Stimati Associati e gentili Sostenitori, ancora oggi e nonostante la storia sia stata maestra di verità, non pochi avventori sostengono che «il comunismo ed il socialismo non sono irriducibili nemici della religione». Ed ancora, essi dicono, «socialismo comunista e cristianesimo, pur partendo da diversi punti, si incontrano in un comune ideale di giustizia sociale e di pace». Essi vedono, quindi, «possibile un’intesa, almeno sul terreno pratico, per il bene della travagliata società moderna». Si risponde mostrando l’opposizione assoluta tra comunismo, socialismo e cristianesimo, tale da escludere ogni possibilità di intesa. Nell’odierna ricerca ci faremo aiutare dal P. Clemente Cavassa, «Comunismo e Cristianesimo», SOS, imprimatur 1944.
• I fondamenti filosofici del comunismo. Prima d’entrare nel vivo della questione, è necessario dissipare un equivoco che trae in inganno non pochi, e chiarire la distinzione che corre tra comunismo dottrinale e sistematico, e comunismo sentimentale, fatto di aspirazioni generose verso una giustizia maggiore, una maggiore uguaglianza e carità. Inasprito od esasperato da noncuranze e da abusi purtroppo reali, l’operaio trova questo povero mondo mal organizzato; trova incomodo e troppo piccolo il posto ch’egli vi occupa; troppo disagiata la sua esistenza. Quindi aspira naturalmente ad una migliore retribuzione del suo lavoro e ad una maggiore assistenza sociale, ad un’atmosfera più fraterna, in cui cessi finalmente l’esasperante contrasto fra il proletario che stenta e l’ozioso che sperpera. E là dove l’autorità non si degna di andare incontro all’operaio ed ai suoi giusti desideri, non c’è da meravigliarsi che l’operaio vada ad accrescere le file dei comunisti e dei socialisti, che gli promettono, anche se poi non mantengono, l’attuazione delle riforme desiderate. «Il comunismo di oggi — disse SS. Pio XI, nella Enciclica sul comunismo — in modo più accentuato che in altri simili momenti del passato, nasconde in sé un’idea di falsa redenzione. Uno pseudo ideale di giustizia, di uguaglianza, di fraternità nel lavoro, pervade tutta la sua attività di un falso misticismo, che alle folle adescate da fallaci promesse, comunica uno slancio ed un entusiasmo contagioso, specialmente in un tempo come il nostro, in cui da una distribuzione difettosa delle cose di questo mondo risulta una miseria non consueta».
• Il comunismo, però, è una dottrina totalitaria; non è soltanto una concezione particolare della proprietà del lavoro, della produzione, degli scambi, dei rapporti sociali, ma è anche una dottrina filosofica, ha cioè una concezione sua propria della vita e dei fini dell’uomo, dalla quale fa derivare le norme che devono dirigere l’uomo nella ricerca e nella pratica dei doveri verso di sé e verso la collettività. Ed i capi del comunismo definiscono non poter essere vero comunista chi solo segue la sociologia o l’economia del comunismo e ne lascia da parte la filosofia; a quel modo che vero cattolico non è chi ritiene l’insegnamento sociale della Chiesa e ne trascura i dogmi.
• Dottrina materialistica. Il fondamento filosofico del comunismo, così come è professato da Federico Engels dopo il Marx, ed ora dopo Lenin da Stalin è il materialismo, ossia l’affermazione del primato della materia su tutti gli altri valori umani, che tende quindi a far prevalere il fattore economico nella visione del mondo, considerandolo come l’unico modo di far trionfare in esso la verità e la giustizia. La dottrina materialistica si può riassumere così: Quando il mondo divenne atto a contenere esseri viventi la vita apparve sulla terra; e quando questi esseri viventi si perfezionarono talmente da possedere un cervello capace di produrre e di albergare un pensiero umano, il pensiero fece la sua comparsa e l’animale si trovò uomo. Non c’è pensiero possibile senza materia; il pensiero che non sgorghi dalla materia è un’assurdità. Non vi è dunque un Essere supremo, Autore del mondo, della vita e degli uomini; non un Legislatore supremo, il Giudice dei vivi e dei morti, al quale è dovuta l’adorazione e l’obbedienza degli uomini.
• I comunisti ed i socialisti cacciano dal mondo Iddio, l’anima immortale, tutto ciò insomma che non è materia o prodotto dalla materia. E anche la storia del genere umano con le sue guerre, le sue rivoluzioni, le sue crisi, viene da ciò che l’uomo produce i mezzi della sua vita materiale. Da principio gli uomini, semplici animali più perfetti, nella lotta contro la natura, cioè col lavoro, avevano acquistato forme umane; e, fieri della prima vittoria contro la natura, vivevano felici e possedevano tutto in comune. Fu quella l’età dell oro del comunismo primitivo, essi sostengono.
