Impariamo da «Le questioni disputate», San Tommaso d’Aquino, volume X, tomo I, ESD, 2003, alla pagina 347, questione 8: «Nella Chiesa non ci può essere errore biasimevole; ora, sarebbe un errore biasimevole se si venerasse come santo chi fu un peccatore, poiché alcuni, conoscendo i suoi peccati o l’eresia, se fosse il caso, potrebbe essere condotto all’errore: quindi la Chiesa in tali cose non può errare... Sant’Agostino, scrivendo a San Girolamo (Lettera 40,5), dice che se si ammette qualche menzogna nella Scrittura canonica muterà la nostra fede, che si basa sulla Scrittura canonica; ora, come siamo tenuti a credere ciò che si trova nella Sacra Scrittura, così [anche] ciò che è comunemente determinato dalla Chiesa, per cui è giudicato eretico chi sente contro la determinazione dei Concilii: quindi il comune giudizio della Chiesa non può essere erroneo... La canonizzazione dei santi è intermedia fra queste due cose: poiché tuttavia l’onore che prestiamo ai santi è una certa professione di fede, mediante la quale crediamo la gloria dei santi, bisogna piamente credere che nemmeno in queste cose il giudizio della Chiesa possa sbagliare. Il Pontefice, a cui compete canonizzare i santi, può certificarsi sullo stato di qualcuno mediante l’esame della vita e l’attestazione dei miracoli, e soprattutto mediante l’istinto dello Spirito Santo, che “scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio” (1 Cor., 2, 10). La divina provvidenza assiste la Chiesa affinché in tali cose non si inganni a motivo della testimonianza fallibile degli uomini». Prosegue...
San Tommaso d’Aquino difende l’infallibilità nelle canonizzazioni
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