Stimati Associati e gentili Sostenitori, Cornelio ALapide nei suoi Tesori definisce, con san Bernardo, la vanagloria «male sottile, segreto veleno, peste occulta, artefice d’inganni, madre dell’ipocrisia, dell’invidia, sorgente dei vizi, fomite di delitti, ruggine delle virtù, verme roditore della santità, accecamento dei cuori, che cambia i rimedi in malattie e fa della medicina una causa di languore».
Il Crisostomo la chiama «madre dell’inferno». San Basilio dice che la vanagloria è «cortese predone delle ricchezze spirituali, gaio nemico delle anime nostre, tarlo delle virtù, ladro gentile di tutti i nostri beni». Come un tesoro messo in pubblico e lasciato senza guardia, viene presto rubato, così ogni virtù che ama essere conosciuta ed encomiata si risolve ben presto in fumo. Come la cera si scioglie vicino al fuoco, così l’anima dinanzi al fuoco della vanagloria, perde tutto il pregio di ogni sua virtù.
Sant’Agostino così parlava di Dio: «O Signore, colui che attribuisce a sé la gloria del vostro bene ed a voi non la tributa, è ladro e predone; simile al diavolo che tentò rapire a Voi la gloria vostra». Dice il Signore: «Seminano vento e raccolgono tempesta» quelli che fanno qualche buona opera per averne lode, poiché la vanagloria è tempesta che tormenta con mille cure e pensieri e inquietudini e affanni e dolori.
Coloro che agiscono per vanagloria, gettano le opere loro in un sacco senza fondo, o, come dice san Gerolamo, «seminano cose vane, e non raccolgono che frutti vani e vuoti». Infelice chi cerca di essere lodato di una buona azione! Egli ne perde il merito, e sarà punito della colpa che commette invanendosi dell’azione compiuta (cf. San Matteo, VI, 1).