• Lotta di classe. Ma ben presto succedette la decadenza dovuta alla proprietà privata; a mano a mano un’infima minoranza accumulava la ricchezza e il potere, mentre la moltitudine piombava nella miseria e nella schiavitù, gemendo sotto l’oppressione; l’uomo fu sfruttato dall’uomo, e la storia non fu più che una successione di guerre e di delitti, d’ingiustizie e di orrori. «Tutta la storia dell’umanità — dice il Marx — è la storia della LOTTA DELLE CLASSI». Al mondo, caduto nella miseria, ecco ora brillare la stella rossa della redenzione, redenzione pur essa totalmente materialistica. Adagio, adagio nonostante gli sforzi degli oppressori — cantano i comunisti — le forze disperse degli oppressi si ritrovano, si raggruppano, intimano la guerra agli oppressori. L’inesorabile lotta finale, a cui i comunisti invitano il genere umano, è il sacrificio supremo, è la condizione indispensabile alla nascita dell’umanità nuova, nella quale tutti gli uomini saranno uguali, né vi saranno più né ricchi, né poveri, né oppressi, né oppressori, ma tutti saranno felici ugualmente, e il paradiso, costruito dalle mani dell’uomo, rifulgerà di nuovo sulla terra! (Cfr. G. Ledit - La nuova condanna del Comunismo, in Civiltà Cattolica 1937, II, pp. 19-27.).
• Per capire come un’ideologia, così strana e in perfetto contrasto con l’esperienza storica, abbia potuto sorgere nella mente di un uomo, converrà tener presente che Carlo Marx era un ebreo: l’idea messianica del «regno di Dio» è rimasta in fondo ai suoi sogni devastatori ma spogliata di ogni contenuto religioso: il proletariato è quasi il novello Israele che aspetta il suo messia, il quale — come molti israeliti scettici dei tempi moderni pensano — non sarebbe già un personaggio, ma un periodo storico di perfetta giustizia sociale, quasi un’età dell’oro a preparare la quale un fiume di sangue, se sarà necessario, dovrà scorrere per imprimere il movimento ai popoli del mondo. Ed è indubitato che, sulle orme di Marx, molti altri israeliti di talento lavorano nei vari stati a favore del comunismo e del socialismo per l’avvento di questo paradiso in terra affatto materiale e tutto pervaso di una concezione materialista.
• Il Comunismo marxista è contro la religione. Ecco una verità che va bene affermata e che vogliamo provare con argomenti irrefutabili se mai ve ne fosse ancora bisogno, dopo i fatti di orribile odio antireligioso avvenuti nella Spagna e che hanno destato raccapriccio in ognuno che conservi senso di umanità. Il marxismo è nato con un aperto programma anti idealista, ma più ancora antireligioso, essendo la religione l’affermazione ideale più potente dell’uomo, radicata fin dentro il suo essere così da farlo chiamare animal religiosum: e giustamente poiché il fatto di essere animal rationale — animale ragionevole — pone l’uomo nella possibilità e anzi nella necessità morale di riconoscere nelle creature l’opera del Creatore e lo pone quindi, quasi istintivamente, di fronte a Dio.
• Per il marxismo, invece, la religione è un’invenzione degli sfruttatori; Carlo Marx la definisce anzi l’oppio dei popoli e ad essa oppone due idee fondamentali e quanto mai feconde di sviluppi pratici: 1) La lotta per l’emancipazione della massa popolare va unita a quella antireligiosa; 2) il proletario ha una vocazione messianica alla quale deve rispondere per liberare l’umanità. Ora, è certo che il comunismo ha bensì mutato in parte il marxismo, ma ne ha rispettato pienamente il carattere antireligioso, come dichiara espressamente Nicola Berdiaeff. Lenin dice la religione «la vodka del popolo» e afferma che la canaglia idealista è il gran nemico del comunismo perché la credenza in Dio e la religione intralciano i desideri e lo sviluppo delle forze dell’uomo e la sua felicità in questo mondo, con la chimerica attesa di una vita migliore e definitiva nell’altro.
• La morale stessa è ridotta dal comunismo agli interessi della lotta delle classi, ossia all’interesse materiale e viene chiamata morale (comunista) scientifica, all’infuori e contro, se occorra, di ogni comandamento di Dio, naturale o positivo; tutto diviene lecito e anzi santo, perché il fine è santo: abolire le classi, per fare giustizia nella libertà. Già il Marx aveva scritto: «La coscienza è determinata dal regime», perciò quello capitalistico, giustificandosi con una legge eterna voluta da Dio, dirà ai lavoratori sfruttati e oppressi: sopportate in pazienza e umiltà ... per la felicità celeste. E ai ricchi: fate beneficenza — così li giustifica e dà il biglietto d’ingresso alla vita eterna: ecco l’assenzio nel quale gli schiavi del capitalismo affogano la figura di uomini. «Bisogna dunque combattere energicamente la religione — dirà Lenin — ecco l’A. B. C. del marxismo integrale». Atei, quindi, sono i marxisti bolscevichi e in genere tutti i comunisti moderni, militanti per estirpare fin le radici sociali della religione.
• Metodi di propaganda. Tuttavia la lotta e la propaganda contro la religione potranno essere rinviate a tempi più adatti là dove il popolo le è ancora fortemente attaccato; bisognerà prima trascinare i lavoratori alla lotta di classe, farne dei militi attivi della collettività, mostrando loro che la religione non è che l’effetto del timore che loro aspira la potenza cieca del capitale. Ma non mai la religione potrà essere considerata dal comunismo come un affare privato, così come dichiara lo stato borghese: il quale la confina nella coscienza dell’individuo e nella famiglia, come anche permettono alcuni socialisti. I mezzi per svellerla però saranno scientifici, non già violenti, fin che sarà possibile; perché l’ateismo militante — afferma il Berdiaeff — non si prenderà il piacere sadico di privare l’uomo delle sue illusioni, come neppure si sforzerà di togliergli la credenza in Dio col terrore, la persecuzione e il martirio. Se tali mezzi tuttavia sono usati, ciò avviene come di «misure politiche di repressione dei controrivoluzionari».
