Stimati Associati e gentili Lettori, oggi studieremo la figura di san Giuseppe a partire dal «Dizionario biblico» di mons. Spadafora (Studium, Roma, Imprimatur 1955, pp. 237 e 238). Poi brevemente citeremo numerosi documenti di Magistero dove si celebra lo Sposo di Maria Vergine e padre putativo (Lc. 3, 21) di Gesù, dal Papa Pio IX (8 dicembre 1870) proclamato «Patrono della Chiesa universale».
Il nome (ebraico Iôsef, apocope di Iehôsef) significa «Iahweh accresca». Le fonti per la vita di san Giuseppe sono quasi esclusivamente i brani evangelici (Mt. e Lc.) dell’infanzia di Gesù; gli apocrifi sono soltanto leggendari. Giuseppe era della casa di David: l’Angelo lo chiama infatti «Giuseppe, figlio di David» (Mt., 1, 20; cf. Lc., 2, 4; 3, 23). Il padre si chiamava Giacomo (Iacob) secondo san Matteo (1, 16), Heli secondo san Luca (3, 23): Heli però era o padre legale, o padre adottivo (si studi la Genealogia). Egesippo (Hist. eccl. di Eusebio, 3, 11) ricorda anche un suo fratello di nome Clopa o Cleofa. Forse era oriundo di Nazareth (Lc., 1, 26 s.): esercitava la professione di artigiano (Mt., 13, 55; cf. Mc., 6, 3). La Volgata traduce faber, che più ordinariamente significa fabbro ferraio: il termine greco invece allude piuttosto al falegname o carpentiere, come intendono anche le versioni siriaca, copta, etiopica ed una antichissima tradizione rappresentata da san Giustino (...). L’ultima opinione sembra più probabile, senza negare però che, all’occorrenza, egli facesse anche lavori in ferro ecc.
Il fatto saliente della vita di san Giuseppe è il suo matrimonio con la Vergine Maria, avvenuto certamente in età giovanile o nella prima età virile, contrariamente a quanto hanno sognato gli apocrifi ed anche qualche scrittore ecclesiastico. Il Vangelo chiama a più riprese Giuseppe sposo di Maria e Maria sposa di Giuseppe (Mt., 1, 19.20.24; Lc., 1, 27; 2, 5): vero matrimonio dunque quello di Giuseppe, anche se verginale come risulta dal voto di castità della Madonna (Lc., 1, 34) e dal dogma della sua perpetua verginità. Non molto dopo il matrimonio si accorse dei segni di maternità della sposa (Mt., 1, 18 s.) e pensò di «rimandarla segretamente»: infatti «essendo giusto» (ibid.) e non avendo il minimo sospetto sull’integrità della sposa, davanti all’incomprensibile voleva celare il mistero ed eclissassi personalmente. Un Angelo gli annunzia il concepimento verginale di Maria (ibid., 1, 20) ed egli «prese presso di sé la sua sposa» (ibid., 1, 24). Non è certo se, quando tutto questo accadde, Maria e Giuseppe erano solo fidanzati (come sembrano pensare con i Padri Greci i più degli esegeti moderni) o già sposati e perciò coabitassero insieme (come pensano invece i Latini e non pochi esegeti odierni). In ogni modo si ricordi che il fidanzamento presso gli Ebrei creava già il vero vincolo matrimoniale.
Nell’imminenza della nascita di Gesù, Giuseppe si reca Betlem per iscriversi nelle liste del censimento ordinato da Ottaviano Augusto (Lc., 2, 1-7). Fu presente alla divina natività nella grotta (ibid., 2, 7) ed all’adorazione dei pastori (ibid., 2, 16). All’ottavo giorno impose al neonato il nome rivelato dall’Angelo (Lc., 2, 21.25). Nella Presentazione di Gesù al tempio, Giuseppe, in quanto capo della Sacra Famiglia, portò l’offerta rituale dei poveri per il riscatto del primogenito (Lc., 2, 22 ss.). Fu presente all’incontro del santo vecchio Simeone col Fanciullo e ne ricevette anche la benedizione (ibid., 2, 33 ss.). Dopo la Presentazione ritornò a Betlem, dove, alcuni mesi più tardi, i Magi troveranno la Sacra Famiglia (Mt., 2, 1-12). Nella notte stessa della partenza dei Magi un Angelo gli appare ancora e gli dice di fuggire in Egitto per salvare la vita del Fanciullo dalle insidie di Erode (ibid., 2, 13 ss.): alla morte poi del tiranno l’Angelo gli riappare e lo esorta a ritornare in patria (ibid., 2, 19-21). Pensava di stabilirsi a Betlem, ma, saputo che Archelao regnava nella Giudea al posto del padre, ebbe timore di andarvi: un Angelo gli appare di nuovo e lo ammonisce di fissare la sua dimora a Nazareth (ibid., 2, 22 s.). Ivi egli visse nel silenzio con Maria e con Gesù (Lc., 2, 40), provvedendo a tutte le necessità domestiche.
