Stimati Associati e gentili Sostenitori, il 13 Maggio 1917, nel cuor della guerra, diventava Vescovo Eugenio Pacelli per svolgere in Germania una missione di assistenza spirituale e materiale fra i colpiti del flagello. Il 25° anniversario lo ha trovato Vescovo dei Vescovi, nel cuore di un’altra guerra, a svolgere un uguale ministero di conforto, ma sui più diversi punti del globo. Ed Egli era ben preparato a questa missione di carità. Dolori, aspirazioni, necessità, viltà, angosce, ingiustizie ed eroismi, tutta la tragedia insomma del mondo moderno ha parlato a quest’uomo, cui sono famigliari le lingue e i volti del vecchio e del nuovo continente. PIO XII: tutte le intelligenze non passionate si chinano riverenti: ma ciò si spiega e non è singolare. Milioni di cuori a questo nome dolcissimo trasaliscono di commozione: ecco il fatto unico, misterioso. Ma chi è dunque il Papa? Rispondiamo utilizzando anche il volumetto SOS «Il Papa» del P. Giorgio Flick, imprimatur 1943.

• Il Papa e i protestanti. Obiezioni: «Io penso che per la salute delle anime mi è permesso tutto, contro la perversità del Papa»; così scriveva il dannato Martin Lutero nel 1520. I protestanti d’Inghilterra si esaltavano al grido di: — fuori il Papa! — e squartavano come traditore della Patria chi gli ubbidiva. Oggi l’insegnamento ufficiale del protestantesimo  nei riguardi del Papa è, almeno in apparenza, molto mutato. Egli resta tuttavia un intruso. Dicono i protestanti che Dio comunica liberamente alle anime con la Scrittura o con le sue ispirazioni; il Papa, si è messo in mezzo non chiamato e non desiderato da nessuno, ha nascosto la Bibbia ai fedeli, e ha piantato una bancarella da mercante mettendo in vendita le grazie e le indulgenze. E perciò il Papa se per i vecchi protestanti era dichiaratamente «anticristo, signore di Babilonia, verme divoratore delle nazioni» per i moderni, più moderati almeno in apparenza, il Papa è un’istituzione sopportabile, ma umana. Quando mai Gesù Cristo ha pensato di farsi rappresentare da un uomo? Dato però che anche tra i cristiani ci sono anime deboli, personalità fiacche, stracci di uomini, tollerano che ci sia un Papa che si occupi di questi rifiuti. Ma chi vuole vivere e pensare da uomo deve emanciparsi ed evadere da Lui. Niente Papa, quindi, almeno per le persone capaci e coscienti. Al più accettarlo come autorità morale umana, la più alta in questo mondo di passioni e di odi: mai però come vicario di Cristo. Fede, ragione e storia hanno dimostrato che un cristianesimo poggiato su questo piano doveva finire con un fallimento. Così, piò meno, dicono i protestanti.

• Il Papa e i sedicenti Ortodossi. Come se un Apostolo, sparito Cristo, avesse salutato gli altri e se ne fosse andato dicendo: «lo ho il potere di consacrare e di assolvere, ho la dottrina e l’esempio di Lui; statemi bene, ci rivedremo in cielo!» — Cosi ha fatto la Chiesa separata, di Oriente. Ha detto: — chiesa una sì, ma nell’altro mondo, in questo, unione mistica e, si capisce, reciproca stima (anche in questo caso la stima è sovente solo apparente). Ma l’unione gerarchica, cioè con uno che comanda e gli altri che ubbidiscono: no! Al più, sono pronti a concedere al Papa un primato d’onore. Primo fra i pari e basta. Ma se e egli se ne approfitta per comandare, deporre e innalzare: allora niente! neppure il primato di onore: ognuno per sé e Dio per tutti ! — Naturalmente l’insegnamento di Cristo non è conservato dai sedicenti Ortodossi, che oltre ad essere scismatici sono anche eretici ... Fra le altre cose, i cattolici ribattono che i primi cristiani già riconoscevano al Papa qualche cosa di più di un primato di solo onore, ricordando immediatamente la sentenza di Gesù: «e su di te [Pietro] edificherò la mia Chiesa». Rispondono che i Papi delle origini, abbagliati dallo splendore di Roma, si credevano legittimi successori dei Cesari, ma che poi la luce di Roma è passata a Bisanzio, e che allora, caso mai, toccherebbe al Patriarca di Costantinopoli di tenere il limone... Ma no: tutti liberi, e tutti uguali! Come i tasselli dei mosaici d’oro delle chiese orientali. E non vedono che se sotto non c’è un muro solido, il mosaico si riduce a un vano luccichio senza solidità e consistenza. Ciò sono, difatti, le cosiddette «Chiese ortodosse», delle Chiese nazionali separate, spesso al soldo dei governi, che non professano la dottrina di Cristo e dove si consumano sacrilegi: il tutto in contesti talvolta maestosi e di tanta solennità. Fra i moderni divulgatori di eresia merita una particolare menzione J. Ratzinger. Nel suo «Principles of Catholic Theology», 1982, dopo ampollose introduzioni dense di sofismi e, diciamolo con sincerità, di modernismo, alle pagine 216 e 217 afferma: «Il patriarca Athenagora parlò ancor più fortemente allorquando egli accolse il Papa [Paolo VI, Sic!] a Fanar: Contro tutte le aspettative il Vescovo di Roma è fra noi, il primo fra noi in onore, colui presiedente nella carità. È chiaro che nell’affermare ciò il patriarca non abbandonò le rivendicazioni delle chiese Orientali né accreditò il primato dell’Occidente. Piuttosto, ha dichiarato chiaramente che l’Oriente ha compreso come l’ordine, il rango e il titolo, dei vescovi eguali nella Chiesa – e varrebbe la pena per noi considerare se questa antica confessione, che non ha nulla a che vedere con il “primato di giurisdizione”, ma confessa un primato di “onore” e di amore [agape], non potrebbe essere riconosciuta come una formula che adeguatamente riflette la posizione che Roma occupa nella Chiesa – il “santo coraggio” richiede che la prudenza sia combinata con l’“audacia”: il regno di Dio soffre violenza […] in altre parole, Roma non deve richiedere dall’Oriente, riguardo alla dottrina del primato, più di quanto è stato formulato e vissuto nel primo millennio». Contento lui! A poco gli serviranno le cattedre umane al giudizio di Dio

