«Pater, si vis, transfer calicem istum a me; verumtamen non mea voluntas sed tua fiat», dice il Signore.
I moderni rivendicano l'assoluta autonomia delle istituzioni e dei processi legislativi, sostengono che esiste una sana laicità degli Stati. Recentemente è stato dichiarato da un'alta carica nella Chiesa: «C’è una sana laicità, per esempio la laicità dello Stato. In generale, uno Stato laico è una cosa buona; è migliore di uno Stato confessionale, perché gli Stati confessionali finiscono male». Ed ancora, difendendo la laicità degli Stati, lo stesso moderno sostiene un'improbabile differenza fra laicità e laicismo di Stato: «Però una cosa è la laicità e un’altra è il laicismo. Il laicismo chiude le porte alla trascendenza, alla duplice trascendenza: sia la trascendenza verso gli altri e soprattutto la trascendenza verso Dio; o verso ciò che sta al di là. E l’apertura alla trascendenza fa parte dell’essenza umana. Fa parte dell’uomo. Non sto parlando di religione, sto parlando di apertura alla trascendenza». A quanto pare, numerosi cattolici nominali e nostri contemporanei ritengono che non ci sia nulla da obiettare a tali affermazioni, le considerano normali e sovente da lodare. Proviamo a rispondere con la fede cattolica.
Domanda: E' cattolico sostenere che gli Stati debbano essere laici, che debba esserci separazione fra Stato e Chiesa, che gli Stati confessionali finiscono male, che la laicità di Stato sia una cosa buona?
Papa Pio XI afferma nella «Quas Primas»: «La peste della età nostra è il così detto laicismo coi suoi errori e i suoi empi incentivi; e voi sapete, o Venerabili Fratelli, che tale empietà non maturò in un solo giorno ma da gran tempo covava nelle viscere della società. Infatti si cominciò a negare l'impero di Cristo su tutte le genti; si negò alla Chiesa il diritto - che scaturisce dal diritto di Gesù Cristo - di ammaestrare, cioè, le genti, di far leggi, di governare i popoli per condurli alla eterna felicità. E a poco a poco la religione cristiana fu uguagliata con altre religioni false e indecorosamente abbassata al livello di queste; quindi la si sottomise al potere civile e fu lasciata quasi all'arbitrio dei principi e dei magistrati. Si andò più innanzi ancora: vi furono di quelli che pensarono di sostituire alla religione di Cristo un certo sentimento religioso naturale. Né mancarono Stati i quali opinarono di poter fare a meno di Dio, riposero la loro religione nell'irreligione e nel disprezzo di Dio stesso. I pessimi frutti, che questo allontanamento da Cristo da parte degli individui e delle nazioni produsse tanto frequentemente e tanto a lungo, Noi lamentammo nella Enciclica “Ubi arcano Dei” e anche oggi lamentiamo: i semi cioè della discordia sparsi dappertutto; accesi quegli odii e quelle rivalità tra i popoli, che tanto indugio ancora frappongono al ristabilimento della pace; l’intemperanza delle passioni che così spesso si nascondono sotto le apparenze del pubblico bene e dell’amor patrio; le discordie civili che ne derivarono, insieme a quel cieco e smoderato egoismo sì largamente diffuso, il quale, tendendo solo al bene privato ed al proprio comodo, tutto misura alla stregua di questo; la pace domestica profondamente turbata dalla dimenticanza e dalla trascuratezza dei doveri familiari; l’unione e la stabilità delle famiglie infrante, infine la stessa società scossa e spinta verso la rovina».
