Stimati Associati e gentili Lettori, dalla scorsa settimana abbiamo iniziato a riportare ed a studiare alcuni punti del decreto Lamentabili Sane Exitu. Come già facemmo per il Sillabo, proseguiremo settimanalmente fino al termine anche di questo importante documento. Oggi ci occupiamo, per meglio comprendere il valore del Lamentabili e del Sillabo, soprattutto del Divino Magistero della Chiesa, partendo dal Capitolo I del libro di Commento al Decreto Lamentabili ..., Editori Pontifici, Roma, 1914, scritto da Mons. Francesco Heiner ed introdotto dal Card. Merry Del Val (a nome del Sovrano Pontefice, san Pio X). Prima di entrare nel vivo della questione urge tuttavia parlare nuovamente di Dio e dei Suoi castighi. La questione è tornata improvvisamente di moda visto che alcuni cosiddetti “credenti” continuano a negare che Dio possa castigare, tanto che con il nostro Centro Studi Vincenzo Ludovico Gotti abbiamo già diffuso sul web la Breve ricerca sui castighi per i trasgressori della legge divina. Cercheremo di sintetizzarla in questo Comunicato numero 34. Papa Benedetto XV nel Discorso ai Predicatori (19.2.1917) insegna: «Lo spirito del cristiano consiste nel riconoscere Iddio come nostro Padrone assoluto e come nostro Sovrano Legislatore. […] Tutto ciò che accade nel mondo dev’essere spiegato alla luce della fede. […] Questo ammirabile lume […] ci fa comprendere che le private sventure sono meritati castighi, o almeno esercizio di virtù per gli individui, e che i pubblici flagelli sono espiazione delle colpe onde le pubbliche autorità e le nazioni si sono allontanate da Dio». La sola menzionata dichiarazione pontificia, che evidentemente poggia già sull’interpretazione infallibile della Scrittura da parte della legittima Autorità, stanti i dogmi enunciati p. es. nella Pastor Aeternus (18.07.1870) e nella Providentissimus Deus (18.11.1893), ci obbliga a credere che Dio sia anche castigatore. Vediamo, ora, il nesso fra il castigo di Dio ed i terremoti. Papa Pio IX nella Cum Nuper (20.2.1858) parla di «[…] acerbissimo dolore […], allorché abbiamo avuto notizia che nello scorso mese di dicembre molte città di codesto Regno furono talmente sconquassate da grandi terremoti che molte persone, travolte dalle rovine di edifici cadenti, in modo miserando hanno perso la vita». Stando all’insegnamento della Prima Cattedra, la spiegazione al cataclisma è la seguente: «[…] Vi sono noti i passi della Sacra Scrittura, che chiaramente e palesemente insegnano che tali castighi di Dio sono provocati dalle colpe degli uomini». Il Pontefice non può essere accusato di falsa interpretazione della Scrittura o di menzogna, questo se si vuol rimanere cattolici (cf. Mystici Corporis, Pio XII, 29.6.1943; Pascendi Dominici Gregis, san Pio X, 8.9.1907; etc.). Più recentemente, Papa Pio XII, nella Ingruentium malorum (15.09.1951) attesta il rapporto i fra castighi di Dio e la corruzione dei bambini (es. il Gender): «Non possiamo in alcuna maniera passare sotto silenzio un nuovo misfatto […] Ci riferiamo a quella iniqua campagna che gli empi conducono a danno della candida innocenza dei fanciulli […]. Non deve destare molta meraviglia il fatto, che tanti popoli gemano sotto il peso dei divini castighi, e vivano sotto l’incubo di calamità ancora maggiori». Contro il castigo di Dio del cosiddetto femminismo, Papa Pio XII si esprime il 12.03.1953 nel Discorso alla gioventù femminile. Difatti le vere donne cristiane, ossia le non femministe: «[sono] potenti ad impetrare grazie, [sono] modelli viventi per chi vuole entrare nel regno dei cieli, esse distornano i castighi divini dalle nostre famiglie e dalle nostre città». Per conseguenza, le femministe evidentemente attirano o sono «castighi divini sulle nostre famiglie e sulle nostre città». Nel Discorso ai profughi di guerra (12.3.1944), il Pontefice imputa ai peccati degli uomini anche il castigo di Dio della guerra: «[…] Portate anche voi la vostra [croce] in penitenza ed in espiazione dei peccati vostri e altrui, che hanno provocato i giusti castighi di Dio». Ribadisce il concetto pure nel Discorso ai giuristi circa l’aiuto dei carcerati del 26.05.1957. Appurato che Dio certamente castiga permettendo (o con) guerre, pestilenze, cataclismi ed altro, vediamo se regge anche la correlazione fra castighi e “legislazione” iniqua, come p. es. il preteso riconoscimento delle “unioni civili”. In Dall’Alto (15.10.1890), Papa Leone XIII spiega che i castighi provengono anche dalla separazione “legislativa” fra Stato e Chiesa: «[...] Come nell’ordine sociale la guerra fatta alla religione riesce funestissima e sommamente micidiale all’Italia, così nell’ordine politico […] è per l’Italia sorgente di grandissimi danni. […] Vuol dire alimentare nel seno della nazione […] i germi funesti di mali e di castighi gravissimi». Già Papa Pio VI si era espresso nella Quae Causa (24.11.1792): «Ci incalzano infatti minacce ostili, e ogni giorno maggiori pericoli ci sovrastano. […] Si deve bussare senza intermissione alle porte della misericordia, fintanto che l’ira di Dio, eccitata dai nostri peccati [anche collettivi], si converta alla compassione […]. Dio infatti non vorrebbe castigarci». Papa Gregorio XVI in Mirari Vos (15.8.1832) insegna che la pretesa “libertà” di andare contro l’Ordine divino e naturale è davvero un «delirio».
Per semplicità citiamo il Catechismo di san Pio X, n° 154 seg.: «I peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio perché sono dei più gravi e funesti? Risposta. I peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio sono dei più gravi e funesti, perché direttamente contrari al bene dell’umanità e odiosissimi, tanto che provocano, più degli altri, i castighi di Dio». Questi peccati sono: «I. Omicidio volontario; II. Peccato impuro contro natura; III. Oppressione dei poveri; IV. Defraudare la giusta mercede agli operai». Nella Notre Charge Apostolique (25.10.1910) il Santo Pontefice spiega perché Dio ci castiga a causa dei nostri singoli peccati e di quelli collettivi e “legislativi”. Il dogma della Regalità Sociale di Cristo, oggi interamente rigettato dai sedicenti “legislatori”, è contenuto nella Quas Primas di Papa Pio XI (11.12.1925), materia che abbiamo già studiato sul numero 32 di Sursum Corda. Il Sommo Aquinate insegnava che la “legge” iniqua: «scostandosi dalla ragione, non ha natura di legge, ma piuttosto di violenza» (cf. Somma Theologiae, I-II, q. 93, a. 3). Se consideriamo che i quattro gravissimi peccati summenzionati da san Pio X, tanto gravi da «gridare vendetta al cospetto di Dio» e da «meritarci i castighi», sono oggi tutti promossi e “giuridicamente” imposti dal “legislatore”, non possiamo e non dobbiamo affatto stupirci per flagelli, sventure e castighi divini. Potremmo andare a ritroso, citando la medesima dottrina (cf. Dei Filius, Pio IX, 24.4.1870), ripercorrendo tutti gli insegnamenti dei Pontefici e le testimonianze storiche, fino alla parola dello stesso Sommo Legislatore: «[...] et ecce velum templi scissum est a summo usque deorsum in duas partes, et terra mota est».
(A cura di CdP)