Stimati Associati e gentili Lettori, chiediamoci col Padre Ippolito Porra - Prontuario del Predicatore, Vol. IV, parte I, pag. 490 e seg., Imprimatur 1934 - cosa sia la bestemmia. «Si peccaverit vir in virum, placari ei potest Deus; si autem in Dominum peccaverit, quis orabit prò eo?» (I. Dei Re, 2). Questa sentenza suona così: «è più difficile ottenere il perdono delle colpe fatte direttamente contro Dio, che di quelle commesse contro gli uomini». Di questo primo genere sono le bestemmie, che sono come tante frecce lanciate contro Dio. I bestemmiatori imitano quei popoli barbari, che, come si dice, quando sentono strepitare il tuono, lanciano le frecce in alto, per opporle alle folgori, oppongono le loro armi alle armi di Dio. Qui si domanda il profeta: «Quem blasphemasti? cantra quem exaltasti vocem tuam?» (IV. Dei Re, 6). «Chi bestemmi? Contro chi lanci il tuo grido diabolico?». Quelle frecce, che tu vibri contro il cielo, ripiomberanno su te stesso. «Sepulcrum patens est guttur eorum» (Salmo, 5). La loro bocca è una tomba sempre aperta. Teodoreto scrive che queste parole riguardano specialmente i bestemmiatori. Da un sepolcro aperto esce un’esalazione fetente, un odore insopportabile, indice di un essere morto, corrotto od in preda alla corruzione. Tomba aperta la bocca del bestemmiatore; le sue bestemmie hanno un odore puzzolente alle orecchie dei cristiani, dei benpensanti, rivoltano. Sono indice che egli è uno spirito morto, corrotto e da chiudersi nell’inferno.
• «Sanctificetur nomen tuum» (San Matteo, 6). La prima domanda, che noi rivolgiamo a Dio nell’orazione domenicale è che «sia santificato il tuo nome». E, secondo alcun dottori, non a caso Gesù Cristo pose prima questa invocazione. Ma perché vedeva la tendenza quasi generale di disonorare il nome di Dio con le bestemmie, per questo nel primo articolo della preghiera, che i cristiani avrebbero recitato ogni giorno, pose la benedizione e la santificazione dell’adorabile Nome divino. Si santifichi il nome di Dio, che è lo splendore e la gloria di Dio stesso, che significa il Suo potere, la Sua santità, la Sua fedeltà, la Sua grandezza!
• Alcuni esempi. Nel villaggio di Edinghausen, non lontano dalla città di Bielfeld, un empio bestemmiatore della religione pensò un giorno di mettere in ridicolo il Sacramento della Eucaristia. Si sedette a mensa con i suoi amici, prese del pane e del vino, pronunciò su di essi le parole della consacrazione, e quindi li distribuì ai compagni. Quando toccò a lui di prendere quel pane e quel vino, si sentì venir male, lasciò cadere il capo sulla tavola, e dopo alcuni secondi era già morto. Questa storia non può essere messa in dubbio. Possa servire di esempio a tutti coloro, che si burlano dei sacri ministri e mettono in ridicolo le verità della religione ! (Smidt).
• Quando Ruperto, elettore palatino, nominato imperatore in luogo di Wenzel di Boemia, andò a Speier, un gran numero di condannati, come solevasi fare nelle elezioni di un nuovo imperatore, gli presentò domanda di grazia. Ruperto, avendo voluto che si prendessero informazioni sulla loro condotta, venne a sapere che uno di essi, cittadino di Speier, era stato esiliato per aver bestemmiato sovente il nome di Dio. Allora l’imperatore diede questa memoranda sentenza: «Farò grazia a tutti, fuorché al bestemmiatore, il quale continuerà a rimanere in esilio: poiché gli uni mancarono verso gli uomini, laddove l’altro peccò contro Iddio stesso e commise il più gran delitto di lesa maestà» (Lohn., Bibl., I, 236).
• Luigi IX, re di Francia, aveva fatto una legge, secondo la quale, a chiunque fosse convinto di bestemmia sarebbe stata forata la lingua con un ferro arroventato. Ora avvenne che un cittadino di Parigi si fece uscire di bocca pubblicamente una bestemmia orribile, e fu accusato davanti al re. Il re gli fece subire la pena stabilita, senza che fosse possibile ottenere grazia. A coloro che volevano intercedere per colui, rispose: «Lo perdonerei volentieri, se si fosse reso colpevole verso di me, ma non perdonerò giammai a colui che insulta pubblicamente alla maestà di Dio. Volentieri mi farei io stesso forare la lingua con un ferro arroventato, se con ciò potessi bandire la bestemmia dal mio regno». Il medesimo re raccomandò al suo figlio che quando fosse giunto a regnare, non lasciasse giammai impunita alcuna bestemmia (Idem., 226).
• Enrico II, re di Francia, ordinò che i bestemmiatori fossero puniti di morte come gli omicidi (Ber. Berc., Stor. Eccl., T. XVIII). Luigi XIV pubblicò anch’egli nel 1666 una legge contro la bestemmia. Tutti quelli che erano convinti d’aver bestemmiato il nome di Dio, della SS. Vergine e dei Santi, erano obbligati a pagare una multa che ogni volta si aumentava. La quinta volta si mettevano alla gogna, dalle ore otto del mattino sino ad un’ora dopo il mezzogiorno. Alla sesta trasgressione si bruciava loro il labbro superiore sul palco, ed alla settima l’inferiore. Se poi non si emendavano, si tagliava loro la lingua. Ancora: erano sottoposti alla multa, anche quelli che non accusavano colui che avessero udito bestemmiare (Idem., Lib. 78).