• Mezzi scientifici. Mezzi ordinari, invece, e veramente efficaci sono quelli scientifici, ossia il miglioramento della situazione agricola, la costruzione di vie di comunicazione, la messa in valore dei trattori meccanici nello sfruttamento agricolo etc. I contadini potranno così fare a meno della pioggia del cielo e non avranno più bisogno di fare processioni per implorare Dio. Il gran mezzo liberatore è quindi «la dialettica» ossia la tattica cauta che commisura i mezzi al fine e procede oculata per tutte le vie della propaganda antireligiosa. Essa giustificherà il disprezzo diretto della religione e delle sue pratiche, la repressione di ogni propaganda religiosa anche privata, l’eliminazione dei ministri di culto e degli uomini dal carattere religioso (preti senza sottana). Essa giustificherà il terrore, ma parimenti l’astensione dai mezzi terroristici, l’ateismo teoretico di tutti i comunisti ed infine anche l’opportuno sfruttamento temporaneo delle passioni religiose per far trionfare la causa del proletariato. Ma il risultato finale dell’azione, tanto diretta che indiretta, dovrà essere l’annientamento di ogni religione.
• «Noi odiamo il cristianesimo e i cristiani — scriverà Lounatcharski, Commissario dell’Istruzione pubblica — anche i migliori fra essi devono essere considerati come i nostri peggiori nemici». È infatti nel cristianesimo che i comunisti riconoscono il loro peggiore nemico e insistono a dichiararlo e si sforzano di provarlo «un’imbecillità» come tutte le altre religioni. Sfruttando alcune pratiche idolatriche superstiti fra certe popolazioni russe e certe debolezze o colpe dei dignitari ecclesiastici e dei fedeli, essi ne deducono che il cristianesimo non è che un mezzo di sfruttamento, e che una convinzione sincera non è mai esistita presso nessuno.
• Guerra ad ogni religione. Se colpe non ci sono, si propalano delle frottole: ogni mezzo è buono perché, come scrive Lenin «dietro ogni icona del Cristo e di Budda non si vede che il gesto brutale del capitale». «Solo gli opportunisti possono credere che la gente religiosa possa essere comunista. Nessuna tregua sul fronte antireligioso. Mostrare l’abisso che separa la scienza dalla religione e aiutare le masse a superarlo, ecco la nostra missione. La lotta contro la religione è lotta per il socialismo» («Senza-Dio» dell’agosto 1935). E nel 1936 il comunista bulgaro Dimitrow, ben noto per il processo sull’incendio del Reichstag di Berlino, nell’introduzione di un nuovo opuscolo di propaganda dei senza-Dio, destinato ad esser diffuso a milioni di copie in tutta la Russia sovietica, identificando ogni religione, ma specialmente la cristiana, come la peggior nemica del comunismo, così si esprimeva: «Si tratta di distruggerla completamente. In questa lotta non bastano né parole, né libri. Bisogna far appello alle armi. Ci si rimprovera che demoliamo le chiese e i conventi. Simili rimproveri son ben lungi dall’intenerire un comunista. Sulle rovine del vecchio mondo il comunismo erige il vero socialismo». E nello stesso tempo il capo dei Senza-Dio russi Jaroslawsky pubblicò un manifesto destinato ai suoi collaboratori, nel quale dice: «Noi vogliamo incendiare le chiese del mondo intero in un fuoco generale. Il nostro movimento Senza-Dio è diventato una forza gigantesca che distrugge ogni sentimento religioso. Questo movimento è uno degli elementi più importanti della nostra lotta sociale antireligiosa destinata a rovinare le fondamenta del vecchio mondo. I fedeli di Dio di ogni religione devono ben sapere che nessuna divinità, nessun santo, nessuna preghiera può salvarsi dal naufragio».
• Risulta dunque evidente che il comunismo è decisamente ed assolutamente contrario a ogni religione e ad ogni sentimento religioso, al cristianesimo specialmente. Esso si identifica, anzi, con l’ateismo militante, ne sposa la causa per i suoi fini sociali, così come l’ateismo fa breccia nelle folle operaie — e non soltanto operaie — del mondo agitando il vessillo purpureo delle rivendicazioni sociali: sopra di esso si incrociano simbolicamente falce e martello, strumenti di lavoro, ma prima strumenti di morte: la falce vuol mietere le teste di tutti i credenti come il martello vuole stritolare ogni segno religioso per forgiare a nuovo l’antico idolo del mondo: il vitello d’oro.
• Organizzazione e attività dei Senza-Dio a favore del comunismo. È in virtù di tali principii che in Russia il comunismo, appena arrivato al potere nel 1917, instaurata la dittatura del proletariato e cercato di spazzare da ogni residuo dell’antico regime il terreno occupato con la forza, inizia con Lenin un combattimento accanito contro la Chiesa e la religione, considerata da esso come una «parte integrante» della società capitalistica. Interessa ora vedere quali siano state, fin dagli inizi del comunismo russo, l’organizzazione e l’attività del movimento antireligioso, seguirle negli ulteriori sviluppi fino a questi ultimi anni, perché risulti così sempre più evidente l’assoluta opposizione fra comunismo e cristianesimo.