• Il Papa nei primi tempi. Fuori del campo cattolico è opinione corrente che l’autorità suprema del Papa su tutti i fedeli e su tutti i vescovi sia il risultato di secoli di mène e di intromissioni. È falso. Sapendo cercare, si trovano chiarissime tracce dell’esercizio di questo supremo potere anche nei tempi più antichi della Chiesa. Ci basti studiare gli Atti degli Apostoli e prima ancora le sentenze di Gesù a riguardo. Ciò premesso, già nell’anno 97, per esempio, il Papa Clemente scrive con autorità alla Chiesa di Corinto per ristabilirvi la pace. Nel 107 Sant’Ignazio di Antiochia scrive alla Chiesa romana che, presiede alla adunanza della carità. Dal 100 al 200 è continuo il venire a Roma di buoni e di cattivi per avere, dal suo Vescovo, luce e giudizio. Prima del 200 Ireneo scrive che nella Chiesa di Roma è conservata, per i fedeli sparsi dovunque la tradizione apostolica. Nello stesso tempo il Papa Vittore I agì da supremo giudice nella questione intorno al giorno nel quale celebrare la Pasqua. Nel secolo terzo, sorta una controversia sulla validità del battesimo dato dagli eretici, il Papa romano giudicò e decise. Tutti i concilii, furono presieduti dai legati del Papa, o almeno a lui furono mandati gli atti per averne l’approvazione. Nel 451 al concilio di Calcedonia i Padri, sentendo la lettera di San Leone Magno contro Eutiche, acclamarono in piedi: «San Pietro ha parlato in Leone». Giulio I ristabilì nella sua sede Sant’Atanasio. Innocenzo I e Zosimo Papi giudicarono contro Pelagio e seguaci. Dopo il quinto secolo i documenti diventano valanga. Segno chiarissimo del pieno potere, non usurpato col passar dei secoli, ma esercitato dai Papi fin dai primi tempi, ed accettato senza difficoltà da tutta la Chiesa.

• Il Papa nella storia. Alcuni si scandalizzano perché il Papa abbia rivestito apparenze tanto diverse secondo i tempi. Il fatto non si può negare. Il Papa di oggi si mostra non come nel 700, nel rinascimento, nel medioevo, o alle origini. Sono mutate le forme di vita e a questa mutazione si è adattato naturalmente anche il Papa. Dalle pergamene e dal corriere a cavallo è passato alla radio e al cablogramma, dalle carrozze dorate all’automobile. C’è stato un tempo in cui era quasi impossibile far sentire la propria voce se non c’era un esercito e una flotta, e il Papa ho assoldato compagnie di ventura ed armato galere e triremi. Oggi un vasto territorio non sarebbe più per il suo ufficio un sostegno, ma un impaccio, e il Papa, come ha detto Pio XI, nel dominio temporale si è ristretto come San Francesco a quel tanto di corpo necessario per sostentare l’anima. Agli inizi, col numero non grandissimo di fedeli e con la immediatezza della tradizione apostolica, non era necessario far troppo sentire il Primato, e il Papa, lasciava alle singole Chiese una grande autonomia. Quando invece fu necessario,egli strinse le file del suo governo e rese più rigidi i quadri. Però non è il caso di scandalizzarsi per questo, ma piuttosto di ammirare. A una istituzione umana la immutabilità avrebbe ben presto dato la rigidità delle mummie dei musei, l’adattamento ad ogni nuova forma di pensiero, l’avrebbe svuotata del suo contenuto. Al Papa invece no. Si vede che sotto i vestiti che mutano col mutare dei tempi pulsa la vita perennemente giovane del Cristo. Non uno iota di dottrina di Cristo è mai stato cambiato dai Papi, né un Papa, se tale, potrebbe mai farlo.