Da tale illuminante risposta della Prima Sede, ricca di sentenze, si capisce facilmente che non corre alcuna differenza fra laicità e laicismo di Stato, così come si vorrebbe far credere oggi adulterando il significato della terminologia in uso. Capiremo che l'ostentata parola laicità dello Stato è solo un malcelato e democristiano sinonimo di laicismo di Stato, nonché prodromo dell'ateismo di Stato e della collettività. Dichiara difatti il Signore: «Ego sum via et veritas et vita; nemo venit ad Patrem nisi per me». Ora, che uno Stato (laico) pretenda di fare bene accettando, difendendo ed imponendo altre false vie, scansando o rigettando l'unica vera via, appare altamente temerario, se non del tutto folle. Questo è evidente non solo agli occhi di chi ha la grazia di possedere la vera fede, ma anche alla mente di chi usa il retto intelletto. Chi non lo capisce dovrebbe interrogarsi. In seguito i Pontefici ce lo diranno chiaramente e ne spiegheranno le ragioni.
Pio XI, «Divini illius Magistri», sulla paventata educazione degli Stati cosiddetti laici ovverosia laicisti: «Da ciò appunto consegue, essere contraria ai principi fondamentali dell'educazione la scuola così detta neutra o laica, dalla quale viene esclusa la religione. Una tale scuola, del resto, non è praticamente possibile, giacché nel fatto essa diviene irreligiosa. Non occorre ripetere quanto su questo argomento hanno dichiarato i Nostri Predecessori, segnatamente Pio IX e Leone XIII, nei tempi dei quali particolarmente il laicismo cominciò ad infierire nella scuola pubblica. Noi rinnoviamo e confermiamo le loro dichiarazioni (Pio IX, Ep. Cum non sine, 14-7-1864; Syllabus, Prop. 48; Leone XIII, allocuzione Summi Pontificatus, 24-8-1880, Enc. Nobilissima, 8-2-1884, Ep. Quod multum, 22-8-1886, Ep. Officio sanctissimo, 22-12-1887, Ep. Enc. Caritatis, 19-3-1894, ecc.; vedi Cod. I. C. cum Fontium Annot. can. 1374) ed insieme le prescrizioni dei Sacri Canoni, onde la frequenza delle scuole acattoliche, o neutrali, o miste, quelle cioè aperte indifferentemente ai cattolici e agli acattolici, senza distinzione, è vietata ai fanciulli cattolici, e può essere solo tollerata, unicamente a giudizio dell'Ordinario, in determinate circostanze di luogo e di tempo e sotto speciali cautele (Cod. I C. c. 1374). E non può neanche ammettersi per i cattolici quella scuola mista (peggio, se unica a tutti obbligatoria), dove, pur provvedendosi loro a parte l'istruzione religiosa, essi ricevono il restante insegnamento da maestri non cattolici in comune con gli alunni acattolici».
In conclusione citeremo anche alcuni riferimenti menzionati dal Pontefice.
Pio XI, «Divini Redemptoris»: «Si può ben dire con tutta verità che la Chiesa, a somiglianza di Cristo, passa attraverso i secoli facendo del bene a tutti. Non vi sarebbe né socialismo né comunismo se coloro che goverano i popoli non avessero disprezzati gli insegnamenti e i materni avvertimenti della Chiesa: essi invece hanno voluto sulle basi del liberalismo e del laicismo fabbricare altri edifici sociali, che sulle prime parevano potenti e grandiosi, ma ben presto si videro mancare di solidi fondamenti, e vanno miseramente crollando l'uno dopo l'altro, come deve crollare tutto ciò che non poggia sull'unica pietra angolare che è Gesù Cristo».
Pertanto non corrisponde al vero neanche la pretesa che che gli Stati confessionali finiscono male. Difatti finiscono male gli Stati che adottano altre e false confessioni, quali il comunismo, il socialismo, il liberalismo, il laicismo, le false religioni, etc ... Che i suddetti pensieri politici e filosofici siano delle vere e proprie confessioni non è possibile negarlo, anzi la storia lo conferma, parimenti non è cattolico, né onesto, dare del bugiardo a Papa Pio XI.