• Inizi e sviluppi. Nei primi anni che seguirono l’inverno 1917-18 la lotta religiosa in Russia non era organizzata. Solo nel 1919 vi fu qualche persona incaricata della direzione di quest’opera, cosicché fino al 1921, se si toglie qualche campagna antireligiosa alla quale è particolarmente iniziata la «Gioventù comunista», la lotta contro la religione conserva un carattere individuale. Ma da questa data le cellule atee cominciano a lavorare le città e le campagne. Nel 1923 il XII Congresso del partito comunista decide una azione antireligiosa sistematica per evitare che «i pregiudizi religiosi scossi e compromessi conservino ancora terreno». Da allora due giornali, il Bezbojnik (Senza-Dio) e il Bezbojnik ou Stanka (Senza-Dio al cantiere) sono lanciati tra il pubblico: entrambi sono organi autentici dell’antireligione e stimolano il proselitismo degli atei di Mosca, i quali nel 1925 fondano l’Unione dei senza-Dio.
• Fine di quest associazione presieduta da Jaroslawsky (il suo vero nome è Goubelmann ed è di origine giudaica) è di far penetrare l’ateismo marxista fra tutte le popolazioni delle Repubbliche sovietiche. Essa cerca di influire specialmente su tre categorie di persone: gli operai, i contadini e la gioventù. Dal 1925 al 1929 il numero di queste cellule aumenta senza posa... Ma gli atei di Mosca non sono contenti: nel secondo congresso tenuto a Mosca nel giugno 1929 l’U. S. D. decide di aumentare celermente i suoi effettivi e di prendere un carattere nettamente aggressivo; ed è appunto per affermare questo nuovo atteggiamento che essa si chiamerà d’ora innanzi «Unione dei senza-Dio militanti (U. S. D. M.)», secondo le parole stesse dei suoi statuti essa vuol «unire le masse operaie dell’U. R. S. S. (Unione Repubbliche Socialiste Sovietiche) per una lotta attiva, sistematica e incessante contro tutte le religioni, che sono un ostacolo alla costruzione socialista e alla coltura rivoluzionaria».
• La struttura dell’U. S. D. M. Da un regolamento del 26 febbraio 1934 ci è descritta minutamente la struttura di tale Unione nelle Repubbliche Sovietiche. La cellula è la base dell’organizzazione; essa conquista le aziende, le officine, le fabbriche, i poderi collettivisti Kolkhoz, così come conquista le varie unità dell armata rossa. Se ha meno di 15 membri, la cellula è diretta da un «organizzatore», se è più importante da un ufficio di 3 o 5 membri. Se un’azienda ha più rami di mestieri, avrà un’organizzatore per ciascuno di essi. Tutti i militanti dell’Unione saranno segnati su di uno speciale registro e, oltre la tessera di membro dell’Unione, ciascuno di essi riceverà la tessera di militante che sarà annullata o prolungata dai Consigli regionali o urbani. Vi saranno i Consigli provinciali; e i lavoratori del Consiglio regionale dell’Unione incaricati, oltre il lavoro fra le minoranze nazionali, di organizzare le campagne collettive, il lavoro antireligioso fra i fanciulli e il lavoro scientifico e informativo dell’Unione.
• Metodo e mezzi di lavoro. Il principio fondamentale dell azione antireligiosa dell’Unione è così espresso da Stepanoff: «Noi dobbiamo agire in modo che ogni colpo inflitto al clero, attacchi la religione in generale... I più ciechi vedono a quale punto diventi indispensabile la lotta decisiva contro il Prete, si chiami egli Pastore, rabbino, patriarca, mullah o papa; questa lotta deve estendersi non meno ineluttabilmente contro Dio sia che si chiami ]ehovah, Gesù, Budda o Allah». La tattica, poi, da seguire in questo lavoro è così esposta da Golovkine, che è uno dei, capi più autorevoli in questo campo: «Il proselitismo antireligioso deve tener conto della diversità degli stati di coscienza, perché vi sono due categorie di persone: i credenti e gli increduli. Presso i primi il lavoro consisterà nello scalzare i fondamenti della fede; gli altri dovranno soltanto essere incoraggiati a star fermi nella loro incredulità e a diventare degli atei militanti».
• Cosicché Golovkine esorta a non mai separare la lotta contro la religione dalla lotta di classe, a non ferire i credenti nei loro sentimenti religiosi quando ciò possa nuocere al fine ultimo ed a condurre una critica larga e completa delle origini della religione e dei suoi sviluppi. Vuole che si lavori fra le donne riconoscendo in esse, se non siano lavorate, il più sicuro rifugio della religione; vuole pure che si lavori tra i fanciulli, per condurli a una concezione atea del mondo e destare in essi una volontà di lotta contro i pregiudizi religiosi delle loro famiglie e del loro ambiente. Il comunismo moscovita vuole, insomma, che tutti i mezzi politico-sociali siano impiegati per agire sulle coscienze. Nel manuale antireligioso del Loukatchevsky, edito nel 1933 a Mosca, è detto che «la scuola attua l’educazione antireligiosa; la stampa, il cinema, la radio, la letteratura, l’arte sovietica lottano esse pure contro la religione». Sarebbe interessante esporre qui la tattica diabolica seguita nell’uso di tutte queste armi rivolte contro la religione. Ma la brevità dell’opuscolo ce lo impedisce. Diremo soltanto che all’opera diretta fu aggiunta, fin dal 1929, il metodo indiretto della fame: è di tale anno un decreto del Commissario dell’Interno che vieta a tutte le associazioni religiose di prendere qualsiasi iniziativa di soccorso materiale o spirituale a favore dei propri membri. Tale Commissariato sottrae, poi, ogni diritto civile e ogni tessera alimentare ai ministri del culto ed ai loro figli, ai quali tutti, essendo loro proibito di lavorare, viene sottratto ogni mezzo di vita. I figli del clero “ortodosso” sono tenuti a rinnegare pubblicamente i loro genitori se vogliono vivere. Ecco la tattica veramente inumana seguita dal comunismo nella vana illusione di togliere dal mondo ogni religione!
