discepoli nella via di Emmaus (Lc. 24, 15), agli Apostoli riuniti nel cenacolo (Mc. 16, 14; Mt. 28, 17; Io. 20, 19), a Saulo sulla via di Damasco (Act. 9, 3-7), ecc. Le apparizioni bibliche sono in maggior parte narrate come percepite dai sensi esterni; non mancano però le apparizioni ai sensi interni o immaginative, cui si collegano i sogni in cui si rivela la volontà divina (II Mach. 15, 11; Mt. 1, 20; 2, 13).
Dopo chiusa la rivelazione col termine dell’età apostolica, spesso apparvero il Signore o la Vergine, gli angeli o i demoni o i santi, come attestano la storia e la agiografia, antiche e recenti. A tutti note sono le apparizioni di Paray-le-Monial, di Lourdes, della Salette, di Fatima. Le vite dei santi, poi, ad esempio di santa Teresa, di santa Margherita Maria, del santo Curato d’Ars, di santa Gemma Galgani, riferiscono abbondantemente le molte apparizioni avute da queste anime privilegiate. Nel medioevo vi fu tutta una fioritura di apparizioni eucaristiche, nel quadro di molti altri miracoli che avevano per centro l’Eucaristia (cf. P. Browe, Die eucharistischen Wunder des Mittelalters, Breslavia 1938). La liturgia cattolica ha consacrato il ricordo di alcune tra queste apparizioni con l’istituzione di apposite feste: così l’11 febbraio celebra l’apparizione della Madonna di Lourdes; l’8 maggio l’apparizione di san Michele sul monte Gargano. Di altre feste l’origine è connessa con qualche apparizione, come ad esempio la festa della Madonna di Lourdes (11 febbraio); della Madonna della Mercede (24 settembre); del S. Cuore, etc... Con il riconoscimento avuto dalla Chiesa, tali apparizioni si impongono in modo particolare alla credenza dei fedeli: non come articoli di fede, ma come fatti storici della cui autenticità, data l’estrema prudenza della Chiesa nell’ammetterli, non si può ragionevolmente dubitare (vedere anche il nostro Sursum Corda, Comunicati n° 35 e 36, ndR).
Circa le apparizioni sulle quali la Chiesa non ha espresso alcun giudizio, qualsiasi apprezzamento deve essere subordinato a determinati criteri: - un criterio storico (se attraverso lo studio dei documenti e delle testimonianze, l’asserita apparizione risulti realmente avvenuta); - un criterio psicologico (se mediante l’esame delle condizioni intellettuali, morali e psichiche del soggetto si escluda o no l’allucinazione); - un criterio teologico (se l’asserita apparizione sia dovuta ad intervento divino oppure a forze occulte della natura o diaboliche - dopo studieremo lo spiritismo, ndR). Chi ha delle apparizioni è convinto di trovarsi in contatto diretto con la persona che gli appare. Ma la realtà che si manifesta al veggente è la verità oggettiva della persona medesima che si fa presente nell’apparizione o è qualcosa di diverso, per quanto sensibile e quindi reale? La questione è, per alcuni punti, motivo di discussione fra i teologi.
Si conviene che nelle teofanie non è l’essenza di Dio che viene in rapporto con i sensi dell’uomo; ciò è impossibile per l’assoluta spiritualità di Dio, il quale quindi si manifesta attraverso qualche strumento. Analogicamente si pensa sia per le apparizioni degli angeli, sia per quelle dei santi o dei morti, fino a quando questi non abbiano ripreso il loro corpo. La discussione, quindi, si limita all’umanità di Gesù, se nelle apparizioni dopo l’ascensione al cielo, si sia manifestata nella sua realtà corporale; ed alla Santissima Vergine, il cui corpo si trova già glorioso in cielo. Si è d’accordo nel ritenere che all’Apostolo Paolo Gesù è apparso col Suo corpo reale (I Cor. 9, 1), «corporaliter praesente» e non soltanto «aliqualiter apparente» (san Tommaso, Sum. Theol., III, 57, a. 6 ad 3 - «Cristo salendo al cielo una volta per sempre, ha acquistato per sé e per noi il diritto alla dimora celeste per tutta l’eternità. Tuttavia questa dignità non viene menomata, se in via eccezionale qualche volta Egli ritorna sulla terra: o per mostrarsi a tutti come nel giudizio universale; o a qualcuno in particolare, come nella conversione di san Paolo. E perché nessuno creda che ciò sia avvenuto non per la presenza fisica di Cristo, ma mediante una qualsiasi apparizione, si noti che ciò contrasta con quanto dice l’Apostolo stesso, a conferma della resurrezione: “E infine, dopo tutti, è apparso anche a me, come all’aborto”. Ora, questa visione non potrebbe confermare la verità della resurrezione, se egli non avesse visto direttamente il vero corpo [del Signore]», ndR). Altrimenti l’Apostolo non avrebbe potuto, da tali apparizioni, provare la verità della risurrezione (I Cor. 15, 4-13). Per le altre apparizioni, le opinioni discordano. Comunemente si ammette dai teologi che Gesù possa lasciare il cielo per rendersi visibile in terra nella realtà del Suo corpo. Scrive quindi l’Angelico: «Dignitati mansionis caelestis non derogat si ex aliqua dispensatone Christus quandoque corporaliter ad terram descendat» (ibid.).
