Stimati Associati e gentili Lettori, oggi la nostra Associazione compie un anno. Il giorno 8 marzo 2016, data di fondazione di Sursum Corda, affidavamo questa piccola opera a san Giovanni di Dio. Il Martirologio romano, qui consultabile in PDF, lo ricorda così: «A Granata, nella Spagna, san Giovanni di Dio, Confessore, Fondatore dell’Ordine dei Fratelli Ospedalieri degli infermi, rimasto celebre per la misericordia verso i poveri e per il disprezzo di se stesso: dal Papa Leone decimoterzo fu proclamato Patrono celeste di tutti gli ospedali ed infermi». Preghiamo spesso il nostro speciale Protettore affinché ci sia maestro nel disprezzo di noi stessi ed esempio nella vittoria contro il rispetto umano. Sant'Alfonso attesta, con i savi Padri, i Pontefici, i Dottori ed i Santi, che «chi prega si salva, mentre chi non prega si danna» (clicca qui).
Cogliamo la lieta occasione per fornire, a noi stessi innanzitutto, poi agli altri, Dio volendolo con il mite e devoto esempio di vita, alcune preziose indicazioni di Cornelio Alapide. Concentrarsi solo su Dio, quindi sul prossimo per amore di Dio, proprio come faceva il nostro san Giovanni, è anche un portentoso antidoto contro la superbia e le lusinghe del mondo. Tuttavia ci è difficile fare bene, anzi è impossibile, senza la preghiera. Allo scriba che lo interrogava: «Quod est primum omnium mandatum? - Qual è il primo di tutti i comandamenti?»; Gesù rispose: «Primum est: “Audi, Israel: Dominus Deus noster Dominus unus est, et diliges Dominum Deum tuum ex toto corde tuo et ex tota anima tua et ex tota mente tua et ex tota virtute tua” - Il primo è: “Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”» (san Marco, XII, 28-30). Se non amiamo Dio, non saremo neanche in grado di amare il nostro prossimo come Dio vuole. E cosa significa amare Dio? Ci risponde l'Apostolo dell'amore: «In hoc cognoscimus quoniam diligimus natos Dei, cum Deum diligamus et mandata eius faciamus. Haec est enim caritas Dei, ut mandata eius servemus; et mandata eius gravia non sunt - Da questo conosciamo di amare i figli di Dio: se amiamo Dio e ne osserviamo i comandamenti, perché in questo consiste l'amore di Dio, nell'osservare i Suoi comandamenti; e i Suoi comandamenti non sono gravosi» (I san Giovanni, V, 2-3). In questo si traduce, sinteticamente, la nostra esistenza terrena!
Il rispetto umano è una schiavitù. Quale atto più servile che quello di ridurre e di costringere se medesimo alla necessità di conformare la propria religione al capriccio altrui? Di praticarla, non più secondo le norme del Vangelo, ma secondo le esigenze degli altri? Di non adempiere i propri doveri, se non nella misura voluta dal mondo? Di non essere cristiano, se non a compiacimento di chi ci vede? Sant'Agostino condanna i savi del paganesimo, i quali, mentre con la ragione vedevano un Dio unico, per rispetto umano si piegavano ad adorarne molti. Ed in forza di un altro rispetto umano, il cristiano vigliacco non serve al Dio che conosce e nel quale crede: quelli erano superstiziosi e idolatri; questo diviene oggidì, per rispetto umano, infedele ed empio. Quelli, per non esporsi all'odio dei popoli, praticavano all'esterno quello che internamente ripudiavano, adoravano quello che disprezzavano, professavano quello che detestavano (De Civit. Dei). E noi, per evitare le censure degli uomini, per una vile dipendenza dalle vane usanze e dalle massime corrotte del secolo, noi disonoriamo quello che professiamo, profaniamo quello che riveriamo, bestemmiamo, se non con la bocca, con le opere, non già, come diceva l'Apostolo, quello che ignoriamo, ma quello che sappiamo e riconosciamo. I pagani contraffacevano i devoti, e noi cristiani ci facciamo scimmie degli atei. La finzione di quelli non riguardava che false divinità, e quindi non era più che una finzione; presso di noi, al contrario, la finzione riferendosi al culto del vero Dio, diventa un'abominevole impostura (Sermon sur le respecthum). Ora, il fare così non è un rendersi schiavi, e proprio in quello in cui siamo meno scusabili, perché si tratta dell'anima e dell'eternità? [...] Nati liberi, tali dobbiamo inviolabilmente mantenerci per Dui, cui si deve culto, fede, rispetto, adorazione, riconoscenza, amore [...].
