Stimati Associati e gentili Sostenitori, il Catechismo di Papa San Pio X, al numero 249, ci insegna come si dà prova di carità. L’uomo moderno, tutto contagiato di ideologia massonica, crede che «fare la carità» sia sinonimo di proclamarsi filantropo. Ordinariamente immagina di donare a qualcuno il superfluo del superfluo per poi vantarsi di essere filantropo e caritatevole. Vuole proclamare l’accoglienza imprudente per il “migrante”, per poi sbattere la porta in faccia al vicino bisognoso. Ecco a cosa si riduce, nella migliore delle ipotesi, la carità per l’uomo moderno. Ebbene è tutto falso e sbagliato: questo è diabolico massonismo, oltre che peccato mortale. Si dà prova di carità, insegna il Santo Pontefice Pio X, «osservando i Comandamenti ed esercitando le opere di misericordia e, se Dio chiama, seguendo i consigli evangelici». Ci faremo aiutare dal Padre Dragone (Catechismo commentato, editore CLS Verrua Savoia, n° 249 e successivi) per il commento.
• Si dà prova della carità osservando i Comandamenti. 1) Carità verso Dio. Chi ama Dio compie la Sua volontà espressa nei divini Comandamenti : « Se mi amate, osservate i miei Comandamenti... Chi accoglie i miei Comandamenti, e li osserva, è segno che mi ama davvero, e chi ama me sarà amato dal Padre mio e io pure lo amerò e gli manifesterò me stesso... Chi non mi ama, non osserva la mia Parola» (Gv. 14, 15.21.24).
• 2) Carità verso il prossimo. È volontà di Dio che noi amiamo il prossimo, compresi i nemici (Catechismo numeri 242-243). Gli ultimi sette Comandamenti del decalogo c’impongono l’amore del prossimo, che deve beneficare l’anima e il corpo dei fratelli e che si concreta nelle opere di misericordia corporale e spirituale.
• Ed esercitando le opere di misericordia. 1) Opere di misericordia spirituale. Sono le opere più meritorie perché si dirigono alla parte più nobile del nostro prossimo e procurano i beni migliori:
• Consigliare i dubbiosi. Il dubbio è un’incertezza che non lascia distinguere ciò che si deve fare o evitare. Nei tiepidi il dubbio genera l’indifferenza; nei fervorosi tormento e ansietà. A tutti impedisce di agire e di progredire nella virtù e nella carità. È opera di squisita carità e altamente meritoria illuminare i dubbiosi, liberandoli dal tormento che li opprime o preservandoli dall’indifferenza e dalle cadute, e spianando la via al progresso nell’amor di Dio. (I sapienti possono consigliare i dubbiosi. Altrimenti è meglio tacere, ndr.).
• Insegnare agl’ignoranti. Opera di carità molto meritoria è insegnare le verità necessarie alla salute eterna a chi le ignora con o senza colpa. Opera gradita a Dio è anche insegnare la scienza necessaria alla vita per mezzo della scuola, avviare a un mestiere, preparare i giovani ad affrontare la vita... Ai nostri giorni è più necessario istruire gl’ignoranti che dare il pane materiale ai poveri, pur tanto numerosi e bisognosi! (Vale la massima che chi non conosce sapientemente qualcosa non può pretendere di insegnarla a terzi. Chi non sa, è meglio che taccia, ndr.)
• Ammonire i peccatori. San Tommaso insegna che come siamo obbligati a dare l’elemosina ai poveri nelle necessità gravi e urgenti, così abbiamo il dovere di aiutare i peccatori con la correzione fraterna, per aiutarli a sfuggire il male supremo dell’eterna dannazione. Nessuno più del peccatore ha bisogno di essere corretto e ricondotto sulla buona strada con amore e carità fraterna. (Teniamo a mente la tremenda ed imprescindibile sentenza del Maestro: «Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello», ndr.).
• Consolare gli afflitti. L’afflitto privo di consolazione è in pericolo di cadere nella disperazione, o almeno nella malinconia, e di trovarsi come paralizzato nel fare il bene. La fede è il mezzo migliore e più efficace per consolare gli afflitti. (Una preghiera recitata con l’afflitto vale più di mille rassicurazioni mondane, ndr.).
