Stimati Associati e gentili Sostenitori, quante volte ci è capitato di sentire, o purtroppo di dire in passato (Dio ci perdoni), l’illogica frase: «Io sono credente, ma non sono praticante»? Analizziamo e scardiniamo questa proposizione di evidente contraddizione con l’aiuto del dotto Padre Franco («Risposte alle obiezioni più popolari contro la religione», ed. IV, Capo XLV, Roma, Civiltà Cattolica, 1864, con Imprimatur, dalla pagina 429 alla pagina 438).
Vi sono alcuni, i quali non oppongono troppi argomenti alla fede, che anzi si vantano di essere cattolici, solo aggiungono, poi, che essi «non praticano», e vogliono dire che non riducono la loro “fede” all’atto degli esercizi della fede cattolica. Ciò dicendo, credono che ciò possa dirsi e farsi lecitamente. Essi sono persuasi esservi come due tipologie di cattolicesimo, l’uno accompagnato dalle opere, l’altro senza di esse: tutti e due ottimi al bisogno, e che sia possibile scegliere l’uno o l’altro a piacimento, secondo il proprio parere, in base alle circostanze, come il sentimento suggerisce.
Io ho conosciuto - ricorda il Padre Franco - qualcuno che giungeva persino in casa a fare qualche lettura buona, a vivere con una certa onestà, ma che si sarebbe lasciato fare a pezzi piuttosto che entrare in una chiesa, oppure accostarsi ad un confessore: tanto si dava a credere non esservi alcun nesso tra l’essere cattolico ed il praticare la religione. Il perché, se v’è massima che meriti un poco di esame, è tutto qui descritto. Buon per noi tuttavia, che, ad intenderne l’assurdità di tale pretesa, non è necessaria molta sottigliezza d’ingegno; basta ponderare i termini che qui si oppongono.
Che cosa vuol dire «io sono cattolico», che cosa vuol dire «io non pratico»? Io sono cattolico vuol dire, io sono certo, per quella maggior certezza che può darsi al mondo, qual è quella fede che Dio m’ha imposto con tali e tali obblighi; ed io non pratico, vuol dire, nonostante la certezza dell’obbligazione che Dio m’ha imposto, io reputo che mi sia lecito non dar retta a Dio, e non fare ciò che Egli mi comanda. Ponderate, o lettore, tutta la vastità di questa contraddizione. Quali sono le pratiche esteriori più comuni imposte dalla fede cattolica? Esse si riducono alla Messa, all’orazione della Chiesa, all’assistere alla divina parola, alla confessione, alla comunione, all’astinenza dalle carni, ai digiuni e poco altro. Di tutte esse la fede fa ordinazioni speciali, dichiarandole del tutto obbligatorie, e chi è cattolico come tali le riconosce.
• Dunque, in particolare, vuol dire per esempio: «io, ammaestrato dalla fede, riconosco che mi è necessaria l’orazione, che senza di essa non adoro Iddio, né Lo tratto da padrone supremo, né come fonte di tutti i beni, né posso impetrare perdono delle mie colpe, né grazia di alcun tipo; anzi non posso evitare molte e gravi cadute»; ma nonostante tutto soggiungere: «né farò orazione, né mi raccomanderò a Dio, e mi terrò lontano soprattutto da quelle preghiere tanto più efficaci, che si fanno in comune nella Chiesa dal popolo cristiano». E questo è solo un esempio fra tanti.
• Vuol dire, «io riconosco e tengo per fede, che nella Sua Chiesa Gesù Cristo ha stabilito un Sacrificio, al quale ha ordinato che tutti prendano parte, poiché sarà il solo Sacrificio della nuova legge, ed in esso vi sarà la sola Vittima che piacerà al Signore, che potrà placarLo, che farà discendere dal cielo tutte le grazie»; e tuttavia aggiungere poi: «non vi assisterò né molto né poco, checché ne sia di tanti misteri».
• Vuol dire, «io riconosco e concedo che la parola divina è il mezzo per cui, di provvidenza ordinaria, Dio parla alle anime dei fedeli, li ammaestra, li conforta, li compunge, li stacca dal vizio, li trae alla virtù»; ma, nonostante tutto ciò sia innegabile alla fede, «io non ne farò niente e mi comporterò come credo».
• Vuol dire, «io sono certo per fede, che ho obbligo di sottoporre i miei peccati all’augusto tribunale di penitenza, che senza questa condizione mai non mi saranno perdonati, che vivendo in stato di colpa posso in ogni momento essere traboccato nel baratro eterno, come vedo accadere a tanti che muoiono da insensati»; e ciononostante protesto, che «mai soddisferò a quell’obbligo, che mai mi presenterò al tribunale di penitenza, poi si vedrà per l’eterna salute».
• Vuol dire, «io tengo per fede, che Gesù Cristo, per quell’immenso affetto che mi ha portato, ha istituito un Sacramento tutto di amore, nel quale vuole unirsi a me in maniera ineffabile; che in esso m’ha preparato tesori di grazie congiunti alle più tenere ed inaudite significazioni di una carità veramente divina; che il parteciparlo è condizione del tutto indispensabile affinché io abbia accesso all’eterna beatitudine»; e tuttavia, «nonostante che io non possa mettere in dubbio queste verità, poiché dico di professare la fede cattolica, né acconsentirò mai ad accostarmi al sacro Altare, né farò alcun caso di tutto l’amore divino, né della mia eterna salute».
• Vuol dire, «io son convinto e tengo per fede, che ho obbligo di manifestare esternamente con le opere quello che credo interiormente col cuore»; e tuttavia «farò professione di astenermi da tutte quelle opere esteriori, che sono manifestazione di ciò che credo nel cuore» (sic!).
• Queste e molte altre cose simili vuol dire quell’illogica frase: «Io sono cattolico, ma non pratico». Ora io chiedo ad un lettore di buona fede - soggiunge il dotto Padre Franco - si può essere più ingiuriosi di così contro la Divinità? Se voi diceste, «io sono turco, epperò non pratico: io sono protestante, epperò non pratico: io sono ateo e miscredente, epperò non pratico», voi parlereste iniquamente senza dubbio, ma pure sarebbe logica la conseguenza. Difatti, chi può mettere in pratica una religione, che reputa favola e menzogna? Chi può riconoscere una legge, che stima fatta da chi non ha alcuna autorità? Ma riconoscere vera la fede cattolica, la quale impone siffatti obblighi, e poi ritrarsene, non è la più irragionevole maniera che vi sia di pensare, discorrere ed operare? Prosegue negli articoli odierni del Centro Studi Vincenzo Ludovico Gotti (tag Credente non praticante) ...
(a cura di CdP)