• Ma San Pietro era povero. E invece il Papa oggi ha la corte, e vive nella reggia più bella del mondo, e si muove in uno sfarzo orientale. All’ingenuità del sempliciotto che vorrebbe vedere oggi un Papa ridotto, se non proprio alle reti di San Pietro, almeno alla povertà di un prete di campagna, si potrebbe rispondere rimandandolo alla novella di Soffici, in cui un Papa lascia ricchezza e fasto per correre il mondo evangelizzando all’apostolica. All’entusiasmo del primo giorno ben presto segue l’imbarazzo e il tedio. E giustamente. Difatti, senza preconcetti più o meno interessati, bisogna ragionare così: è opportuna per il Papa quella forma di vita, che gli offre le più grandi facilità per assolvere, oggi, nelle circostanze concrete, la sua alta missione di Vicario, di Maestro e Guida. Ebbene, ora che i fedeli sono centinaia di milioni, e che il Papa ha rapporti ufficiali con quasi tutti gli Stati anche non cattolici, ora che moltissimi vengono attratti anche dallo splendore esterno dell’autorità e delle cerimonie cui Egli prende parte, come farebbe un Papa « alla San Pietro» a fare a meno di una reggia e di un cerimoniale, di divise e di automobili, di cardinali, di nunzi, di delegati, di consultori, d’impiegati e ili guardie? E come manterrebbe gli impiegati delle Congregazioni romane necessarie per il governo della chiesa universale? Senza dire che i flabelli e i parati d’oro possono benissimo coprire la povertà francescana di San Pio X, le due patate lesse delle quaresime di Benedetto XV, e il lettuccio di ferro sul quale è spirato Pio XI. Chi sfamerebbe i poveri? Chi pagherebbe le spese di mantenimento di ospedali, orfanotrofi, ospizi, scuole e tante altre attività benefiche? Anche questa obiezione è risibile e perversa come chi la professa.

• Il Papa nel cristianesimo. Chi volesse di una macchina prendere soltanto una ruota e qualche leva, si troverebbe in mano solo rottami inutili. Così avviene a coloro che nella religione spizzicano qua e là, come se si trattasse di un campionario di stoffe. Anche il Papa non deve essere considerato da noi come una realtà a parte, magari interessante, e che ci distingue dal resto dei nominalmente cristiani. La sua presenza è invece affondata nel nostro dogma. Si connette a tutte le sue parti in modo che isolandolo non si fa che guastarlo. La realtà è questa: — Dio ha parlato agli uomini. Li ha adottati per figli ed ha insegnato loro i segreti del Padre. Cristo, l’unico che li conosceva, è venuto e li ha detti. Dopo di che, ogni uomo poteva andarsene per le molte strade del mondo, portando la fiamma nel cavo del cuore, per accenderla nei solitari focolari che gli fosse piaciuto. Invece no. Come la rete che raccoglie e rinserra, come l’ovile che protegge e unisce, come il banchetto che nutre e affratella, Cristo ha fondato una Chiesa. E Chiesa in greco vuol dire riunione. Per le anime, ma anche per i corpi. Interna, ma anche esterna. In essa la grazia fluisce, ma in segni esterni: i sacramenti. Lo Spirito Santo parla, ma spesso per le bocche di uomini use alle parole della vita di ogni giorno. Ed è chiaro allora che ad unire le membra visibili era necessario un Capo visibile; a tenere sul filo della verità i cervelli era necessario un Maestro, a condurre le volontà era necessaria una Guida, a scaldare i cuori era necessario un Padre. E Capo, Maestro, Guida e Padre è il Papa nel cristianesimo.