Pio XI, «Dilectissima Nobis»: «Ma, tornando alla deplorevole “legge intorno alle confessioni e congregazioni religiose”, abbiamo constatato con vivo rammarico che in essa fin dal principio viene apertamente dichiarato che lo Stato non ha religione ufficiale, riaffermando così quella separazione dello Stato dalla Chiesa che fu purtroppo sancita nella nuova Costituzione Spagnola. Non ci indugiamo qui a ripetere quale gravissimo errore sia l’affermare lecita e buona la separazione in se stessa, specialmente in una Nazione che nella quasi totalità è cattolica. La separazione, chi bene addentro la consideri, non è che una funesta conseguenza (come tante volte dichiarammo, specialmente nell’Enciclica Quas primas) del laicismo, ossia dell’apostasia dell’odierna società che pretende estraniarsi da Dio e quindi dalla Chiesa. Ma se per qualsiasi popolo, oltre che empia, è assurda la pretesa di voler escluso dalla vita pubblica Iddio Creatore e provvido Reggitore della stessa società, in modo particolare ripugna una tale esclusione di Dio e della Chiesa dalla vita della Nazione Spagnola, nella quale la Chiesa ebbe sempre e meritamente la parte più importante e più beneficamente attiva nelle leggi, nelle scuole e in tutte le altre private e pubbliche istituzioni. Se un tale attentato torna a danno irreparabile della coscienza cristiana del paese (della gioventù specialmente, che si vuole educare senza religione, e della famiglia profanata nei suoi più sacri princìpi) non minore è il danno che ricade sulla stessa autorità civile, la quale, perduto l’appoggio che la raccomanda e la sostiene presso le coscienze dei popoli, vale a dire, venuta meno la persuasione della sua origine, dipendenza e sanzione divina, viene a perdere insieme la sua più grande forza di obbligazione e il più alto titolo di osservanza e di rispetto».
Dunque è chiaro che non è lecito e non è cattolico affermare che gli Stati debbono essere laici, che deve esserci separazione fra Stato e Chiesa. A coloro che sostengono che la laicità di Stato è una cosa buona, Papa Pio XI oppone la verità e denuncia l'apostasia dell’odierna società che pretende estraniarsi da Dio e quindi dalla Chiesa. Dunque laicità di Stato corrisponde all'apostasia della società che fu cattolica. Difatti impariamo dal «Catechismo Maggiore», numero 229, che «Gli apostati sono coloro che abiurano, ossia rinnegano con atto esterno la fede cattolica, che prima professavano». Pertanto i soggetti ed i politici che sostengono la legittimità della laicità di Stato, senza giri di parole, senza entrare nel merito della loro consapevolezza, dichiarano con atto esterno la loro apostasia individuale, poi legislativa ed infine collettiva.
Impariamo cosa insegna Papa Leone XIII.
Leone XIII, «Au milieu»: «Non terremo lo stesso linguaggio [moderato, ndR] sull’altro punto, concernente il principio della separazione dello Stato e della Chiesa, il che equivale a separare la legislazione umana dalla legislazione cristiana e divina. Non vogliamo fermarci a dimostrare qui tutto ciò che ha di assurdo la teoria di questa separazione; ognuno lo comprenderà da se stesso. Quando lo Stato ricusa di dare a Dio ciò che è di Dio, ricusa per necessaria conseguenza di dare ai cittadini ciò, a cui hanno diritto come uomini; giacché, vogliasi o no, i veri diritti dell’uomo nascono precisamente dai suoi doveri verso Dio. Onde segue che lo Stato, venendo meno, sotto questo riguardo, al fine principale della sua istituzione, giunge in realtà a rinnegare se stesso e a smentire ciò che forma la ragione stessa della sua esistenza».
Leone XIII, «È giunto», sulla tolleranza e sui pretesi diritti delle false confessioni: «Non si tratta quindi di quella tolleranza di fatto, che in date circostanze può essere accordata ai culti dissidenti; ma bensì di riconoscere a questi i medesimi diritti che competono a quell’unica vera religione, che Dio costituì nel mondo e distinse con caratteri e segni ben chiari e definiti, perché tutti potessero ravvisarla come tale ed abbracciarla. Con siffatta libertà pertanto si pone nella stessa linea la verità e l’errore, la fede e l’eresia, la Chiesa di Gesù Cristo e qualsiasi istituzione umana: con essa si stabilisce una deplorevole e funesta separazione tra la società umana e Dio che n’è l’autore, e si giunge alla triste conseguenza dell’indifferentismo dello Stato in materia di religione, o ciò ch’è lo stesso, del suo ateismo».