Ritroviamo ancora san Giuseppe nell’occasione del pellegrinaggio pasquale di Gesù a 12 anni (Lc., 2, 41 ss.); e con Maria soffrì per lo smarrimento di Gesù: «...Ecco che tuo padre ed io dolenti ti cercavamo» (ibid., 2, 48). Dopo di che la Sacra Famiglia ritornò a Nazareth e di Gesù si dice che obbediva a Maria ed a Giuseppe (ibid., 2, 51) e cresceva sotto i loro occhi «in sapienza, in statura ed in grazia» (ibid., 2, 52). A questo punto san Giuseppe scompare dal Vangelo. La sua morte deve essere avvenuta prima dell’inizio della vita pubblica di Gesù. Infatti mentre la gente ricorda sua Madre ed i suoi cugini (Mt., 13, 55; Mc., 6, 3), non ricorda mai Giuseppe, e, parlando di Gesù, lo chiama semplicemente «il figlio di Maria» (Mc., 6, 3). Di san Giuseppe, il Vangelo dice soltanto che era «giusto» (Mt., 2, 19), perfetto cioè nei suoi rapporti con Dio e col prossimo. La missione affidatagli da Dio è indice della sua mirabile santità.
• Sotto Papa Pio IX, con il decreto «Inclytus Patriarcha Joseph» (1847) si estende alla Chiesa universale la Festa del Patrocinio di san Giuseppe. Nella «Maxima quidem» (1862) si chiede prima il «suffragio del santo Sposo della stessa Vergine, Giuseppe», poi «dei Santissimi Apostoli Pietro e Paolo, nonché di tutti i Celesti». Con il decreto «Quemadmodum Deus» (1870) si proclama san Giuseppe Patrono della Chiesa universale. San Giuseppe è secondo solo alla Vergine Maria nel potere di intercessione. Nel decreto «Inclytum Patriarcham» (1871) si riconosce a san Giuseppe il diritto ad un culto superiore a quello degli altri Santi.
• Papa Leone XIII affida il suo Pontificato alla «potentissima protezione di san Giuseppe, celeste Patrono della Chiesa» (1878). Nella «Aeterni Patris» (1879) conclude pregando il «purissimum Virginis sponsum B. Josephum». Nella «Sancta Dei civitas» (1880) si raccomanda al «purissimum eius [della Vergine Maria, ndR] Sponsum, quem plures missiones iam sibi praestitem custodemque adsciverant et nuper Apostolica Sedes universae Ecclesiae Patronum dedit». Nella lettera «Militans Iesu Christi Ecclesia» (1881) affida a san Giuseppe il Giubileo straordinario. Ed ancora invoca la potete intercessione di san Giuseppe nella «Diuturnum illud» (1881), nella «Etsi nos» (1882). Nell’enciclica contro la massoneria «Humanum genus» (1884) afferma: «item Iosephum Virginis sanctissimae Sponsum, Ecclesiae catholicae patronum caelestem salutarem». Nella «Quamquam pluries» (1889) illustra la dottrina teologica su san Giuseppe. Nella «Quod paucis abhinc» (1890) concede agli spagnoli il precetto per la Festa di san Giuseppe: «hunc sane honorem beatissimo Viro deberi nemo est qui non videat». Nella «Quod erat» (1891) asserisce che, per conservare inalterata la fede e per vivere cristianamente, «nulla è più efficace che meritarsi il patrocinio di san Giuseppe e così ottenere ai devoti del suo castissimo sposo il favore di Maria, Madre di Dio». Nella «Neminem fugit» (1892) spiega la partecipazione intima di san Giuseppe nella dignità della Sacra Famiglia: «I padri di famiglia, infatti, hanno in Giuseppe una chiarissima norma della vigilanza e della provvidenza paterna (...). Hanno, infatti, in comune con la Sacra Famiglia le fatiche, in comune le preoccupazioni della vita quotidiana; anche Giuseppe dovette provvedere col suo salario alle necessità della vita; che anzi le stesse mani divine attesero al lavoro del carpentiere (...). Giuseppe Sposo santissimo, che svolgeva il compito di padre verso Gesù. Nessun dubbio che fra tutte quelle lodi, che nella società e vita familiare provengono dalle mutue attenzioni della carità, dalla santità dei costumi, dall’esercizio della pietà, la più eccellente d’ogni altra sia rifulsa in quella Sacra Famiglia, che doveva essere di esempio in tutto questo alle altre».
• Papa san Pio X nella «E supremi apostolatus» (1903) conclude così: «esortiamo a considerare come intercessori anche il castissimo Sposo della Madre di Dio, patrono della Chiesa cattolica, ed i santi Pietro e Paolo, prìncipi degli Apostoli».
