Stimati Associati e gentili Sostenitori, sul nostro sito abbiamo pubblicato il prezioso libro «Il Santuario di Loreto. Notizie critico-storiche». Per leggerne il contenuto e per richiedere una copia fotostatica rilegata visitare il link: https://bit.ly/2QoA8Qd. Con il dotto Abate Giuseppe Ricciotti oggi studieremo: «I preparativi dell’ultima cena».
• § 535. Spuntò il giovedì, che era il «primo giorno degli Azimi quando immolavano la Pasqua» (Marco, 14,12); perciò in quel giorno si dovevano provvedere le cose necessarie alla celebrazione del solenne rito anche da parte della comitiva di Gesù (§ 495), giacché per questo rito Gesù avrebbe dovuto rimanere quella notte a Gerusalemme e rinunziare a ritirarsi a Bethania sul monte degli Olivi come le notti precedenti. «Gli dissero quindi i discepoli: Dove vuoi che andiamo a preparare affinché (tu) mangi la Pasqua?». Gesù allora inviò Pietro e Giovanni (Luca, 22,8) dicendo loro: «Andate nella città e vi si farà incontro un uomo che porta una brocca d’acqua; seguitelo, e dove egli sia entrato direte al padron di casa: “Il maestro dice: Do v’è la mia stanza ove (io) mangi la Pasqua insieme con i miei discepoli?”. Ed egli vi mostrerà una sala superiore grande, provvista di tappeti, pronta; e ivi preparate per noi» (Marco, 14, 13-15). Il segno dato ai due Apostoli era abbastanza singolare, perché l’ufficio di attingere e trasportare l’acqua era riservato ordinariamente alle donne. I due s’attennero al segno: entrando in città, certamente per la porta situata sopra la piscina del Siloe (§ 428) e di fronte al monte degli Olivi, incontrarono effettivamente l’uomo dalla brocca; avendo poi essi seguito costui alla casa ov’era diretto, il padrone mise a loro disposizione la sala di cui Gesù aveva parlato. Non c’è da dubitare che quel padrone fosse persona affezionata a Gesù; probabilmente l’aveva ricevuto altre volte a casa sua. Chi sarà stato questo ignoto discepolo? Più che al cauto Nicodemo (§§ 288, 420) o a Giuseppe di Arimatea (§ 615), il pensiero corre al padre o ad altro parente di San Marco, la cui casa dopo la morte di Gesù diventò luogo abituale d’adunanza per i cristiani di Gerusalemme (§ 127); se poi si potesse provare che quel misterioso giovanetto il quale sfuggì nudo di mano alle guardie del Gethsemani era appunto Marco (§ 561), si avrebbe conferma che il padrone della casa era suo parente, tanto più che questo racconto della preparazione della Pasqua è più minuto e circostanziato nel Vangelo di San Marco che in quello di San Matteo. Se il nome di questo discepolo fu tenuto occulto dagli Evangelisti è ben possibile che ciò avvenisse per una ragione prudenziale, analoga a quella per cui i Sinottici omisero l’intero racconto della resurrezione di Lazaro (§ 493). Così pure, per una elementare prudenza, Gesù inviò a preparare la cena Pietro e Giovanni, ma non Giuda, l’amministratore comune a cui sarebbe spettato quell’ufficio: il traditore era occupato nel frattempo a ordire il suo tradimento, e questa sua tenebrosa cura non doveva essere ancor più facilitata dalla prematura indicazione del luogo ove doveva tenersi il supremo convegno. Del resto l’opinione secondo cui l’ultima cena ebbe luogo nella casa di San Marco non è nuova, ed ha pure in suo favore una rispettabile tradizione. Verso il 530 l’arcidiacono Teodosio descrivendo la sua visita a Gerusalemme, quando parla della chiesa della Sancta Sion ritenuta universalmente come il luogo dell’ultima cena, afferma fiduciosamente: «Ipsa fuit domus sancti Marci evangelistae» (De situ Terrae Sanctae, p. 141). E questa affermazione doveva fondarsi su un’antica tradizione; infatti nello stesso secolo VI, il monaco cipriota Alessandro comunica che una tradizione già antica ai suoi tempi affermava che la casa in cui ebbe luogo l’ultima cena fu appunto quella di Maria madre di Marco, ove il maestro era solito albergare ogni volta che veniva a Gerusalemme, e inoltre che l’uomo della brocca sarebbe stato appunto Marco. È questo il luogo ove la tradizione, già dal secolo IV, ha collocato l’odierno Cenacolo, all’estremità sud-occidentale della Città Alta. Compiuti durante la giornata i preparativi, in quella stessa sera si tenne la cena. Ma qui s’incontra una famosa questione cronologica che riguarda sia il giorno dell’ultima cena, sia quello successivo nel quale avvenne la morte di Gesù; è la questione di sapere quali giorni, non della settimana, ma del mese fossero questi due giorni.
Da Vita di Gesù Cristo, imprimatur 1940, Giuseppe Ricciotti (preghiamo l'Eterno riposo ...), 7a Edizione, 32° - 36° migliaio, Encomio solenne della Reale Accademia d’Italia, Rizzoli & C. Editori, Milano - Roma, 1941.