Oltre questa possibilità, alcuni teologi, quali Scoto e gli scotisti, Suàrez ed altri, partendo dal presupposto che la multilocazione dei corpi (dopo vedremo la bilocazione) non ripugna, ritengono che, pur rimanendo in cielo, il Signore possa nello stesso tempo essere localmente presente in terra con il Suo corpo e rendersi quindi visibile. Per san Tommaso ed i tomisti, invece, l’ipotesi della multilocazione del corpo importa intrinseca ripugnanza: «Ponere quod aliquod corpus sit localiter in hoc loco et tamen sit in alio loco, est ponere contradictoria simul» (Quodlib. 3, a. 2). Essi, quindi, spiegano le apparizioni del Signore o mediante l’intervento di qualche elemento fisico che in forma sensibile e reale rappresenti il corpo del Salvatore, o per un’effettiva modificazione, prodotta, per azione divina, nell’organo visivo del veggente. Pertanto, trattando delle apparizioni eucaristiche, quando cioè nel sacramento «apparet miraculose caro vel puer», l’Angelico non esita a scrivere che in esse «non videtur propria species Christi, sed species miraculosa formata vel in oculis intuentium vel etiam in ipsis sacramentalibus dimensionibus». E la ragione è evidente: «Corpus Christi non potest in propria specie videri nisi in uno loco» (Sum. Theol., III, q. 76, a. 8, ad 2 - «In simili apparizioni non si vedono le sembianze proprie di Cristo, come si è detto; ma delle sembianze miracolosamente prodotte, o negli occhi degli spettatori, o addirittura entro le dimensioni del sacramento», ndR). Analogamente a quelle del Signore, vengono spiegate anche le apparizioni della Vergine. Tuttavia il fatto che nelle varie apparizioni la Madonna appaia ora in una forma ora in un’altra, sembra confermare che non sia il suo vero corpo che si manifesti, ma solo una forma sensibile che lo rappresenta (come nel caso delle apparizioni di Gesù bambino, per esempio, ndR). Fine della citazione dall’Enciclopedia Cattolica.
Dunque chi ci dice se un’apparizione è vera, ossia se l’asserita apparizione sia dovuta ad intervento divino, oppure a forze occulte della natura o diaboliche, oppure ad invenzioni semplicemente umane? Ce lo dice solo l’autorità della Chiesa. L’opinione di un parroco è «autorità della Chiesa»? Non lo è, se non nella misura in cui essa è uniforme al pronunciamento dell’autorità. Difatti un’ispirazione solo privata od un’esperienza interiore non sono sufficienti (cf. Denzinger, 3033). Il giudizio privato, ancora, può essere offuscato da influssi esterni («pregiudizi, passioni o cattiva volontà, etc...», cf. Denzinger, 3876). In attesa di un pronunciamento ufficiale della Chiesa, il buon cattolico come deve comportarsi? Se intende interessarsi all’asserita apparizione, il che non è affatto obbligatorio, si richiede che sia prudente ed attento ai pronunciamenti precipui della Chiesa: «L’obbedienza [alla Chiesa - difatti] deve essere perfetta perché è richiesta dalla fede stessa, ed ha in comune con la fede che non può essere separata da essa; anzi, se non è assoluta pur avendone tutti gli aspetti le resta soltanto un’apparenza di obbedienza, ma di fatto scompare» (cf. Sapientiae christianae, Papa Leone XIII). Un’autentica apparizione (ossia dovuta ad intervento divino) può diffondere una falsa dottrina, può istigare alla disobbedienza ed all’errore, può sostituirsi alla Chiesa? No in tutti i casi; soprattutto noi crediamo nella Chiesa, non nelle apparizioni. Deve essere nostra la sentenza di Sant’Agostino dove dice: «Non crederei [neanche] al Vangelo se non mi ci inducesse l’autorità della Chiesa cattolica» (Contra ep. man. 5, 6; cf. Contra Faustum 28, 2).
A cura di CdP