Papa Leone XIII ci ha tosto fatto capire che non c'è differenza fra laicità di Stato e laicismo di Stato, al contrario di quello che vorrebbero i democristiani ed i modernisti, difatti la laicità, o laicismo di Stato, ha come funesta conseguenza l'indifferentismo, ovverosia come ultima e quasi automatica conclusione l'ateismo. Lo Stato laico, mediante la legislazione iniqua, perverte anche i fanciulli. A tal proposito afferma il Signore: «Et quisquis scandalizaverit unum ex his pusillis credentibus in me, bonum est ei magis, ut circumdetur mola asinaria collo eius, et in mare mittatur».
Leone XIII, «Immortale Dei»: «Così Gregorio XVI nell’Enciclica Mirari vos del 15 agosto 1832 colpì con parole durissime quelle teoriche che già venivano diffondendosi e secondo le quali non è necessario operare una scelta in materia di religione: è diritto di ciascuno professare qualsiasi fede gli aggradi; per ciascuno il solo giudice è la coscienza; inoltre è lecito proclamare qualsiasi opinione, e ordire rivolte contro lo Stato. Circa la separazione della Chiesa dallo Stato lo stesso Pontefice così si esprimeva: “Né più lieti successi potremmo presagire per la Religione e il Principato dai voti di coloro che vorrebbero vedere separata la Chiesa dal Regno, e troncata la mutua concordia dell’Impero col Sacerdozio. È troppo chiaro che dai sostenitori di una impudentissima libertà si teme quella concordia che fu sempre fausta e salutare al governo sacro e a quello civile”».
Impariamo che non è cattolica e non è lecita la separazione fra Trono ed Altare. Non è cattolico e non è lecito il primato della coscienza (... ognuno faccia ciò che ritiene sia bene secondo la propria coscienza ...). Non è cattolica e non è lecita la separazione fra Stato e Chiesa. Questa è la nostra fede a riguardo, dunque chi la abiura evidentemente manifesta la sua personale ed erronea credenza, che evidentemente non corrisponde alla fede cattolica.
Leone XIII, «Libertas»: «Molte persone infatti vogliono lo Stato totalmente separato dalla Chiesa, in modo che in ogni norma che regola la convivenza umana, nelle istituzioni, nei costumi, nelle leggi, negli impieghi statali, nella educazione della gioventù, si debba considerare la Chiesa come se non esistesse, pur concedendo infine ai singoli cittadini la facoltà di dedicarsi alla religione in forma privata, se così piace. Contro costoro vale la forza di tutti gli argomenti coi quali confutammo l’opinione relativa alla separazione della Chiesa e della società civile, ma con questa postilla: è assurdo che il cittadino onori la Chiesa e che la società la disprezzi».
Leone XIII, «Nobilissima Gallorum»: «Per la verità, in questo tempo non senza affanno ed angoscia Noi vediamo profilarsi pericoli di tal natura: alcune cose si sono già fatte o si fanno assolutamente non conformi al bene della Chiesa, dato che alcuni, con animo avverso, hanno preso a calunniare e a rendere odiose le istituzioni cattoliche, e a proclamarle nemiche della società. Né minor angustia e afflizione Ci danno i disegni di coloro i quali, puntando sulla separazione della Chiesa e dello Stato, vorrebbero, presto o tardi, rotto l’accordo solennemente e con tanto vantaggio concluso con la Sede Apostolica».
Quindi chi afferma che gli Stati debbono essere laici, che deve esserci separazione fra Stato e Chiesa, che gli Stati confessionali finiscono male, che la laicità di Stato è una cosa buona, in realtà opera contro la Chiesa, attenta alla costituzione universale della Chiesa, ed afferma cose assurde: è assurdo che il cittadino onori la Chiesa e che la società la disprezzi. Costoro certamente hanno bisogno di cure pastorali ma potrebbero anche aver bisogno di cure mediche, dato che Papa Leone XIII, e Papa Gregorio XVI prima di lui, parlano di cose assurde e di deliri - deliramentum.
