Comunicato numero 194. Brevi sentenze sull’avariziaStimati Associati e gentili Sostenitori, è possibile richiedere l’iscrizione all’Associazione per l’anno 2020 usando il link: https://bit.ly/367OkBn. Per rinnovare l’iscrizione è, invece, necessario utilizzare il link:  https://bit.ly/2R6TQQq. Ringraziamo sin da subito i generosi benefattori. 

Oggi abbiamo pochissimo spazio per l’editoriale, ci rifaremo. «Chi cerca di arricchire non bada a nessun’altra cosa», dice l’Ecclesiastico. Il forziere d’un avaro è la tomba dove giace la vita degl’indigenti. Udite che cosa ci dice Sant’Agostino: «Voi avete lucrato, ma per ciò fare avete offeso Dio: avete acquistato dell’oro e perduta la fede». L’avaro è un idolatra: «Io sono divenuto ricco, mi sono acquistato un idolo» (Osea XII, 8), diceva Efraim, e così ripete l’avaro. E qual è questo suo idolo? Uditelo dal medesimo profeta Osea: «Del loro oro e del loro argento si fecero degli idoli che li condurranno a perdizione». Gli avari amano e adorano le ricchezze, perché ogni loro pensiero ed azione volgono al fine di procacciarsene e di conservarle; ad esse consacrano il corpo, il cuore, l’anima, le sollecitudini, le fatiche, i sudori, i sonni, le veglie, la vita. Obbediscono interamente e ciecamente alla loro passione, e pongono in essa ogni felicità e l’ultimo fine. Per lei trascurano il culto di Dio, ne violano i precetti, ne negano la provvidenza... 

Sentenze da «I Tesori di Cornelio Alapide».

CdP