• Perdonare le offese. Dobbiamo perdonare sempre, prontamente, generosamente, e facilitare così il pentimento e la riparazione di chi ci ha offesi, che non potrà ottenere perdono se prima non ripara i danni che ci ha fatto. È carità squisita andargli incontro fraternamente, senza rancori.
• Sopportare pazientemente le persone moleste. Sono molesti i chiacchieroni inconcludenti, i fanfaroni, i millantatori, i malinconici, i superbi, i caratteri spigolosi, permalosi, ombrosi, i malati impazienti, tutti coloro che non sanno raccontare altro che i loro guai. Il mondo è pieno di persone moleste! La carità ci comanda la pazienza, la dolcezza, l’affabilità anche con le persone moleste, verso le quali è così difficile non inquietarsi. Chi pratica quest’opera si santifica indubbiamente!
• Pregare per i vivi e per i defunti. San Giacomo a nome di Dio ci esorta: «Pregate l’un per l’altro, affinché siate salvi» (5, 16), e Gesù ci ha insegnato a pregare per tutti, anche per i nemici, specialmente nel «Pater». Tutti gli uomini hanno bisogno della carità delle nostre preghiere, specialmente i peccatori, gl’infermi, i bambini, gl’infedeli, i moribondi, gli erranti, i nemici... Speciale bisogno delle nostre preghiere e dei nostri suffragi hanno i defunti del Purgatorio. (Le preghiere interconfessionali o cosiddette ecumeniche sono peccato mortale e sono condannate dalla Chiesa, ndr.).
• Ed esercitando le opere di misericordia. Opere di misericordia corporale.
• Dar da mangiare agli affamati. Nostro Signore non esitò a compiere miracoli per saziare gli affamati. È certo molto meritorio dare da mangiare a chi ha fame, ma non meno gradito a Dio è procurare lavoro a chi è disoccupato. Da quest’opera di misericordia corporale dipende in gran parte la soluzione dell’annosa e immane questione sociale.
• Dar da bere agli assetati. La sete è uno dei maggiori tormenti che possano affliggere il prossimo. Dio per dissetare il popolo fece scaturire l’acqua dalla viva roccia nel deserto (Es. 17, 1-7), e Gesù Cristo promette di ricompensare anche un solo bicchiere d’acqua fresca dato a un povero per amor Suo. (N.B. Per amor Suo, per amore di Dio: non per vanagloria, ndr.).
• Vestire gl’ignudi. Degno di grande ricompensa in cielo è dare al prossimo bisognoso quanto gli occorre per coprirsi decentemente e ripararsi dal freddo. (Ai poveri si regalano vestiti decenti, onesti e puliti. Non stracci puzzolenti e poco onesti o poco decenti, ndr.).
• Albergare i pellegrini. Gesù Cristo per ricompensare la carità ospitale di Marta e Maria, che spesso lo accoglievano in casa loro, risuscitò il loro fratello Lazzaro, morto da quattro giorni. Dio ricompenserà abbondantemente coloro che ospitano i viandanti poveri, che non possono soggiornare all’albergo, dando loro ricovero per la notte e il cibo che permetta di ristorare le forze e di riprendere il viaggio. (L’ospitalità va data secondo il criterio della prudenza. Se manca la prudenza, mancano anche le altre virtù. Occhi aperti, ndr.).
• Visitare gli ammalati. Nostro Signore volle inculcare la carità e la cura degli ammalati raccontando la meravigliosa parabola del buon samaritano. Egli stesso volle visitare e guarire la suocera di Pietro. (Quando si visita un ammalato è buona cosa pregare insieme e leggere qualcosa di veramente cattolico. Casomai parlare con dolcezza dei Novissimi. Le parole vane, le letture indecenti, le opinioni non ortodosse vanno bandite, ndr.).
• Visitare i carcerati. I carcerati hanno bisogno di conforto per non avvilirsi, di incoraggiamento, di buoni consigli per ritornare sulla buona strada. Spesso abbisognano anche di cibo e di vestiti. Il visitarli spesso con spirito di carità fraterna è il mezzo più efficace per riabilitarli se sono colpevoli, per sostenerli se sono innocenti. (Come sopra, ndr.).
