Stimati Associati e gentili Lettori, ci sia concessa una breve introduzione prettamente burocratica ed economica. Almeno una volta ogni anno è d’obbligo per le Associazioni. In data 15 febbraio 2017 l’Assemblea dei Soci ha approvato il nostro primo «Rendiconto economico», anno 2016. Abbiamo chiuso con una «Liquidità finale» di cassa quantificabile in euro 98,81. Nel 2016 dalle «Quote associative» abbiamo ricavato euro 1.540,00; dai contributi del Presidente per il «Progetto Sursum Corda 2016» euro 573,93; dalle «Donazioni deducibili ...» euro 1.206,38; dalle altre «Entrate marginali ...» euro 100,15. Per un «Totale entrate» pari ad euro 3.420,46. Adesso veniamo alle «Uscite» del 2016: euro 361,20 per i «Rimborsi spese dei volontari», soprattutto viaggi in treno e bus extraurbani; euro 1.617,47 per gli «Acquisti di servizi», per la stampa del nostro Settimanale, per la realizzazione di felpe e magliette, per Aruba, per le spedizioni postali, etc.; euro 150,00 per le «Utenze annuali»; euro 162,48 per il «Materiale di consumo»; euro 575,67 per gli «Oneri finanziari e patrimoniali», registrazione del marchio, registrazione della testata in tribunale, spese di tenuta conto PayPal, etc.; euro 454,84 per i «Beni durevoli». Per un totale pari ad euro 3.321,65.
La gestione oculata e parsimoniosa, ma non tirchia, dell’Associazione, ha perseguito risultati apprezzabili. Abbiamo assicurato i volontari come prevede la legge (R.C. ed infortuni); richiederemo l’iscrizione al «Registro regionale del volontariato», provvederemo ad espletare tutte le pratiche burocratiche necessarie. Probabilmente apriremo il nostro primo conto corrente postale, bolli esente, per donazioni e 5x1.000. Per il momento si tratta di propositi che affidiamo nelle mani di san Giovanni di Dio, nostro Protettore.
Adesso non perdiamo di vista lo spirito di Sursum Corda, che è quello del volontariato cattolico in generale, ma soprattutto presso le persone in difficoltà e le categorie sociali disagiate od a rischio di devianze. Questi primi anni di vita dell’Associazione sono e saranno, a Dio piacendo, intanto formativi per tutti noi; solo in seguito, quando i tempi saranno maturi, passeremo all’azione con attività più marcate sui territori, tante buone opere utili ad ottenere meriti presso Dio. Per concludere, prossimamente, a margine del «Progetto Sursum Corda 2016», acquisteremo un congruo numero di copie (100 pezzi) del «Catechismo di san Pio X» da donare ad una Casa circondariale della Lucania, affinché i detenuti possano usufruire di quelle buone letture, edificanti e di grande sostegno nei momenti di particolari tentazioni. Non appena ci saranno dettagli più precisi daremo comunicazione a Soci e Sostenitori tramite il Bollettino, il Sito e la Stampa locale.
Occorre, a questo punto, precisare alcune nozioni dottrinali fondamentali. Il bene comune è bene di ciascuno, ed il bene di ognuno è il bene di tutti. La grazia di Cristo, Capo della Chiesa, è distribuita dallo Spirito in tutte le membra - ricorda Padre Dragone nel suo «Commento al Catechismo», edizione CLS, Verrua Savoia. Quanto maggiori sono i meriti delle opere buone dei singoli membri, tanto maggiore è l’afflusso della grazia e degli altri beni che si riversa su tutti e su ciascuno. L’unico ostacolo alla partecipazione dei frutti della Comunione dei santi è il peccato, che divide spiritualmente da Cristo, priva della Sua vita e della Sua grazia, e chiude la via per cui vengono a noi i beni del Corpo mistico. Finché la nostra volontà è legata con l’affetto al peccato mortale e non ne è pentita, pone volutamente un ostacolo che impedisce l’unione, la comunione e lo scambio dei beni soprannaturali. II cristiano che vive in peccato mortale è unito al corpo della Chiesa ma è separato dalla sua anima. È come un ramo tagliato dal tronco, come un membro staccato dal corpo, e resta separato finché è privo dell’amore di carità, opposto all’affetto al peccato.
Al numero 144 del suo «Catechismo», Papa san Pio X ci spiega che «il peccato grave si chiama mortale, perché priva l’anima della grazia divina che è la sua vita, le toglie i meriti e la capacità di farsene dei nuovi, e la rende degna di pena o morte eterna nell’inferno». Difatti i meriti - commenta Padre Dragone - sono i frutti delle opere buone compiute in grazia, che danno diritto alla felicità ed al premio eterno. Se tagli dall’albero un ramo carico di frutti prima che siano maturi, li vedrai appassire e poi morire. Così vengono mortificati i meriti di chi cade in peccato mortale. I meriti non sono più imputabili a chi li ha fatti finché resta in peccato, Dio infatti non può premiare con la vita eterna chi muore reo di peccato mortale e quindi è degno della dannazione. I meriti, cioè il diritto al compenso soprannaturale, sono il frutto delle opere buone compiute in grazia. Perciò chi è privo della grazia, anche se compie opere buone, non ha la capacità di meritare soprannaturalmente. San Paolo afferma che a chi è privo della carità o grazia non giovano a nulla le opere, anche più grandi e meravigliose, fosse pure il parlare le lingue degli angeli e degli uomini, il dare le proprie sostanze ai poveri, l’immolarsi gettandosi nel fuoco (v. I Cor. 13, 1-13). Non illudiamoci, pertanto, che facendo del bene automaticamente si ottengano meriti soprannaturali! Non è così. Il peccato grave merita le pene eterne dell’inferno che è chiamato morte eterna, seconda morte, perché laggiù l’esistenza resta solo per dar modo di soffrire. È peggiore della morte o annientamento totale. I dannati vivono privi per sempre della vera Vita, cioè di Dio.
Badiamo bene, dunque, di fare sempre, con l’aiuto di Dio, della vera carità: noi NON siamo dei filantropi!
(A cura di CdP)