Il rispetto umano è una vigliacca debolezza. La notte della Passione del Salvatore, la portinaia della casa di Caifa, disse a Pietro: «Non sei anche tu uno dei discepoli di quest'uomo? ed egli rispose: No» (san Giovanni, XVIII, 17). Ecco la debolezza vigliacca del rispetto umano. Qui si è avverato, come si avvera sempre in simili casi, quel detto dei Proverbi: «Chi teme l'uomo, non tarda a cadere» (Prov. XXIX, 25); e quell'altro del Salmista: «Non invocarono il Signore; quindi tremarono di spavento dove non c'era punto nulla da temere» (Psalm. LII, 6). La persona che si lascia vincere dal rispetto umano, teme quello che non è da temere, e non teme quello che bisogna temere [...]. Che viltà, per esempio, non osare dimostrarsi cristiano per un semplice segno di croce! Il segno del cristiano non è forse la croce? Non è forse la croce, dice Sant'Agostino, che benedice e l'acqua che ci rigenera, e il sacrificio che ci nutre, e la santa unzione che ci fortifica? (Tract. CXVIII, in Ioann.). Avete voi dimenticato che della croce furono segnate le vostre fronti, quando foste confermati dallo Spirito Santo? Perché segnarvela in fronte? Non forse perché su la fronte è la sede del pudore? Sì certo; Gesù Cristo volle armare con la croce la nostra fronte contro quella falsa e misera vergogna del rispetto umano, che ci fa arrossire di cose che gli uomini chiamano piccole, ma che sono grandi innanzi a Dio. Cosa indegna e vile è il rispetto umano, e non ve n'è altra che tanto degradi, abbassi e disonori l'uomo [...]. Colui che ne è schiavo, non merita più il nome di uomo, ma il suo luogo è tra le banderuole che segnano la direzione dei venti; poiché non sa fare altro che questo [...]. Una tale persona è sommamente spregevole [...]. Che cosa è che la trattiene? Un motto, un sarcasmo, una beffa, un segno [...]. Oh! che piccolezza di spirito, che viltà di cuore! Ne arrossiamo noi medesimi in segreto, e non ci sentiamo l'animo di superare simili bagattelle! [...]. Cerchiamo pure di nascondere e di orpellare con altri nomi questa fiacchezza, questa viltà, ma invano [...]. Noi temiamo le censure del mondo, degli increduli, degli empi, degli ignoranti, degli accidiosi, dei dissoluti [...]. Noi temiamo di acquistarci nome di spiriti deboli e pregiudicati, se pratichiamo la religione; e non vediamo che somma debolezza è non praticarla. Qual cosa più vergognosa e più degradante, che la vergogna di comparire quello che si deve essere? Siamo canzonati; ma cosa vi è di più frivolo che le beffe? Chi è che si burla di noi? Quale ne è il merito, il credito, la scienza, la virtù? E noi osiamo vantarci coraggiosi, di animo grande, di carattere generoso? Codardia odiosa è il rispetto umano. Noi apparteniamo a Dio per tutti i titoli, per la creazione, la redenzione, la santificazione, la conservazione, e arrossiamo di servire Dio! [...]. Il soldato si vergogna di servire il suo re! di difendere la patria! [...] Noi ci adontiamo (offendiamo, ndR) della religione, della virtù! Cioè, ci vergogniamo di essere creati ad immagine di Dio, di essere stati redenti col Suo sangue; noi arrossiamo di ciò che forma la gloria degli Apostoli, dei martiri, dei dottori, dei pontefici, dei confessori, delle vergini. Noi abbiamo vergogna di chiamare Dio nostro padre, di essere Suoi figli, di lavorare alla nostra salute, di andare al cielo! Quale stupidaggine e follia! O codarda debolezza, che non merita né indulgenza, né perdono!
Il rispetto umano è uno scandalo. Il rispetto umano è uno scandalo ingiurioso a Dio, perché ne abbatte il culto [...]. Scandalo che facilmente si trasmette, essendo gli uomini molto proclivi a dire ciò che odono [...]; a fare quello che vedono farsi dagli altri [...]. Ma è soprattutto uno scandalo affliggente, dannosissimo nei ricchi, nei potenti, nei dotti.