• Capo visibile. Gesù non ha abbandonato la sua Chiesa. Ha detto: sarò con voi fino alla fine dei secoli. Ed è rimasto fra noi. Ma invisibile. Sui nostri altari, di Lui vediamo e tocchiamo solamente le apparenze del pane e del vino. Ora,  se in alcuni momenti ci pare che questa presenza potrebbe bastare, sposso sentiamo che alla nostra natura sensibile converrebbe una presenza sensibile di Cristo. E sappiamo pure che Cristo tornerà visibile a giudicare le azioni di tutti alla fine del mondo. Spesso però sentiamo la necessità anche di un giudizio immediato. Vediamo deviazioni, che hanno urgente bisogno di essere raddrizzate subito; sentiamo parole che devono essere smentite senza ritardo. E sul nostro fronte ci sono settori dove forse nessuno andrebbe se non ci fosse la parola di un capo che manda e sostiene. Coll’istituzione del Papato, Dio ha risposto meravigliosamente bene a questo nostro desiderio. Il Papa è por noi il Cristo presente, Capo vicario di Cristo. Egli perciò rappresenta Cristo in tutto quello che, nella vita del a Chiesa, richiede una azione di presenza. Per questo il Papa  può fare leggi che obbligano tutti i battezzati, e può togliere tutti gli obblighi che non siano stati imposti direttamente, davanti a Dio, al di sopra di tutti gli uomini. E scioglie o lega, perdona o scomunica, come Capo che provvede alla salute di tutto l’organismo.

• Maestro. L’insegnamento di nuove verità agli uomini da parte di Dio è finito da venti secoli. Alla morte dell’ultimo Apostolo si è chiusa la Rivelazione, e si è chiusa per sempre. La Chiesa non deve fare altro che conservarla intatta e distribuirla fedelmente agli uomini. Questa missione di insegnamento è stata affidata da Cristo a tutti gli Apostoli e ai loro legittimi successori: andate e insegnate a tutte le genti. Siccome però il Papa è il capo supremo dei vescovi, come lo era San Pietro per gli altri Apostoli, è chiaro che Egli deve avere in sé tale potestà in modo supremo, indipendente cioè da ogni altro. Ma se la Rivelazione è chiusa e la Chiesa deve solo ripetere agli uomini verità vecchie di venti secoli, a che si riduce in fondo la missione del Papa? Anzitutto si deve pensare che se le verità sono sempre le stesse, gli uomini cambiano. Inoltre il ricavare autorevolmente la verità da insegnare dalle fonti della Rivelazione non è un lavoro così facile. La Bibbia poi è scritta in una lingua difficile, e ci è stata tramandata da uomini che hanno potuto, almeno nelle cose accidentali, oscurarne la chiara luce. Basta poi un po’ d’esperienza per sapere come il testo più chiaro può venire oscurato da chi lo legge, se non v’è una autorità magistrale che ne determini il senso. Serva d’esempio la babele protestante che proprio per aver negato al Papa il potere d’insegnare, è giunta col libero esame della Rivelazione a non sapere più che cosa sia rivelato o no. Il Papa maestro è dunque una delle più grandi grazie che Dio ha fatto agli uomini per la tutela della Sua verità.

• La vera infallibilità.  Il vero Papa non insegna agli uomini belle teorie per tenerli tranquilli un momento. La sua parola, come la parola di Dio, scende profonda nelle anime e ne determina i destini eterni. Andate e insegnate ...; chi crederà sarà salvo e chi non crederà sarà condannato, sentenzia Gesù Cristo. Non si scherza. Alla fede nella parola del Papa Dio ha unito la nostra salvezza e la nostra condanna. E allora è troppo evidente che questo maestro, al quale Egli ci ha spinto, non può sbagliarsi. È mai possibile infatti che la Verità increata voglia obbligare tutti gli uomini a credere nella parola di un altro uomo, e sotto la minaccia delle pene più gravi, e poi lasci quest’uomo in balia del capriccio e della sua ignoranza? No!  Difatti Cristo gli ha dello: sarò con voi fino alla consumazione dei secoli! Questa, dell’infallibilità pontificia, non è una novità dei tempi nostri. Quando il concilio Vaticano nel 1870 la fissò come verità di fede, non fece che applicare le chiare parole di Gesù Cristo a San Pietro: e tu, una volta con convertito, conferma i tuoi fratelli. Fu la eco definitiva di mille voci che fin dai primissimi tempi si erano rivolte a Pietro nei suoi successori per essere confermati nella fede. Ala come può essere questo? Con assistenza speciale di Dio che guidi e illumini il Papa, e gli impedisca di dire quello che sarebbe errore. Lo Spirito Santo che Lo dirige nella ricerca della Rivelazione, quale la tradizione l’ha tramandata, Gli dà le parole per definirla infallibilmente.