• Sviluppo dell’Unione dei Senza-Dio Militanti. È applicando tali metodi che nel 1930 l’U. S. D. M. era giunta ad avere 35.000 cellule con due milioni di membri. Essa pensò allora di estendersi nel mondo intero, lanciando il suo grido di guerra «abbiamo detronizzato gli Czar della terra, ora abbatteremo quello del cielo». Per meglio raggiungere il suo scopo, l’Unione prese stretto contatto con la «Internazionale dei liberi pensatori Proletari» nata nel 1925 e avente la sua sede a Vienna; atea anch’essa, si propose di «lottare per liberare i proletari dalla intossicazione religiosa». Gli elementi estremisti di questa internazionale prevalsero nel IV Congresso tenuto nel 1930 a Bodenbach, si staccarono dagli elementi moderati e si unirono ai comunisti professandosi apertamente bolscevichi e contrari ad ogni libertà di pensiero: «Noi rivendichiamo la gloria di essere atei», proclamarono nel 1932.
• Unitesi, quindi, le due associazioni dei Senza-Dio Militanti e dei Liberi pensatori, dettero nel triennio 1930-33 un impulso tristemente celebre alla campagna antireligiosa: preti o fedeli imprigionati e uccisi, chiese chiuse o distrutte, il Papa divenuto oggetto di scherno, la tiratura del «Senza-Dio» salita a 400 mila copie e le cellule salite a 80 mila con sette milioni di membri. Il secondo piano quinquennale. A questo punto si afferma il proposito di perseguire, nel quinquennio 1933-37, un’intensa attività antireligiosa parallela a quella economica e destinata a sradicare del tutto la religione. Il Jaroslawsky traccia un piano del lavoro da farsi anno per anno e conclude: «Al primo maggio 1937 non dovrà restare sul territorio russo nessuna costruzione destinata al culto e la nozione stessa di Dio dovrà essere cancellata dalla mente del popolo». Intanto la statistica ci dà delle cifre impressionanti sulla strage di sacerdoti e sulla distruzione di locali adibiti al culto nella Russia. Vi erano colà, prima della rivoluzione comunista, oltre 180 mila persone adibite al culto nella chiesa “ortodossa”, delle quali 50 mila sacerdoti; di essi i più sono morti assassinati o sono raccolti come prigionieri nei campi di concentramento. Altri compiono il loro ministero clandestinamente esercitando un mestiere accessorio o vivono come preti nomadi. La Chiesa cattolica contava (su 13 milioni di fedeli) 8 vescovi e 810 sacerdoti: alla fine del 1935 non restavano che 73 sacerdoti, dei quali 14 rinchiusi nei bagni di pena e altri 13 da poco arrestati. Dei locali adibiti al culto pochi restano aperti per tale uso, mentre tutte le scuole e i seminari ecclesiastici, sia “ortodossi” che cattolici, sono chiusi. La chiesa evangelica russa ha subito un analogo trattamento.
• Mentre questo programma viene attuato dai Senza-Dio in Russia, l’Internazionale dei Liberi pensatori si organizza in tutti gli altri paesi e lavora in perfetto accordo con quelli. La sede centrale dell’I.L.P., portata nel 1930 a Berlino, si trasferisce a Mosca nel 1932 perché il governo del Reich la scioglie, e tosto costituisce le filiali nella Svizzera, in Francia e nella Spagna. Allora è che Jaroslavsky proclama: «Ogni nostro lavoro dovrà essere sempre più intimamente legato a quello dell’I. L. P.». Cosicché le cellule di questa Internazionale, spargendosi nel mondo, restano alla stretta dipendenza del Komintern; e nel Congresso della centrale esecutiva riunitosi a Parigi nell’agosto del 1932, l’Internazionale traccia un vasto programma di azione conquistatrice «stampa di un bollettino in tedesco, in francese, in inglese e in russo; invio di istruttori qualificati a tutte le sezioni, diffusione di stampa e films antireligiosi specialmente nell’Inghilterra e nell’America, formazione di piani precisi di azione per ogni nazione con uno scambio di informazioni e di materiale di propaganda per suscitare tra di esse un’emulazione rivoluzionaria».
