Stimati Associati e gentili Lettori, cerchiamo di capire cosa significa «Libertà». Usiamo innanzitutto la «Breve apologia per giovani studenti, contro gli increduli dei nostri giorni» del prof. Giuseppe Ballerini, Parte I, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, Imprimatur 1912, dalla pagina 310 a seguire. Successivamente studieremo l’Enciclica «Libertas» del Sommo Pontefice Leone XIII. Abbiamo definito il progresso un movimento dell’essere al fine. Nella vita è progresso lo sviluppo del vivente che tende a compirsi ed ingrandire; nell’intelligenza è progresso l’incedere libero della mente verso la verità; nella volontà è progresso la tendenza della medesima verso il bene. Ora è noto che negli esseri irragionevoli questo movimento avviene in modo necessario, nei ragionevoli in modo libero. Il progresso umano si potrebbe quindi definire: il libero movimento dell’uomo verso il suo fine. Muoversi liberamente verso il proprio fine, non vuol dire operare senza nessuna legge; come portarsi liberamente ad un luogo, non vuol dire non tenere la via che adesso conduce. L’uomo è libero, ma è ragionevole; anzi è libero perché ragionevole: e ciò significa che nelle sue particolari azioni deve regolarsi non con l’istinto, come il bruto, ma colla ragione che gli addita le norme per giungere al bene e fuggire il male. L’eterno equivoco dei nostri avversari sta nel confondere la libertà fisica o naturale, che consiste nel dominio sui nostri atti, con la libertà morale, che consiste nella esenzione da ogni legge. Sì: l’uomo è fisicamente libero nel suo operare, in quanto la sua volontà non è costretta o determinata ai suoi atti da nessuna fisica coazione interna od esterna; ma egli è moralmente necessitato, se vuol raggiungere il bene che appetisce, di tenersi alla via che ad esso conduce, e quindi agire in conformità alle leggi morali, divine, umane. Dunque essere libero non vuol dire essere indipendente, cioè non obbligato ai doveri morali, religiosi, civili: vuol dire soltanto che la volontà nel compiere questi doveri non è fisicamente necessitata o determinata da nessuno. Quando perciò si accusa la Chiesa di essere nemica della libertà, in qual senso i nostri avversari pigliano questa parola? Intendono essi parlare della libertà fisica o naturale? Allora sono per lo meno ridicoli; poiché di questa libertà la Chiesa fu sempre la più grande banditrice e datrice, come lo è anche oggidì contro le pretese dei deterministi. — Dunque, perché l’accusa abbia valore, bisogna intenderla nel senso che la Chiesa avversa quella libertà che importa esenzione da ogni legge morale. Ma allora non è solamente la Chiesa nemica della libertà, ma la stessa società civile, lo stato, la famiglia, ogni autorità insomma che esista sulla terra. Poiché la libertà morale, in quanto dice esenzione da ogni legge, dice abolizione di ogni autorità, e, per conseguenza, distruzione di ogni ordine sociale, anarchia la più completa ed assoluta. E questa è davvero la libertà che la Chiesa riprova e condanna, come quella che è la libertà dell’errore e della perdizione. «Dove in filosofia mirano i naturalisti e i razionalisti, là riescono nelle cose morali e civili i partigiani del liberalismo, poiché applicano ai costumi ed alla vita i principii posti da quelli. Infatti principio capitale del razionalismo egli è la sovranità dell’umana ragione, che ricusando la debita obbedienza alla ragione divina ed eterna, e proclamandosi indipendente, si fa a se medesima principio supremo e fonte e criterio della verità. Ora allo stesso modo i seguaci del liberalismo pretendono nella vita pratica non esservi potere divino, cui debba ubbidirsi, ma ognuno essere legge a se stesso; d’onde nasce quella filosofia morale, che chiamano indipendente, e che sottraendo sotto colore di libertà la volontà umana dall’osservanza dei divini precetti, suole dare agli uomini una licenza sconfinata. Le quali cose tutte dove infine riescano, segnatamente nell’ordine sociale, è facile vedere [i danni]». Così Leone XIII nell’Enciclica su «La libertà». Che dire pertanto delle pretese libertà moderne? Leone XIII nella sua celebre Enciclica su «La libertà» afferma: «Ciò che in esse vi ha di buono, è tanto antico quanto la verità, e la Chiesa senza la minima ripugnanza lo ebbe ognora approvato e messo in pratica; quello al contrario che vi si aggiunge di nuovo, a dir vero, è la parte loro più triste, frutto di tempi torbidi e di eccessiva brama di novità». E basterebbe osservare come la proclamazione che di queste libertà moderne ha fatto la rivoluzione francese col famoso trisagio — libertà, eguaglianza, fraternità — non è che la laicizzazione dell’idea cristiana.
(A cura di CdP)