Vediamo cosa ci dice a riguardo il caritatevolissimo Papa san Pio X.
San Pio X, «Iamdudum in Lusitania»: «Ecco che all'infame comportamento impongono quasi un compimento con la promulgazione di una pessima e dannosissima legge relativa alla separazione degli affari dello Stato e della Chiesa. A questo punto la coscienza dell'ufficio apostolico non Ci permette più in alcun modo di sopportare con rassegnazione e di lasciar correre nel silenzio una ferita così grave inferta al diritto e alla dignità della religione cattolica. (...) Riguardo poi alle cose nelle quali la sacra potestà della Chiesa si esercita in modo proprio, è molto più grave e molto più dannoso l'oltraggio di questa Separazione, che, come si è detto, diventa una indegna servitù della stessa Chiesa. (...) Noi, la legge sulla separazione della Repubblica portoghese e della Chiesa, legge che disprezza Dio e ripudia la professione di fede cattolica (...) la disapproviamo, condanniamo, rifiutiamo. Poiché deploriamo fortemente che una simile legge sia promulgata, ratificata, pubblicata, ed eleviamo solenne protesta a tutti coloro che ne furono autori o partecipi, per questo proclamiamo e annunciamo che qualsiasi cosa sia stato stabilito contro i diritti inviolabili della chiesa, è e deve essere ritenuto nullo e senza valore».
Capiamo che gli assertori delle proposizioni gli Stati debbono essere laici, deve esserci separazione fra Stato e Chiesa, gli Stati confessionali finiscono male, la laicità di Stato è una cosa buona: essi disprezzano Dio e ripudiano la professione di fede cattolica. Tali soggetti vogliono una indegna servitù della stessa Chiesa allo spirito del mondo negli Stati apostati. In contro, ricorda l'Apostolo: «Nos autem non spiritum mundi accepimus, sed Spiritum, qui ex Deo est, ut sciamus, quae a Deo donata sunt nobis».
San Pio X, «Pascendi Dominici gregis»: «Ricordammo già sopra i congressi e i pubblici convegni come quelli nei quali i modernisti si adoperano di propalare e propagare le loro opinioni. I Vescovi non permetteranno più in avvenire, se non in casi rarissimi, i congressi di sacerdoti. Se avverrà che li permettano, lo faranno solo a questa condizione: che non vi si trattino cose di pertinenza dei Vescovi o della Sede Apostolica, non vi si facciano proposte o postulati che implichino usurpazione della sacra potestà, non vi si faccia affatto menzione di quanto sa di modernismo, di presbiterianismo, di laicismo».
Quindi al battezzato è opportunamente vietato parlare bene del laicismo.
San Pio X, «Vehementer»: «Queste misure ed altre ancora che a poco a poco separavano di fatto la Chiesa dallo Stato non erano niente altro che dei gradini posti allo scopo di arrivare alla separazione completa ed ufficiale: persino coloro che le hanno promosse, non hanno esitato a riconoscere questo, apertamente e frequentemente. (...) È una tesi assolutamente falsa, un errore pericolosissimo, pensare che bisogna separare lo Stato dalla Chiesa».
Cosa dice Papa Pio XII? Il Pastore del popolo e della vera misericordia.
Pio XII, «Haurietis aquas»: «Vi sono infine altri, i quali, ritenendo questo culto come troppo vincolato agli atti di penitenza, di riparazione e di quelle virtù che chiamano piuttosto "passive", perché prive di appariscenti frutti esteriori, lo giudicano meno idoneo a rinvigorire la spiritualità moderna cui incombe il dovere dell’azione aperta e indefessa per il trionfo della fede cattolica e la strenua difesa dei costumi cristiani, in mezzo a una società inquinata di indifferentismo religioso, incurante di ogni norma discriminatrice del vero dal falso nel pensiero e nell’azione, ligia ai principi del materialismo ateo e del laicismo».