• Così il lavoro si intensifica e si estende per ogni parte; ma in Russia esso subisce, negli anni 1933-34, una pausa: è una reazione, una vera crisi del movimento antireligioso, alla quale i capi reagiscono, riuscendo a infondere nuovo ardore distruttivo, mentre i Senza-Dio intensificano la propaganda nel mondo e si riuniscono nel maggio 1934 a Parigi per «forgiare nuove armi per la lotta contro la Chiesa e la barbarie culturale fascista». Si decide, allora, di convocare il V Congresso mondiale dell’I.L.P. entro il primo semestre del 1935, che deve riuscire «una manifestazione potente dell’ateismo militante» per l’opera delle organizzazioni del fronte unico anticlericale e antifascista. Poco dopo il convegno di Parigi, i Senza-Dio ottengono una grande vittoria: il 18 settembre i rappresentanti del governo sovietico sono definitivamente ammessi all’Assemblea della Società delle Nazioni, avendo il Consiglio di questa conferito un seggio permanente alla Russia comunista. Vittoria, questa, di grande portata nella politica internazionale dovuta ai Senza-Dio militanti, la cui Unione è organo ufficiale del governo della Russia sovietica e il cui Consiglio Centrale è quasi un «Ministero dell’irreligione» diretto da uno dei più alti funzionari dello Stato.
• La tattica pacifista. Se nella Russia l’attività antireligiosa riprende nel 1935 con l’epurazione dei quadri e l’istigazione dei capi per «vincere definitivamente nelle coscienze delle masse gli ultimi residui del terribile e vergognoso potere della religione» (Senza-Dio del giugno 1935), la propaganda nei vari stati del mondo muta tattica. Le complicazioni sorte e le minacce di un nuovo conflitto mondiale, inducono i dirigenti della Terza Internazionale ad imprimere alla loro opera, sempre intesa a sradicare la religione, una nuova direzione e ad apporvi un’etichetta pseudopacifista. La parola d’ordine dei capi sarà allora questa: «lotta contro la guerra e contro il fascismo» perché, dicono essi, i sostenitori dell’idea religiosa sono anche quelli del fascismo e della guerra. Che i comunisti (semplici) fossero sinceri nel loro attacco contro il fascismo, non c’è dubbio. Ma non era sincero il pacifismo da loro ostentato. I comunisti, mentre fingevano di essere i più zelanti fautori e propagatori del movimento per la pace mondiale, nello stesso tempo eccitavano, e continuano ad eccitare a una lotta di classe che fa scorrere fiumi di sangue. Già il XIII Congresso del Comitato Esecutivo dell’Internazionale Comunista (Dicembre 1933) diceva: «Il grande scopo storico del comunismo internazionale, è di mobilitare il più grande numero di masse contro la guerra... e in questa lotta contro la guerra i comunisti devono preparare fin d’ora la trasformazione della guerra imperialista in guerra civile».
• La guerra mezzo di espansione. Di più, il Komintern niente altro desiderava che una grande guerra mondiale che aprisse la via alla rivoluzione sovietica in tutte le nazioni! Stalin stesso accennò a questo nel rapporto che tenne al XVIII Congresso del Partito Comunista (10-21 Marzo 1939): «Gli uomini politici borghesi sanno benissimo che la Prima guerra imperialistica mondiale ha procurato la vittoria alla rivoluzione in una delle più grandi Nazioni; essi temono che una Seconda guerra imperialista porterebbe la vittoria della rivoluzione in altri paesi». Non basta: nel medesimo rapporto Stalin disse: «La Politica di non intervento significa che si permette l’aggressione, che si lascia sviluppare la guerra sino a divenire una guerra mondiale. Nella politica del non intervento si manifesta il desiderio di non impedire gli aggressori dal compiere il loro attentato...; si procurerà che tutti i paesi belligeranti s’impantanino nella guerra, si procurerà che si esauriscano a vicenda e poi, quando siano quasi sfiniti, si entrerà in scena con delle truppe fresche, — ben inteso, per gl’interessi, della Pace! — e si detteranno ai belligeranti le proprie condizioni» (Lettres de Rome, 1-15 Maggio 1939, pag. 143) In questo tratto Stalin aveva mosso l’accusa contro Francia ed Inghilterra, che non erano intervenute nella guerra di Spagna. Ma, senza volerlo, aveva descritto la politica del Komintern. La prova ne fu il patto di non aggressione germanorusso del 23 Agosto 1939. In esso leggiamo: Art. 2 — Qualora una delle due parti fosse oggetto d’un atto di guerra da parte di un altra potenza, l’altra parte non darà alcun aiuto a questa terza potenza. Art. 4 — Nessuna delle parti contraenti parteciperà a un raggruppamento di potenze diretto in qualsiasi modo contro l’altra. Ecco sancito il non intervento, deprecato pochi mesi prima da Stalin. Eppure egli sapeva benissimo che la neutralità della Russia avrebbe favorito il conflitto germano-polacco. Sapeva benissimo che l’incendio si sarebbe propagato. Vada pure il mondo in fiamme; è proprio quello che si desidera... E intanto si andava armando il formidabile esercito rosso, che sarebbe dovuto intervenire all’ultimo momento, a dettare la pace alle nazioni esaurite. Quest’ultimo punto non si è svolto proprio secondo le intenzioni del Cremlino, ma i fatti dimostrano abbastanza, per chi sa comprenderli, quale fosse il pacifismo bolscevico. E si lasceranno i cattolici adescare da questi uomini, che non rifuggono da alcun mezzo per raggiungere il loro scopo? E crederanno che la guerra condotta dai bolscevichi sia una guerra di liberazione, da cui la religione non avrà nulla da soffrire? Sic!