• La falsa infallibilità. Ma allora il Papa non potrà mai dire un errore, in nessun caso, né mai commettere un peccato? Piano! Non confondiamo! Infallibilità non vuol dire impeccabilità. Infatti anche il Papa, come un semplice fedele si inginocchia avanti al Sacerdote, e si confessa, e gli domanda umilmente l’assoluzione. Certo non delle opere buone, ma dei peccati. Né infallibilità pontificia significa infallibilità su tutta la linea. Perché se Dio non è avaro dei suoi doni, non è neanche sprecone! Le grazie le dà proporzionate allo scopo e non buttandole senza ragione. Ora,  se è necessario che il Papa, come Papa, sia in fallibile, non è però necessario che sia infallibile anche come persona privata, e perciò come tale potrà sbagliare come lutti gli altri uomini, i quali contano solamente sulla propria scienza, forse deficiente e erronea, e non su la specialissima assistenza di Dio. E anche come Papa, l’infallibilità è legata a queste due condizioni. Prima condizione:  che parli come maestro universale il quale intenda con una sua definizione obbligare tutta la Chiesa; Seconda condizione: che definisca o una verità da credere (fede), o una norma di costumi da seguire (morale). Sono appunto le condizioni sottolineate nella celebre definizione del Concilio Vaticano. Queste due condizioni sono contenute nella notissima e compendiosa formola: quando il Papa parla ex cathedra. Per approfondimenti dettagliati sull’infallibilità del Papa e della Chiesa consultare questo approfondimento: https://cutt.ly/mYgWFVc.

• Dunque docilità. Il Papa è maestro di tutti. Tutti allora saranno discepoli suoi. Ma la prima virtù dei discepoli è di essere docili. Chè docile, dal latino, significa: che si lascia istruire. È giusto voler conoscere con esattezza i limiti della infallibilità del Papa. Sarebbe tuttavia almeno ridicolo e addirittura disastroso, farci colla ricerca di limiti un coltello, e con questo andar rifilando al possibile l’ossequio della nostra mente, tutti preoccupati che non ci sfugga un millimetro di più di quel che è strettamente dovuto. Il maestro non è un grammofono e il discepolo non è un barattolo da riempire: tanto e non più. L’uno e l’altro sono anime che devono comprendersi e penetrarsi; la sapienza del primo deve riversarsi nell’altro secondo giustizia. Questo appunto è quello che fa il Papa. Non sta continuamente a definire, condannare, bruciare e distruggere. Ma parla semplicemente ed insegna. In quello che egli dice vi sono a volte ripetute verità già prima solennemente definite; vi sono conseguenze logiche tratte da esse e applicazioni ovvie del dogma. L’anima del discepolo deve ricevere tutto ciò e assimilare. Il non essenziale gli serve a capire il necessario nel suo vero valore; il dogma s’illumina e si fa più comprensibile nelle sue applicazioni; tutto l’insieme l’ammaestra e lo nutre. È chiaro che solo quello che il Papa definisce solennemente ci obbliga all’ossequio della fede; ma è inumano limitarsi ai nudissimi dogmi, nel resto allontanandosi dalle vie segnate dal Papa, bene inteso: dal legittimo Papa. • Il Papa è guida. Sarebbe errore madornale pensare che la vita cristiana sia una bella autostrada: liscia, diritta, o con curve insensibili e sopraelevate, e il segnale di via libera: e che tutto possa andare da sé. Nulla di più falso. Le autostrade sono strade uniche, senza incroci e senza traverse: la vita cristiana è una vita, e la vita è fatta di mille strade incrociate, di mille sentieri, di abissi, di cime, di boschi. Il cammino si deve trovare tra tutto questo. La religione cristiana, poi, è una cosa perfetta; e le cose perfette, fuori di Dio, la perfezione la trovano nell’equilibrio. Per capire questo basta guardare la storia. Ogni eresia che ha strappato membra vive alla Chiesa è l’applicazione unilaterale di un certo principio. Allora è necessaria una guida. Perché gli uomini non sempre l’hanno voluta, ora a milioni hanno smarrito il cammino. La guida è il Papa. Egli ha avuto da Cristo l’ufficio di condurci a Lui; non solo di indicarcelo da lontano, ma di condurci. E condurre vuol dire guidare. Fra tante verità che possono essere male applicate egli c’indicherà il giusto mezzo e l’applicazione sapiente; a passi che ci sembra impossibile fare Egli ci anima mostrandoci, oltre l’ostacolo, il cammino. Il Papa proclama le verità e condanna gli errori. Il Papa esalta ciò che è bene e biasima ciò che è male. Ecco perché il Papa segue da vicino la vita cristiana in tutte le sue forme, non curando viaggiatori o miopi o in malafede, che si lamentano e si ribellano.