Pio XII, «Gravi ed ad un tempo tenere, Radiomessaggio di Natale 1948»: «Tuttavia, se la costanza e la fermezza di tanti fratelli nella fede sono per Noi fonte di letizia e di santa fierezza, non possiamo sottrarCi all’obbligo di menzionare anche coloro, i cui pensieri e i cui sentimenti portano l’impronta dello spirito e delle difficoltà dell’ora. Quanti hanno sofferto detrimento od anche hanno naufragato nella fede e nella stessa credenza in Dio! Quanti, intossicati da un’aura di laicismo o di ostilità verso la Chiesa, hanno perduto la freschezza e la serenità di una fede, che era stata finora il sostegno e la luce della loro vita! Altri, bruscamente sradicati e strappati dal suolo nativo, errano alla ventura, esposti, specialmente i giovani, a un decadimento spirituale e morale, di cui non si potrebbe abbastanza valutare il pericolo».
Sono evidenti le conseguenze provocate dagli intossicati da un’aura di laicismo.
Papa Pio IX nel «Sillabo» condanna, fra le altre funeste frasi, le seguenti proposizioni»: «I Re e i Principi non solo sono esenti dalla giurisdizione della Chiesa, ma di più, nello sciogliere le questioni di giurisdizione sono superiori alla Chiesa», «Si deve separare la Chiesa dallo Stato, e lo Stato dalla Chiesa», «Le leggi dei costumi non abbisognano di sanzione divina, né punto è mestieri che le leggi umane si conformino al diritto di natura, e ricevano da Dio la forza obbligatoria», «La Chiesa non ha potestà di stabilire impedimenti dirimenti del Matrimonio, ma tale potestà spetta all'autorità civile, per mezzo della quale si hanno da rimuovere gli impedimenti esistenti», «L'annullamento del principato civile che possiede la Sede Apostolica gioverebbe assaissimo alla libertà e felicità della Chiesa», «Ai tempi nostri non giova più tenere la religione cattolica per unica religione dello Stato, escluso qualunque sia altro culto», «Quindi lodevolmente in parecchie regioni cattoliche fu stabilito per legge, esser lecito a tutti gli uomini ivi convenuti il pubblico esercizio del proprio qualsiasi culto», «Infatti è falso che la civile libertà di qualsiasi culto o la piena potestà a tutti indistintamente concessa di manifestare in pubblico e all’aperto qualunque pensiero ed opinione influisca più facilmente a corrompere i costumi e gli animi dei popoli e a propagare la peste dell’indifferentismo» e «Il Romano Pontefice può e deve col progresso, col liberalismo e con la moderna civiltà venire a patti e conciliazione».
Il Pontefice nella «Quanta Cura» che introduce il «Sillabo», condannando precisamente le affermazioni summenzionate e molte altre, ci spiega da quale spirito esse provengono: «[...] nel presente tempo altre empie dottrine d’ogni genere vengono disseminate dai nemici di ogni verità e giustizia con pestiferi libri, libelli e giornali sparsi per tutto il mondo, con i quali essi illudono i popoli e maliziosamente mentiscono. Né ignorate come anche in questa nostra età si trovino alcuni che, mossi ed incitati dallo spirito di Satana, pervennero a tanta empietà da non paventare di negare con scellerata impudenza lo stesso Dominatore e Signore Nostro Gesù Cristo ed impugnare la sua Divinità».
Quindi coloro i quali affermano che gli Stati debbono essere laici, che deve esserci separazione fra Stato e Chiesa, che gli Stati confessionali finiscono male, che la laicità di Stato è una cosa buona, sono chiaramente mossi ed incitati dallo spirito di Satana.