Che cosa vi è di disordinato nel rispetto umano. Primo disordine del rispetto umano: distrugge l'amore di preferenza che dobbiamo a Dio, il che è un annientare tutta la religione. Sacro dovere di ogni persona è preferire Dio alla creatura; ora, il rispetto umano fa anteporre la creatura al Creatore; e da ciò appunto questo vizio prende il suo nome che è disonorante come lo stesso vizio. Perché, infatti, lo chiamiamo rispetto umano? Certamente non per altro motivo, se non perché ci fa preferire la creatura invece del Creatore, Da un lato mi comanda Dio, dall'altro mi comanda il mondo; ed io, per non dispiacere alla creatura, a lei obbedisco a discapito di Dio: a detrimento della mia salute; con disprezzo di Dio e dei miei più sacri doveri [...]. Per piacere all'uomo, divengo ribelle a Dio. E allora, addio religione [...]. Secondo disordine del rispetto umano: getta l'uomo in una specie di apostasia. Quante irriverenze nel luogo santo, per paura di comparire ipocrita o bigotto! [...]. L'altare non diventa, forse, per lo schiavo del rispetto umano, l'ara del Dio sconosciuto? [...] Non è anzi da lui disprezzato, disonorato, rinnegato? Gli Ateniesi onoravano il vero Dio senza conoscerlo; costui conosce il vero Dio, e lo dimentica, lo vilipende [...]. Terzo disordine del rispetto umano: rende inutili le più preziose grazie di Dio. Un tale, per esempio, sente in sé desideri e disposizioni ad una vita più ordinata, ma il rispetto umano li soffoca e riduce all'impotenza [...]. Vorrebbe un altro convertirsi, confessarsi, accostarsi alla santa Eucaristia; pregare, santificare le feste, essere, in una parola, veramente, apertamente e sinceramente virtuoso e fedele cristiano; ma il rispetto umano lo trattiene, lo arresta, l'inceppa, lo impietrisce [...]. Si vorrebbe fare il bene e adempiere tutti i doveri di buon cristiano, ma si vorrebbe che il mondo non se ne accorgesse [...]. Si esce [dalla vera, ndR] chiesa, si parte dalla predica ben persuasi, ben convinti, e risolutamente determinati a fare quello che si è udito, ma ecco il rispetto umano che fa barriera insormontabile alle buone risoluzioni, manda a monte anche ogni ottimo proposito già preso [...]. E così tutte le più elette grazie cadono vane sotto il peso di questa vigliacca debolezza prodotta dal rispetto umano [...].
Da dove viene il rispetto umano e perché dobbiamo disprezzarlo. Il Vangelo, parlando dei progressi che faceva la dottrina di Gesù negli animi, dice che anche parecchi fra i primari ed i maggiorenti dei Giudei credettero in Gesù Cristo, ma nota che non ne facevano professione esteriore, temendo che i farisei li scacciassero dalle sinagoghe; poiché stava loro più a cuore la lode degli uomini, che la gloria di Dio (san Giovanni, XII, 42-43). Ora tutti quelli che si lasciano guidare dal rispetto umano, non sono essi guidati da simili motivi? [...]. O sì, questi sono la vera sorgente del rispetto umano! [...]. Si temono le osservazioni, gli appunti, le critiche degli uomini! [...]. Ora perché non abbiamo noi i sentimenti di sant'Agostino e non diciamo con lui: «Fate pure di me quel giudizio che più vi garba; per me tutto il mio desiderio è che la mia coscienza non mi accusi innanzi a Dio» (Contra Secundin. 1. I. c. I). È necessità indeclinabile per il fedele, il calpestare il rispetto umano. «Bisogna credere col cuore per ottenere la giustificazione, scrive il grande Apostolo, ma per arrivare alla salvezza ci vuole la confessione della bocca» (Rom. X, 10); e al suo discepolo Timoteo inculcava che non si vergognasse di rendere testimonianza al Signore Gesù Cristo e non arrossisse di lui, Paolo, schiavo del medesimo Gesù; ma soffrisse con lui per il Vangelo, secondo la forza che gliene veniva da Dio (II Tim., 1.8). Poi, parlando di se medesimo ai Galati, poteva dire con la fronte alta: «Di chi cerco io l'approvazione? Degli uomini o di Dio? Forse che mi studio di piacere agli uomini? Se piacessi ancora al mondo, non sarei servo di Dio» (Gal. I, 10). «No, dice altrove questo grande Apostolo, io non arrossisco del Vangelo» (Rom. I, 16); «e poco m'importa del giudizio che voi od altri facciate di me» (I Cor. IV, 3). Non meno chiaramente del discepolo, già aveva parlato il Maestro, perché parole formali di Gesù Cristo sono le seguenti: «Se alcuno si vergognerà di me e della mia dottrina, il Figliuolo dell'uomo si vergognerà di lui quando verrà circondato della sua maestà e di quella del Padre, e degli Angeli santi» (san Luca, IX, 26). E poi di nuovo: «Chi mi avrà rinnegato dinanzi agli uomini, sarà pure rinnegato da me in faccia al Padre mio che è nei cieli» (san Matteo, X, 33). Ascoltiamo dunque l'avviso d'Isaia e non spaventiamoci dell'obbrobrio e delle bestemmie degli uomini (Isaia, LI, 7).