• La Spagna insegni. Le tragiche vicende della guerra mondiale, hanno fatto quasi dimenticare gli orrori della guerra civile spagnola. Eppure i fatti sono ancora abbastanza vicini a noi per istruirci con la loro muta eloquenza. Ricordiamo: il 14 Aprile 1931 veniva rovesciata la monarchia spagnola, e un mese dopo cominciavano i primi incendi di chiese in tutta la Spagna. In seguito le strade di questo nobile paese furono di tanto in tanto insanguinate da sommosse popolari. Il settembre 1934 vide la violenta insurrezione delle Asturie, in cui furono massacrati alcuni sacerdoti e religiosi. Finalmente nel 1936 gli eventi precipitarono. Nelle elezioni del febbraio, il fronte popolare, costituito con una grande propaganda comunista, riuscì ad avere la maggioranza in parlamento, benché avesse riportato solo 4.556.000 voti contro i 4.950.000 della destra e del centro riuniti. Allora, con l’adesione della massoneria, il carattere antireligioso del Fronte popolare si affermò sempre di più: dalla chiusura delle scuole cattoliche si passò ad incendiare centinaia di chiese e di conventi, finché il 13 Luglio cadde assassinato Don Jose Calvo Sotelo, esponente della destra e temibile avversario del Fronte popolare, del quale denunciava alla Camera, con franchezza ed energia, le violenze e i delitti. Fu il segnale della riscossa; mentre i comunisti stavano per dare l’ultimo colpo, nel Marocco i generali Franco e Mola si rivoltarono ed ebbe inizio la guerra civile. Il comunismo allora rivelò il suo vero volto: incendi e massacri si moltiplicarono in ogni parte. Nella sola Barcellona arsero ben 150 chiese! Preti e fedeli furono uccisi in odio alla fede, tanto che, secondo le statistiche più sicure, risultarono più di 11.000 vittime tra il clero secolare e regolare, e oltre 300.000 i laici uccisi per le loro idee politiche e specialmente religiose. Eppure verso la fine del 1938, quando la situazione dei rossi stava diventando critica, essi fecero uno sforzo di propaganda per provare che la religione, nella Spagna rossa, non era perseguitata, che a Barcellona il culto veniva esercitato regolarmente, che si stavano per ristabilire le relazioni con la S. Sede! (Bugiardi nel midollo, proprio come oggi!) Poche settimane dopo, le truppe di Franco entravano in Barcellona, e si poté constatare che la Chiesa era stata ricacciata nelle catacombe: eccetto una cappella riservata ai Baschi, nessun altro luogo pubblico era aperto al culto. E una delle ultime prodezze dei soldati rossi, prima di sconfinare in Francia, fu l’uccisione del Vescovo di Teruel. Con lui sommarono a dodici i vescovi spagnoli massacrati dai comunisti.
• Nuova propaganda. Anche adesso (l’Autore scrive nel ’44) si ripete che in Russia il tempo della persecuzione religiosa è passato, ed è stata solennemente rinnovata la dichiarazione che viene riconosciuta la libertà di coscienza. Noi non sappiamo con sicurezza che cosa avvenga ora al di là della barriera di fuoco che separa la Russia sovietica, ma poco prima che essa fosse trascinata nel vortice della guerra, la sua politica antireligiosa proseguiva immutata. Ci bastino alcune citazioni: La Pravda, l’organo del governo, nel suo numero del 12 novembre 1940, scriveva: «La propaganda antireligiosa deve pigliare il carattere d’un ATTACCO A FONDO». E il Bezbojnik del 25 Maggio 1940: «Sotto la quotidiana direzione del Partito si svolge l’attività degli atei militanti che da esso ricevono continui e larghi aiuti. Anche la stampa del Partito lavora irreconciliabilmente contro ogni idea di religione. Al Partito inoltre sono affiancati gli undici milioni di giovani Komsomol». E nel numero dell’8 novembre dello stesso anno: «Tutte le condizioni di successo del nostro lavoro in U. R. S. S. sono nelle nostre mani: il Partito e lo Stato ci largiscono ogni giorno aiuto ed appoggio».
• Che dopo il 22 Giugno 1941 la lotta antireligiosa sia stata sospesa, può darsi benissimo, e può spiegarsi con un motivo di opportunità. Nonostante 25 anni di persecuzioni, la massa del buon popolo russo, specialmente nelle campagne, è rimasta tenacemente attaccata alla religione, come ce l’hanno più volte testificato i nostri soldati reduci dal fronte orientale. Nulla di strano quindi che, nel momento del pericolo, si lascino da parte le lotte interne. E infatti gli appelli di Stalin e Molotov alle genti russe, nel 1941, non insistevano tanto sulla difesa del bolscevismo, quanto sul sentimento della patria in pencolo (Cfr. F. Pellegrino, L’attacco a fondo dell’ateismo sovietico in Civiltà Cattolica, 1941, III, p. 181). Ma chi ci assicura che si tratti di una pace duratura, e non soltanto di un tregua? E per la nostra Italia chi ci assicura che il comunismo non sia fedele alla sua dottrina antireligiosa? I capi del comunismo — così avvertiva S. S. Pio XI (Enciclica sul comunismo ateo, Marzo 1937, N. 57) vogliono «far credere che il comunismo in paesi di maggior fede o di maggior cultura assumerà un aspetto più mite, non impedirà il culto religioso e rispetterà la libertà delle coscienze. I fedeli non si lascino ingannare! Il comunismo è intrinsecamente perverso e non si può ammettere in nessun campo la collaborazione con lui da parte di chiunque voglia salvare la civilizzazione cristiana. E se taluni cooperassero alla vittoria del comunismo nel loro paese, cadranno per i primi come vittime del loro errore, e quanto più le regioni dove il comunismo riesce a penetrare si distinguono per l’antichità e la grandezza della loro civiltà cristiana, tanto più devastatore vi si manifesterà l’odio dei senza-Dio». Conclusione. Parrebbe dimostrata l’assoluta opposizione fra comunismo e cristianesimo, se-nonché restano due punti oscuri, due difficoltà da risolvere. La prima è costituita dal fatto che c’è nel mondo di oggi un problema economico e sociale che attende, che esige una equa soluzione: la ineguale distribuzione della ricchezza, che s’è accumulata nelle mani di pochi, mentre c’è tutta una massa di gente disoccupata di poveri, di miserabili: togliere a chi ha troppo per dare a chi non ha, pare l’unico mezzo per ristabilire l’ordine e la pace. D’altra parte — ed ecco la seconda difficoltà — i comunisti tendono la mano ai cattolici e li invitano a collaborare per l’attuazione di questo programma di una maggior giustizia sociale. Se questa intesa non si attuerà, non potrà forse apparire confermato il giudizio che la religione sia solidale con il capitalismo, che la Chiesa favorisca l’ingiustizia o almeno si disinteressi dei problemi assillanti di quest’ora tragica? La risposta può essere breve.