• Papa Benedetto XV nella «Bonum sane» (1920) esalta la devozione a san Giuseppe come rimedio per i problemi del dopoguerra. Dice pure: «Egli [san Giuseppe, ndR] è meritamente ritenuto come il più efficace protettore dei moribondi, essendo spirato con l’assistenza di Gesù e di Maria, sarà cura dei sacri Pastori di inculcare e favorire con tutto il prestigio della loro autorità quei pii sodalizi che sono stati istituiti per supplicare [san] Giuseppe a favore dei moribondi, come quelli “della Buona Morte”, del “Transito di san Giuseppe” e “per gli Agonizzanti”». Nella «Spiritus Paraclitus» (1920), sulla corretta interpretazione della Sacra Scrittura contro i novatori, afferma: «Come sono abili [i moderni, ndR] a trasformare in loro favore le parole di Girolamo! Ma non è possibile avere dubbi sul suo esatto pensiero: egli non afferma che nell’esposizione dei fatti lo scrittore sacro si appropria di una falsa credenza popolare a proposito di dati che ignora, ma dice soltanto che nella designazione delle persone e degli oggetti egli usa il linguaggio corrente. Così, quando uno scrittore chiama San Giuseppe “padre di Gesù”, indica chiaramente in tutto il corso della sua narrazione come intenda questo nome di “padre”».
• Papa Pio XI spiega perché «il titolo di Patrono della Chiesa appartenesse a san Giuseppe già dal tempo in cui era capo della santa Famiglia (...). Sostiene la superiorità di san Giuseppe su san Giovanni Battista (...). Propone Maria e Giuseppe come il primo divino esempio dell’educazione cristiana (...). Mostra la connessione di san Giuseppe con l’unione ipostatica in Gesù» (cf. Documenti di Magistero, Movimento Giuseppino). Nella «Ad sacerdotii catholici» (1935) il Pontefice asserisce: «L’alta stima in cui il Divino Maestro mostrò di avere la castità, esaltandola come cosa superiore alla comune capacità, il saperlo “fiore di Madre Vergine” e fin dall’infanzia allevato nella famiglia verginale di Maria e Giuseppe». Nella «Divini Redemptoris» (1937) si legge: «Per affrettare la tanto da tutti desiderata pace di Cristo nel regno di Cristo [Litt. Encycl. Ubi arcano, 23 Dec. 1922 (A.A.S., vol. XIV, p. 691)], poniamo la grande azione della Chiesa Cattolica contro il comunismo ateo mondiale sotto l’egida del potente Protettore della Chiesa, san Giuseppe. Egli appartiene alla classe operaia ed ha sperimentato il peso della povertà, per sé e per la Sacra Famiglia, di cui era il capo vigile ed affettuoso; a lui fu affidato il Fanciullo divino, quando Erode sguinzagliò contro di Lui i suoi sicari. Con una vita di fedelissimo adempimento del dovere quotidiano, ha lasciato un esempio a tutti quelli che devono guadagnarsi il pane col lavoro delle loro mani e meritò di essere chiamato il Giusto, esempio vivente di quella giustizia cristiana, che deve dominare nella vita sociale».
• Papa Pio XII nella «Si nobis suave» (1939) conclude così: «auspice et praelucente Sancto Joseph, Beatae Mariae Virginis Sponso et Ecclesiae Patrono, cuius sollemnitatem hanc per hebdomadam celebramus. Tenet Ipse manu Florem convallium ac Panem vitae, quem vobis pie porrigit, ut ceteris praebeatis». In vari luoghi afferma «che Maria “ha provato tutte le ineffabili gioie della convivenza domestica, allietata dall’amore più puro di uno sposo castissimo e dal sorriso e la tenerezza di un Figlio che era al tempo stesso Figlio di Dio” (...). Descrive san Giuseppe nella sua funzione di capo di famiglia (...). Ripropone san Giuseppe come patrono e modello degli operai (...). Invoca san Giuseppe come “esempio perfetto di corrispondenza alle chiamate divine” (...). Agli studenti inculca la devozione a san Giuseppe, del quale descrive l’ufficio, la santità e la personalità» (cf. Documenti di Magistero, Movimento Giuseppino). Ne parla anche nella «Exul Familia» (1952), di cui già si è scritto a proposito della vera carità crisitiana su emigrazione ed immigrazione, ben diversa dalla massonica e mondialista filantropia. Nella «Sacra Virginitas» (1954) dice che «il nostro Redentore ha amato tanto il fiore del pudore intatto che non solo volle nascere dal seno di una Vergine, ma volle essere affidato anche alle cure di un custode vergine». Nella «Haurietis aquas» (1956) riferisce del rapporto di Gesù con san Giuseppe: «Palpitava altresì d’amore il Cuore del Salvatore, sempre in perfetta armonia con gli affetti della sua volontà umana e con il suo amore divino, quando Egli intesseva celestiali colloqui con la sua dolcissima Madre, nella casetta di Nazareth, e col suo padre putativo Giuseppe, cui obbediva prestandosi come fedele collaboratore nel faticoso mestiere del falegname».
Pubblichiamo su questo numero, sebbene in ritardo, anche il Triduo e la Novena in onore di san Giuseppe, affinché tramite il giornale, e prima ancora tramite il sito, ognuno di noi possa diligentemente conservare, praticare e diffondere queste pie pratiche. San Giuseppe prega per noi!
(A cura di CdP)