Contro la laicizzazione degli Stati, precipuamente adempiendo al dovere cattolico di tutelare i giovani dal pervertimento morale, mentale e fisico (cf. San Matteo, XVIII, 16), la Chiesa comanda nel «Codice di Diritto Canonico» (detto Pio-Benedettino): «1372-1374. L’istruzione dei fedeli riguarderà specialmente la religione e la morale; l’educazione cristiana dei figli è obbligo non solo dei genitori, ma di chi ne fa le veci. In qualunque scuola elementare vi sarà l’istruzione religiosa, e dei sacerdoti idonei istruiranno i giovani nelle altre scuole superiori. I fanciulli non frequenteranno scuole acattoliche, neutre, miste, e solamente il Vescovo potrà tollerarlo con le dovute cautele».
Contro le smanie di lacità e di pervertimento diseducativo volute dai modernisti, dai democristiani e da altri uomini di prave ed invereconde dottrine, Papa Pio XII conclude nella «Summi Pontificatus»: «Venerabili fratelli! vi può essere dovere più grande e più urgente di annunziare ... le inscrutabili ricchezze di Cristo (Ef. 3,8) agli uomini del nostro tempo? E vi può essere cosa più nobile che sventolare il vessillo del Re davanti ad essi, che hanno seguìto e seguono bandiere fallaci, e riguadagnare al vittorioso vessillo della croce coloro che l'hanno abbandonato? Quale cuore non dovrebbe bruciare ed essere spinto al soccorso, alla vista di tanti fratelli e sorelle, che in seguito a errori, passioni, incitamenti e pregiudizi si sono allontanati dalla fede nel vero Dio, e si sono distaccati dal lieto e salvifico messaggio di Gesù Cristo? Chi appartiene alla milizia di Cristo - sia ecclesiastico, sia laico - non dovrebbe forse sentirsi spronato e incitato a maggior vigilanza, a più decisa difesa, quando vede aumentare sempre più le schiere dei nemici di Cristo, quando s'accorge che i portaparola di queste tendenze, rinnegando o non curando in pratica le vivificatrici verità e i valori contenuti nella fede in Dio e in Cristo, spezzano sacrilegamente le tavole dei comandamenti di Dio per sostituirle con tavole e norme dalle quali è bandita la sostanza etica della rivelazione del Sinai, lo spirito del Sermone della montagna e della croce? Chi potrebbe senza profondo accoramento osservare come questi deviamenti maturino un tragico raccolto tra coloro che, nei giorni della quiete e della sicurezza, si annoveravano tra i seguaci di Cristo, ma che - purtroppo, cristiani più di nome che di fatto - nell'ora in cui bisogna resistere, lottare, soffrire, affrontare le persecuzioni occulte o palesi, divengono vittime della pusillanimità, della debolezza, dell'incertezza e, presi da terrore di fronte ai sacrifici imposti dalla loro professione cristiana, non trovano la forza di bere il calice amaro dei fedeli di Cristo? In queste condizioni di tempo e di spirito, venerabili fratelli, possa l'imminente festa di Cristo re, in cui vi sarà pervenuta questa Nostra prima enciclica, essere un giorno di grazia e di profondo rinnovamento e risveglio nello spirito del regno di Cristo. Sia un giorno, in cui la consacrazione del genere umano al Cuore divino, la quale dev'essere celebrata in modo particolarmente solenne, riunisca presso il trono dell'eterno Re i fedeli di tutti i popoli e di tutte le nazioni in adorazione e in riparazione, per rinnovare a lui e alla sua legge di verità e di amore il giuramento di fedeltà ora e sempre. Sia un giorno di grazia per i fedeli, in cui il fuoco, che il Signore è venuto a portare sulla terra, si sviluppi in fiamma sempre più luminosa e pura. Sia un giorno di grazia per i tiepidi, gli stanchi, gli annoiati, e nel loro cuore, divenuto pusillanime, maturino nuovi frutti di rinnovamento di spirito, e di rinvigorimento d'animo. Sia un giorno di grazia anche per coloro che non hanno conosciuto Cristo o che l'hanno perduto; un giorno in cui si elevi al cielo da milioni di cuori fedeli la preghiera: La luce che illumina ogni uomo che viene a questo mondo (Gv. 1,9) possa rischiarare loro la via della salute e la sua grazia possa suscitare nel cuore inquieto degli erranti la nostalgia verso i beni eterni, nostalgia che spinga al ritorno a colui, che dal doloroso trono della croce ha sete anche delle loro anime e desiderio cocente di divenire anche per esse via, verità e vita (Gv 14,6)».
