Stimati Associati e gentili Lettori, la «Immortale Dei» è una delle grandi encicliche di Papa Leone XIII (novembre 1885), in cui, riprendendo i principi di Papa Gregorio XVI («Mirari vos») e di Papa Pio IX («Sillabo» e «Quanta cura»), la Chiesa fissa la dottrina sui diritti e doveri reciproci della Chiesa e dello Stato e sulle libertà rivendicate dai popoli moderni e soprattutto fissa per la prima volta i limiti entro cui i cattolici possano prestarsi alle rivendicazioni dei popoli ed alle pretese dello Stato. Già alle idee esposte nel Congresso di Malines (1863) dai cattolici liberali, aveva dato una risposta riservata ed in forma privata il Sommo Pontefice Pio IX per mezzo di una lettera del cardinal Antonelli: questa precisazione non rallentava però affatto l’espansione e la minaccia del liberalismo. Una nuova condanna era richiesta dalle stesse circostanze. L’enciclica «Quanta cura» dell’8 dicembre 1864 mirabilmente assolse questo compito: furono riprovate con tanta chiarezza le idee liberali, che anche gli stessi fautori dovettero abbandonare la lotta in base all’equivoco. L’errore fu messo nella sua giusta luce, con la condanna esplicita del naturalismo; però le tendenze liberali non si spensero del tutto, e continuarono ancora qua e là nei discorsi, nei giornali, nelle riviste. Pur senza aver l’aspetto d’un sistema dottrinale, in quasi tutte le nazioni europee queste idee provocavano dissensi fra i cattolici. Leone XIII con l’enciclica «Nobilissima Gallorum gens» (1884) deplorò queste deleterie divisioni connesse con aspre polemiche e invitò i fedeli ad unirsi per la difesa degli interessi maggiori della religione. Con il medesimo spirito scrisse ai vescovi spagnoli («Cum multa sint», 1884) perché la questione religiosa non si confondesse con le competizioni dinastiche fra carlisti e partigiani della costituzione. Questo appello non fu accolto benevolmente. Inoltre in Francia l’Univers non cessava di criticare le tendenze pratiche del nuovo Pontefice: in Spagna il Siglo biasimava il modo di agire del nunzio e della Santa Sede. A Roma stessa le idee di conciliazione erano attaccate. Gli articoli comparsi in Spagna e a Roma furono apertamente disapprovati dalla Santa Sede. Il cardinal Pitra però, interpellato sulla portata di questo biasimo, rispose con una difesa degli autori biasimati. Per por fine a tutte queste contese e divisioni, Papa Leone XIII intervenne con un documento dottrinale: l’enciclica «Immortale Dei» che espone i principi fondamentali regolatori dei rapporti fra lo Stato cattolico moderno e la Chiesa. Uno degli elementi unitari dello Stato è l’autorità, la quale, benché non possa provenire che da Dio (Rom. 13, 2), pur tuttavia si estrinseca in varie forme di governo, le quali, se seguono la legge della giustizia divina, non possono essere riprovate dalla Chiesa. A questa origine divina corrisponde per i popoli l’obbligo della sottomissione all’autorità legittima, senza ricorso alla rivolta (Rom. 13, 2). Quest’obbligo si fonda sulla legge naturale che sospinge l’uomo verso la società e verso la dovuta riverenza alla Maestà divina. E un obbligo di religione che non deve sentire l’individuo soltanto, ma anche l’intera società, la quale non può in nessun modo agire come se Dio non esistesse, ma deve favorire in tutti i modi la vera religione. Fra le due società, quindi, sovrane ciascuna nella propria giurisdizione, non deve regnare la lotta ma l’armonia; del resto il fine ultimo e remoto dell’una e dell’altra società perfetta coincidono: conseguire il vero bene dell’umanità. Questa concordia, legge suprema del medioevo, è stata spezzata dallo Stato ateo, dalla libertà illimitata di pensiero, di parola, di stampa e dall’eguaglianza assoluta di tutti i culti, con conseguenze deleterie sulla formazione della gioventù e dei popoli. Da questo, però, non segue che la Chiesa sia nemica del progresso e ripudi lo Stato moderno, poiché essa è stata sempre antesignana dello sviluppo d’ogni forma culturale e sociale che abbia per fine il benessere generale; solo rigetta le dottrine che sotto il pretesto di libertà aprono ai popoli la via d’ogni licenza e della servitù. In particolare la libertà dei culti può essere tollerata [non approvata, ndR] solo in vista d’un bene maggiore che da essa può provenire alla Chiesa. L’autorità ecclesiastica non ha mai condannato la libera discussione su problemi puramente politici. La condotta però dei cattolici in tali questioni deve essere sempre conforme alle direttive della Santa Sede e dei vescovi. In questo numero di «Sursum Corda» studieremo l’enciclica «Immortale Dei» per fornire indicazioni soprattutto a quei soggetti che desiderano impegnarsi in politica: conservando la fede cattolica. Questa introduzione è tratta dall’«Enciclopedia Cattolica», Vaticano, Imprimatur 1951, Vol. VI, Colonne 1681 e 1682.
(A cura di CdP)