• Soluzione Cristiana. C’è un problema economico-sociale da risolvere: è verissimo, né la Chiesa ha lasciato di richiamare su di esso l’attenzione di tutti, anzi essa ha prospettato l’unica soluzione possibile fin da quando, nel 1891, il Papa Leone XIII lanciava al mondo la lettera enciclica «Rerum Novarum»; e quarant’anni dopo, il Papa Pio XI riprendeva quel tema nella sua enciclica «Quadragesimo anno». In questi due documenti, la Chiesa richiama gli errori di due opposte correnti, il capitalismo e il socialismo; e addita nella carità, ossia nell’amore fraterno per motivi non solo umani ma soprannaturali, il necessario elemento integratore della giustizia senza il quale non sarà possibile risolvere equamente e stabilmente i problemi economico-sociali che attanagliano il mondo moderno. La Chiesa ha attuato l’unica forma possibile ed equa, fin dal suo nascere e questa forma è in atto anche oggi ovunque vivono ed operano i suoi figli; ed è quello di quanti spontaneamente rinunciano a tutto o a parte di quanto legittimamente possiedono per fare del bene al prossimo, per consacrarsi alle varie forme dell’apostolato sociale. Tra questi vi è la schiera eletta di chi, facendo la professione religiosa, rinuncia alla costituzione di una propria famiglia, alla propria indipendenza personale e ad ogni proprietà, con i voti di povertà, castità ed obbedienza volontaria. Ma vi è poi la schiera innumerevole di quanti, pur vivendo nel mondo nel modo ordinario, attuano, come possono, il consiglio evangelico della povertà volontaria e danno... danno non solo il superfluo ma anche il conveniente che loro appartiene a favore di quelli che non hanno o hanno poco. Ma è cosa utopistica ed ingiusta volere imporre a tutti, come obbligatorio, un regime che va contro l’istinto umano di pensare a sé, di costituirsi una famiglia, di conservare ed aumentare onestamente il patrimonio col lavoro, per esigere che ciascuno lavori per la massa anonima e si contenti che da essa sia provveduto al suo sostentamento e alle necessità della vita.
• Pericoli della “mano tesa”. Alla seconda osservazione si risponde che il tentativo di allettare i cristiani degni di questo nome alle associazioni comuniste, anche se fatto in buona fede, è e sarà sempre destinato a fallire. Non è scuotendo le basi del vivere civile, attentando ai diritti inalienabili di Dio fino alla negazione e all’odio di Lui, non è togliendo ad ogni legge morale il suo necessario fondamento, che è la volontà e la legge eterna di Dio creatore, non è gettando le classi sociali le une contro le altre in una lotta inumana fomentata dall’odio bestiale, che si potrà mai lavorare veramente a bene dei lavoratori: i cristiani lo sanno e, docili alle direttive della Chiesa, negheranno sempre ogni solidarietà con i nemici di Dio e di ogni vero ordine sociale. Essi, invece, sono pronti a collaborare ed a prestare tutta la loro opera per l’attuazione delle forme, anche più ardite, promosse da governi saggi e forti, per addivenire a una più equa distribuzione della ricchezza, a una più generosa retribuzione del lavoro nelle sue forme più umili, ma non perciò meno necessarie al benessere del consorzio civile. I cattolici, che conoscono i postulati e i programmi della scuola sociale cristiana, sanno come solo in essi stia riposta la chiave di soluzione degli ardui problemi economici della società moderna. Essi sapranno quindi sempre vedere nel socialismo, e specialmente in quello più spinto di Marx, Lenin e Stalin, il più grande nemico del popolo, il più irriducibile avversario di quella legge evangelica di giustizia e di amore che sola ha salvato e salverà il mondo. Oggi quindi, più che mai, il mondo ha bisogno di santi, e non solo di grandi statisti, di economisti profondi, di uomini di governo oculati ed energici. Oggi contro la Città di Satana, idolatra delle creature fino al disprezzo e all’odio del Creatore, deve levarsi la Città di Dio, che additi agli uomini — nell’amore a Dio fino al sacrificio di sé — il mezzo sicuro per far trionfare nel mondo la giustizia e la pace!
a cura di CdP