Fa un atto di coraggio chi vince il rispetto umano. «È gloria grande seguire il Signore, dice il Savio; da lui si avrà lunghezza di giorni» (Eccli. XXIII, 38). «Perché non rinnegarono il Cristo, scrive sant'Agostino, passarono da questo mondo al Padre celeste: confessandolo, meritarono la corona di vita, e la tengono per sempre (In Eccli.)». Che cosa fece mai di così grande, il buon Ladrone, domanda san Giovanni Crisostomo, da meritare di andare così presto in cielo? Volete che vi dica in due parole la sua virtù? Udite: mentre Pietro rinnegava Gesù Cristo ai piedi della croce, allora egli lo confessava pubblicamente sulla croce. Il discepolo non ebbe coraggio di sopportare le minacce di una vile fantesca; ma il ladrone vedendo intorno a sé tutto il popolo che urlava, schiamazzava, bestemmiava contro il Cristo, non tenne in nessun conto tutto quel baccano; non si fermò alle umiliazioni presenti del crocifisso, ma, veduto tutto cogli occhi della fede, non badando alle illusioni esteriori, calpestando ogni rispetto umano, riconosceva nel paziente il Signore dei cieli, ed a Lui sottomettendo le facoltà dell'anima sua, ad alta voce e senza paura di essere burlato, esclamava: Signore, ricordatevi di me, giunto che sarete al vostro regno (Homil. de Cruce et latrone). Ed in ricompensa della sua viva fede, del suo coraggio nel confessarLo in faccia a tutta la folla, senza badare al rispetto umano, ebbe la dolce ventura di udirsi rivolgere dalla bocca medesima di Gesù Cristo quelle consolanti parole: «Oggi sarai con me in paradiso» (san Luca, XXIII, 43). La forza, la grazia, la salute, la gloria, stanno nel disprezzo del rispetto umano [...]. Chi si mette sotto i piedi il rispetto umano, è padrone di sé, del mondo, di tutte le creature, del cielo, di Dio medesimo [...]. Il cristiano coraggioso non arrossisce mai di Dio, né della sua religione [...]. In questo coraggio sta la vera gloria [...]. Esso salvò la Maddalena, il pubblicano, il prodigo, il buon ladrone. Se essi avessero dato ascolto al rispetto umano, sarebbero tutti perduti; lo disprezzarono, sono lodati da Gesù e resi gloriosi [...]. I Santi, i più eccellenti personaggi di tutti i secoli, tali divennero perché, disprezzando il rispetto umano, camminarono diritti alla loro via [...]. Imitiamoli [...]: «Se noi soffriamo con Gesù, dice san Paolo, regneremo con lui; se lo rinneghiamo, anch'egli ci rinnegherà» (II Tim. II, 12). «Essi ebbero timore di ciò che non dovevano temere, dice il Profeta, e il Signore spezzerà le ossa di quelli che cercano di piacere agli uomini; furono coperti di confusione, perché Dio li ha disprezzati» (Psalm. LII, 6-7). Ecco un triplice castigo per quelli che si lasciano guidare dal rispetto umano per incontrare il genio del mondo: 1° il rompimento delle ossa, cioè la perdita della vita, della felicità, della pace, della salute; 2° la confusione, l'ignominia, la perdita della gloria; 3° il disprezzo di Dio e la riprovazione.
Preghiamo sempre prima delle nostre azioni e, di fondamentale importanza, prima di iniziare a lavorare. Per iscriversi all'Associazione cliccare qui.
(A cura di CdP)
Istruzioni tratte dai Tesori di Cornelio Alapide, digitalizzate da Totus Tuus.