• Dunque fiducia. Teoricamente la cosa è assai facile. Abbiamo una guida? Seguiamola e tutto andrà bene. La pratica però è più difficile le della teoria. Dandoci il Papa per Maestro e per Guida, Dio non ci ha tolto la testa e gli occhi nostri vedono; e a volte il frutto di questo lavoro non combina con quello che il Papa ci dice. Egli ci indica una strada e a noi pare che sarebbe assai meglio seguirne un’altra; dice al mondo cristiano di fare una cosa, e ci viene in mente che sarebbe più opportuno fare il contrario. Allora dobbiamo risolverci a fare la cosa più ragionevole. E la cosa più ragionevole, per uno che si trova in una via difficile ed ha accanto a sé una guida, seguirla anche se si è perduta la bussola e non si capisce neanche più se si va avanti o indietro; anzi proprio per questo. I motivi per farlo sono due, il primo è naturale. Un poco d’esperienza. Quante volte abbiamo preso una strada che ci pareva scorciare il cammino e ci siamo trovati poi in un vicolo cieco? Questi passi inutili servono oggi a farci capire che è meglio seguire una guida che sa di più e vede più lontano e più giusto. Questa guida è il Papa, che ha l’esperienza dei secoli e dall’alto del Vaticano vede cose che noi, discenti, non vedremo mai. II secondo motivo è soprannaturale. Quando la guida ci è data da Dio, i motivi umani spariscono. Ci suona agli orecchi la voce di Quello (di Dio) a cui vogliamo arrivare: chi ascolta voi ascolta Me! Ciò disse Gesù agli Apostoli, in particolare a Pietro.

• Il Papa è padre. La Chiesa non è soliamo un esercito dove ci vuole un capo, né solo una scuola dove ci vuole un maestro. È anche una famiglia, dove ci vuole un padre. Il Padre di questa famiglia, che conta a milioni i suoi figli, è il Papa. È un nuovo avveramento della promessa consolatrice del Signore: non vi lascerò orfani! I protestanti e i sedicenti Ortodossi vedono nel Papa solo uno che impone limiti e chiede danaro e ubbidienza: ma i cristiani veri sanno che Papa significa Babbo. E non fanno gli spiriti forti. Non vanno dicendo di aver solo bisogno di verità e di fare a meno dell’amore. Gustano invece questo tepore della casa. Perché se ci sono delle ore in cui abbiamo bisogno della certezza, e di quelle in cui si cerca la mano che governi, ce ne sono anche delle altre, molto più frequenti, in cui abbiamo bisogno di sentirci amati. Dal Padre del cielo, certo; ma anche da uno che Lo faccia visibile agli occhi nostri materiali, qui in terra. Ed ecco il Papa. Basta rileggere le parole degli ultimi Papi e seguire il loro accoramento nelle nostre disgrazie e la loro gioia nelle nostre gioie, per vedere che il Papa è e si sente padre di tutti noi. Nelle guerre poi il Papa soffre come un Padre che si vede uccidere i figli, e la sua voce cerca di pacificare e riunire, come fa sempre un padre quando i figli litigano tra di loro. San Pio X è morto di dolore per la guerra mondiale. Pio XI ha offerto la vita per evitarci quella di oggi. Pio XII soffre di questa. Da Padre.

• Dunque amore. A un padre i figli devono ubbidienza e rispetto: ma soprattutto amore. E perciò il Papa lo dobbiamo amare. Anche perché solamente nell’amore si troverà forza per ubbidirGli e per rispettarLo sempre, anche quando l’ubbidienza e il rispetto possono costare un poco. Purché l’amore sia vero amore. Si manifesti cioè non a sole parole ma anche coi fatti. Perché se è bello pensare e parlare bene del Papa, e se è bene accorrere alle sue funzioni solenni, magari per acclamarlo e applaudirlo, è anche meglio difenderlo contro certi cristiani che dicono di amarlo, il Papa, ma che poi sembra che vadano a caccia di colpe da rimproverargli, come se fosse un segno di amore il ricantare ai quattro venti insinuazioni e affermazioni su presunti errori e presunte indebite ingerenze del Babbo. Peggio ancora chi, per ciò stesso palesemente errante e ribelle, dice di amare il Papato ed il Papa per poi accusare il Papa di ogni genere di errore ed eresia, nella losca ambizione di rendersi autonomo e superiore: per “erigere” a Papa se medesimo. Segno di amore è anche soccorrere il Papa. Nella sua povertà, sempre enorme date le enormi miserie degli altri, uomini e nazioni, che oggi è chiamato a soccorrere. E finalmente, per amarlo gli saremo vicini nel modo migliore: pregando per lui e con lui. Come un giorno, quando San Pietro era in prigione, si faceva per lui orazione da tutta la Chiesa, bisogna che sempre questa invocazione per il Papa salga al trono di Dio. Il peso della triplice corona che il Papa porta per amore di noi è tremendo, e la sua umanità ne dovrebbe naturalmente essere schiacciata. Per questo i figli non cessano di chiedere a Dio forza e luce che si riverserà su di loro in grazie di benedizione.