• Secondo l’antica disciplina ecclesiastica, ecco quali erano le pene che dovevano subire coloro i quali bestemmiavano contro Dio, la SS. Vergine ed i Santi. Il penitente doveva stare in piedi per sette domeniche consecutive innanzi alla porta della chiesa, l’ultima domenica senza mantello ed a piedi nudi con una fune intorno al collo. Inoltre era tenuto per quelle sette settimane a digiunare tutti i venerdì a pane ed acqua. In tutto quel tempo non poteva entrare in alcuna chiesa. Ogni domenica era obbligato a mantenere uno, due, e fino a tre poveri secondo che i suoi mezzi glielo permettevano. Se ricusava di sottomettersi alla penitenza gli era interdetto l’ingresso alla chiesa, e dopo morte gli si negava la sepoltura ecclesiastica (March. Hort., past. 503)
• Citiamo alcuni fatti, proprii a darci un’idea dell’orrore che deve ispirarci la bestemmia ed ogni specie di profanazione del nome di Dio. Quando a san Policarpo fu intimato dal giudice pagano di bestemmiare il Cristo, sotto pena di perdere la vita se non lo facesse, egli rispose con fermezza: «Sono ottantasei anni che lo servo, e non mi ha fatto mai del male; come potrei io bestemmiare il mio Re e il mio Salvatore?». Questo fu il linguaggio di quel santo vegliardo; egli amò meglio morire che bestemmiare il suo Dio (Euseb., Hist. Eccl., lib. 4). Sant’Ignazio di Loyola era solito dire che, se avesse dovuto essere precipitato nell’inferno, il suo maggior tormento sarebbe stato quello di sentir bestemmiare Iddio (Lohn., Bibl., I. 232). San Francesco Saverio scrisse in una delle sue lettere: «Io sono talvolta disgustato della vita, e preferirei morire piuttosto che continuare a vivere in un mondo in cui si bestemmia Iddio così spesso, e dove il suo onore è così indegnamente sconosciuto» (Idem.).
• Un soldato, essendosi confessato di aver l’abitudine di proferire giuramenti e bestemmie, e avendo dichiarato sinceramente che si sarebbe convertito qualora avesse conosciuto qualche rimedio efficace contro quella tendenza, il confessore gli consigliò di chinarsi come se volesse baciare lo sgabello dei piedi del Signore e di recitare questa preghiera: «Signore perdonatemi!». Il soldato seguì il consiglio, e fece grandi progressi nell’opera della sua conversione: ma avendo un giorno, in un combattimento, lasciato cadere la sua spada, proferì un orribile giuramento, e subito s’inchinò verso la terra seguendo il consiglio del suo Confessore. Mentre egli era così curvo, una palla passò sopra il suo capo, e l’avrebbe infallibilmente ucciso se fosse stato diritto. Da quel punto, non si sentirono mai più proferire da lui né giuramenti né bestemmie (Ibid.). Un empio, avendo un giorno proferito delle bestemmie alla presenza di san Girolamo, il Santo gli rivolse severi rimproveri : «I cani, gli disse, abbaiano in difesa del loro padrone; e voi sembra vi meravigliate perché io faccia sentir la mia voce, quando si tratta dell’onore di Dio? Tacerò io, quando si bestemmia il nome del Signore? Iddio me ne guardi! Posso morire, ma tacermi quando ascolto un simile linguaggio, non mai» (Nach., Sturml., B. 4, S. 178).
•Alcune sentenze: 1.- «Se voi amate Iddio nostro Signore con tutto il cuore, ditemi, potete voi ascoltare con indifferenza che si bestemmi e disprezzi il Suo nome, e che, invece di santificarlo, si disonori nella maniera la più vergognosa?» (San Bernardo, Sermone 44 in Cant.). 2.- «Tutti gli altri peccati sembrano derivare piuttosto dalla ignoranza o dalla debolezza umana, ma la bestemmia ha la sua fonte in una perfidia che non appartiene se non a Satana. Più la persona ingiuriata è alta in dignità, e più l’ingiuria è grande; quindi, quale enorme peccato non deve essere mai la bestemmia la quale si rivolge contro Dio stesso!». (Ibid., T. IV, Serm. 33). 3.- «O lingua diabolica, che cosa è mai che può indurti a vomitare bestemmie ed ingiurie contro il tuo Creatore, contro Colui che ti ha redento col sangue del Suo Figliuolo e ti ha consacrato per mezzo dello Spirito Santo, come un istrumento destinato a cantare le Sue laudi e la sua gloria?» (Ibid.). 4.- «Nulla è più odioso della bestemmia: tutte le altre colpe hanno per oggetto le cose di quaggiù, come l’avarizia, la lussuria, la gola: ma la bestemmia colpisce quello che v’è di più sublime, è rivolta al cielo» (San Gerolamo). 5.- «E che! con quella bocca medesima che gusta tutti i giorni tanti benefici di Dio, con quella lingua con la quale pregate, sulla quale ricevete il sacro corpo del Salvatore, oserete proferire delle bestemmie e dei giuramenti contro a Dio?» (Sant’Ephrem). 6.- «Voi che bestemmiate, non temete voi che il fuoco piova dal cielo per divorarvi, o che la terra si apra sotto i vostri piedi per inghiottirvi? Non v’illudete, o uomini: è impossibile sfuggire alla mano della giustizia divina. Iddio non vuole che alcuno si burli di lui» (Didacus, Stella in luce).
(A cura di CdP)