Dunque i portaparola di queste sentenze vengono definiti cristiani più di nome che di fatto e finalmente nemici di Cristo. Essi non trovano la forza di bere il calice amaro dei fedeli di Cristo. Abbiamo cominciato questo breve studio proprio con le parole del Signore: «Pater, si vis, transfer calicem istum a me; verumtamen non mea voluntas sed tua fiat». Oggigiorno colui che NON vuol bere il sacro calice amaro viene lodato. Colui che vuol bere il sacro calice amaro, colui che vuol essere cattolico, oggi viene definito calunniosamente "estremista" o "fondamentalista". Questa maniera insalubre e debole di giudicare è propria del pensiero massonico e modernista. Verosimilmente molti possono essere definiti massonisti e/o modernisti a loro insaputa.
La Chiesa ha sempre denunciato e condannato pure l'inganno che si cela dietro gli apologisti della vaga apertura al trascendente e dell'esperienza soggettiva sentimentale. Domandiamoci, allora, se sia cattolico e sia lecito affermare che va bene lo stato laico, tanto l'importante è l’apertura [soggettiva] alla trascendenza [che] fa parte dell’essenza umana?
San Pio X, «Communium rerum»: «Ma Dio volesse che cotesti miseri traviati, i quali hanno spesso in bocca le belle parole di "sincerità", di "coscienza", di "esperienza religiosa", di "fede sentita", "vissuta" e via dicendo, imparassero da sant'Anselmo e ne intendessero le sante dottrine, ne imitassero i gloriosi esempi: soprattutto bene si scolpissero nell’animo questo suo detto: Prima è da mondare il cuore con la fede, e prima da illuminare gli occhi mediante l’osservanza dei precetti del Signore..., e prima con l’umile obbedienza alle testitnonianze di Dio, dobbiamo farci piccoli per imparare la sapienza... E non solamente, tolta la fede e l’obbedienza dei Comandamenti di Dio, la mente è impedita di salire a intendere verità più alte, ma ancora alle volte l’intelligenza data viene sottratta e la fede stessa sovvertita, se si trascura la buona coscienza».
Ciò non è lecito e non è di fede cattolica. Sono teorie, come si apprende, di miseri traviati.
Potremmo procedere a ritroso, Papa dopo Papa, individuando la medesima, immutabile, infallibile e rigorosa sentenza cattolica contro la laicità, o laicismo, degli Stati, ogni qual volta la Chiesa ha ritenuto, nei secoli, di far sentire la sua divina voce contro il medesimo e diabolico errore che in ogni tempo voleva divampare attraverso miseri traviati, intossicati, nemici di Cristo, cristiani più di nome che di fatto, mossi ed incitati dallo spirito di Satana, etc....Come spiega Papa Pio XII nella «Humani Generis»: «Queste affermazioni vengono fatte forse con eleganza di stile; però esse non mancano di falsità. Infatti è vero che generalmente i Pontefici lasciano liberi i teologi in quelle questioni che, in vario senso, sono soggette a discussioni fra i dotti di miglior fama; però la storia insegna che parecchie questioni, che prima erano oggetto di libera disputa, in seguito non potevano più essere discusse». L'enunciazione del dogma della Regalità Sociale di Cristo, proclamato da Papa Pio XI nella «Quas Primas», vieta chiaramente e categoricamente ai battezzati di parlare positivamente di laicità, o laicismo, degli Stati. Nel contempo riconosce e dichiara la Regalità Sociale di Cristo non solo sui battezzati, ma su tutto l'universo, anche sui non battezzati.
Se lo riterrete opportuno, aiutateci a diramare questo breve studio e forse saremo tutti leggermente più liberi!
Carlo Di Pietro