• Sua Santità. Questo titolo si dà al Papa, come ai Re si dà quello di Sua Maestà, certamente per indicare che come è propria del Re la maestà così è propria del Sommo Pontefice la santità. Si può dire che i Papi hanno portato con onore questo titolo. Dei 262 Papi, bene intendiamo fino a Pio XII legittimo Pontefice, 82 sono sugli altari: 31, come martiri, hanno suggellato col sangue le verità che avevano insegnato, e 51 ne hanno dato testimonianza con l’esercizio eroico delle virtù come Santi Confessori. Anche gli altri, quasi tutti, hanno ben meritato di Dio e della Sua causa: nei primi secoli curano di evitare scismi ed eresie; lottano poi per difendere la purità della fede e dei costumi; segue l’opera di ricostruzione dopo la decadenza frutto del rinascimento paganeggiante e la lotta contro l’Islam e il protestantesimo; in tempi più recenti, insorgono contro il pestifero illuminismo, la rivoluzione, il liberalismo, il comunismo. Il cuore di alcuni Papi è restato leggendario: San Leone Magno contro Attila, Gregorio VII contro Enrico IV, Clemente VII contro Enrico VIII, Pio VI contro Napoleone. Gli ultimi Papi poi sono una vera corona di santi. Pio IX, uomo di Dio anche nelle vicende più dolorose del suo regno tribolato; Leone XIII vegliardo di roccia e d’acciaio; il mite Pio X, martello di Dio contro il modernismo, morto di dolore nel vedere la strage delle sue pecorelle; Benedetto XV, dalla carità inesausta ed eroica; Pio XI, al cui zelo era troppo piccolo il mondo... Veramente si vede che Dio ha partecipato al suo Vicario non solo il potere, ma anche la bontà e lo splendore del Cristo.

• E Alessandro VI? Questo è il razzo finale dei giochi pirotecnici antipapali. Chi lo lancia ha l’aria di dire ai cattolici: — con un mostro siffatto come potete ancora parlare di santità dei Papi? I cattolici rispondano che per difendere la fama e la gloria del papato non hanno bisogno di nascondere e di falsare la storia. E perciò riconoscono che il Borgia, dissoluto da cardinale, divenuto Alessandro VI, non si corresse, ma a quanto sembra continuò a dare pubblico scandalo. Questi sono fatti, sebbene tanto ci sarebbe da epurare dalle menzogne dei falsi storici. Per essere obiettivi bisogna aggiungere che i suoi vizi furono smisuratamente esagerati da contemporanei e posteri, ai quali gli storici seri  ormai non credono più; e che ad ogni modo, egli fu cattivo come uomo e non come Papa: in materia di fede si portò in modo correttissimo, né pensò mai a sancire con la sua autorità i disordini morali che la coscienza rimproverava. Ma la macchia resta! E purtroppo non unica! chè altri nomi di Papi si potrebbero fare, che non furono certo modelli di virtù. È questo un motivo per disprezzarLi e negare ubbidienza? No. Ma per piangere l’influsso laico e mondano nelle cose di chiesa. Del resto non sarebbe procedimento di storico spassionato, né segno di amore, il voler giudicare e condannare per le colpe di pochissimi indegni, tutta una dinastia di santi e di eroi, e di voler strombazzare ai quattro venti le vergogne, anche vere, di uomini, che non cessano di far parte della nostra famiglia, e che ci hanno lasciato un’eredità che nessuna colpa può intaccare o annullare.

• Padrone dei padroni. Non è un’accusa: è una realtà. Il Papa è un vero Capo; ha quindi un vero dominio ed è veramente padrone, come un pastore è padrone del suo gregge. Lo diciamo nelle forme ufficiali: nostro Signore il Papa felicemente regnante. Il suo dominio si mostra energicamente nei segni esterni. Egli chiama fratelli i Vescovi, ma essi si riconoscono suoi servi, ed è una grazia essere ammessi a baciarGli il piede, e Gli si parla in ginocchio. Quando entra in San Pietro è portato sulle spalle di uomini; porta manto e corona. Principi della terra ritengono titolo ereditario la sua Messa; i Re della terra sono ricevuti da Lui in udienza, più solennemente nella forma, nella sostanza come gli altri. E questo dominio che si mostra nei segni esterni, non è che il riflesso di un potere ben più profondo e intransigente. Una sua parola può far legge, e non obbliga solo a piegare la schiena, ma la mente. Roma lui parlato  la causa è finita! Non discute: ordina! Non deve darci ragioni e giustificare le sue decisioni, ma comandare; e chi non vuole piegarsi avanti a Lui mette se stesso fuori della casa di Dio sulla terra. Ci sono, e non potevano mancare, anime ribelli e anime pavide, che si sono indignate ed hanno gridato alla tirannia, o hanno parlato di prudenza... Ma sono grida e timori inutili. Dio ha pieno dominio su di noi. Cristo è Dio e può trasmettere questo Suo dominio all’uomo che è Suo Vicario. E quello che poteva fare l’ha fatto. A noi non resta che ubbidire in umiltà.

• Servo dei servi? Così scrive il Papa dopo il suo nome nei documenti. Dove gli antichi re moltiplicavano i nomi di terre conquistate e tenute con la forza e l’orgoglio, Egli scrive un titolo di umiltà e di amore: servo dei servi di Dio. E non lo scrive per fare un bel gesto. Il Papa è veramente il servo dei servi di Dio, ed i servi di Dio siamo noi. Come Gesù è stato il Servo fedele, che è venuto non per essere servito, ma per servire... Già dal primo mattino il Papa è in preghiera, anche per sé, ma molto per tutta la terra. Poi riceve il Segretario di Stato, che gli presenta molti, a volte delicatissimi problemi. E il Papa non può, come immaginano gli ingenui, contentarsi di sorridere e di benedire, ma deve studiare, pensare e risolvere. Poi le udienze ufficiali che gli portano ancora problemi; e le udienze pubbliche, faticosissime, col cuore angosciato dai dolori intravisti, dalle pene portate, mute, per essere benedette da lui. E il lavoro delle Congregazioni Romane, da seguire e spesso da dirigere con iniziativa personale, e la preparazione delle Encicliche laboriosissime, per dire la parola attesa da tutti i fedeli. Se questo non si chiama servire? !... Alla sera tardi il Papa è ancora davanti al Signore. Ha lavorato tutto il giorno avanti a Lui e per Lui, ma ora gli si fa più vicino: è solo con Lui. Gli riferisce quanto ha fatto, e Gli chiede forza e luce per ricominciare domani. Questa è la realtà. E lo spirito che l’anima è quello delle parole di Cristo: chi e più grande tra voi sia come il minore, e chi è a capo sia come uno che serve.

• Il Papa e il mondo. Il Papa è un valore troppo universale per far sentire i suoi effetti soltanto sulle torre più vicine a lui. Quindi la sua azione s’estende al mondo intero. Come? Organizzando una specie di Komintera cattolico a base di cellule, di agitatori e di spie? No. Ma piuttosto richiamando l’umanità ai valori della natura umana e del soprannaturale voluto da Dio in noi. Questi valori il Papa li ha sempre presenti. Sotto i suoi occhi gli scienziati lavorano quasi unicamente per rendere più piacevole la vita all’uomo; economisti o industriali lanciano metodi e capitali per far rendere sempre più la macchina-uomo; reggitori di popoli inquadrano energie e vite umane per raggiungere ideali di patria... Egli invece sente e sa che questo al mondo non basta. Prevede per l’avvenire gli stessi disordini, arresti e fallimenti e le stesse crisi che periodicamente si succedono. Crisi di anime e di idee prima che di interessi e di corpi. Perciò Egli, preoccupato dei valori dello spirito più che di quelli della materia, dell’eterno più che del transitorio, indica la soluzione di tutti i problemi del mondo nei principi troppo sposso dimenticati di morale e di religione: nozione di male e di bene, di giusto e di ingiusto, dignità dell’individuo e doveri della società, carità e sacrificio, grazia e Provvidenza, coscienza e vita futura. Il mondo purtroppo non l’ascolta. Qualcuno lo perseguita. Come non ascoltò o perseguitò Gesù. Perciò il mondo soffre. Ma il Papa continua a insegnare, a supplicare...; sperando.

• Il Papa e l’eternità. Ti darò le chiavi del Regno dei cieli: a chi aprirai sarà aperto, a chi chiuderai sarà chiuso. Parola del Signore. Tulli gli uomini nella loro vita sostano avanti a una porta, che da soli non riescono ad aprire, e che tuttavia bisogna aprire per non morire asfissiati. Questo avviene quando, stanchi della vita piatta e vuota di tutti i giorni, cercano la risposta di quelle due o tre domande che dormono nell’animo di tutti, ma che anche dormendo pesano e danno travaglio. La chiave di questa porta è nelle mani del Papa. Molti veramente provano ad evadere dal chiuso che soffoca, ma sbagliano il modo. Credono che la liberazione si trovi nel romperla con tulle le leggi, e spezzando ogni legame d’ordine e di tradizione. Il Papa è lì per chiudere le vie false e indicare l’unica buona: quella che passa dal mondo all’eternità. E dice: rompete la catena dei sensi! Vivete di fede e di speranza nella Patria che vi aspetta! Vivete nella carità. E, aperta la via, il Papa apre i suoi tesori per offrirci i mezzi per percorrerla. Egli, Pontefice Massimo, comunica ai Sacerdoti e ai Vescovi colla giurisdizione il modo di dare la grazia. Egli colle indulgenze disserra i tesori della Comunione dei Santi. Ecco cos’è il Papa. A chi possiamo essere più obbligati? Per lui dunque pregheremo così: Da a Lui, o Signore, te ne preghiamo, di aiutare con le parole e con l’esempio quelli a cui comanda, in modo che arrivi, insieme col gregge affidatogli, alla vita eterna.

a cura di CdP