• Seppellire i morti. Dio per premiare la carità che Tobia esercitava nel seppellire i morti, gli mandò un arcangelo che si fece guida di suo figlio, lo salvò da pericoli mortali, lo fece ricco e sposo felice, ridiede la vista al vecchio Tobia e gli diede la certezza che le sue opere erano gradite a Dio. Seppellire i morti è un dovere per ciascuno quando chi ne ha l’incarico dalla pubblica autorità non possa o non voglia compiere il suo ufficio. Rientra in quest’opera di carità anche il partecipare ai funerali e alle altre opere di suffragio per i defunti, recando così conforto anche ai loro parenti. Rientra infine in quest’opera di misericordia visitare le tombe e onorarle. (La pratica massonica della cremazione è condannata dalla Chiesa, ndr.).
• E, se Dio chiama, seguendo i consigli evangelici. A tutti Dio impone l’obbligo di osservare i Comandamenti. Ad alcuni riserva grazie speciali e li chiama ad una vita più perfetta e di maggior carità, in cui all’osservanza dei voti si aggiunge quella dei consigli evangelici di vita perfetta nella povertà volontaria, nella castità perpetua, nell’obbedienza perfetta. Il seguire la chiamata di Dio alla vita dei consigli evangelici è una prova di carità più alta verso Dio e verso il prossimo.
• Tutta la morale cristiana si riassume nell’esercizio delle opere di carità spirituale e corporale, fatte per amor di Dio. (Non per vanagloria, per vanto, per mondanità, ndr.). Esempio. Il giudizio di Dio ci esaminerà sulle opere di carità. Quando poi il Figlio dell’uomo verrà nella Sua gloria e con lui tutti gli angeli, allora Egli si sederà sul trono della sua gloria; e tutte le nazioni si raduneranno dinanzi ai Lui e separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capretti, mettendo le pecore alla Sua destra e i capretti alla sinistra. Allora il Re dirà a quelli che saranno alla Sua destra: «Venite, benedetti dal Padre mio, e prendete possesso del Regno che vi è stato preparato fin dall’origine del mondo. Perché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi avete dato da bere; fui pellegrino e voi mi accoglieste; nudo e mi vestiste, malato e mi visitaste; prigioniero e veniste a trovarmi». Allora i giusti gli domanderanno: «Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo veduto pellegrino e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? O quando mai ti abbiamo veduto malato o prigioniero e siamo venuti a trovarti?». E il Re risponderà: «Vi dico in verità: ogni volta che avete fatto questo a uno di questi minimi fra i miei fratelli, lo avete fatto a me». A quelli invece che saranno alla sinistra dirà: «Via da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ebbi fame e non mi avete dato da mangiare; ebbi sete e non mi deste da bere; fui pellegrino e non mi ospitaste; nudo e non mi vestiste; infermo e prigioniero e non mi veniste a trovare». Allora anche questi gli domanderanno: «Ma quando, o Signore, ti abbiamo visto affamato o assetato o pellegrino o nudo, o infermo, o prigioniero e non ti abbiamo assistito?». E allora Egli risponderà: «Ogni qualvolta non avete fatto questo a uno di questi, non l’avete fatto a me». E questi andranno all’eterno supplizio, e i giusti alla vita eterna (Mt. 25, 31-46). (N.B. Chi vive in stato di peccato mortale è privato della grazia di Dio e va all’Inferno a prescindere dal millantato esercizio di alcune opere più o meno meritorie. Il vero amore, come insegna Gesù, è prima di dutto: Osservare i Comandamenti ed i Precetti, ndr.).
• Che cosa sono i consigli evangelici? I consigli evangelici sono esortazioni che Gesù Cristo fece nel Vangelo ad una vita più perfetta, mediante la pratica di virtù non comandate. Ed ecco avvicinarglisi uno che gli disse: «Maestro buono, che farò io di bene per ottenere la vita eterna?». Gesù gli rispose: «Perché m’interroghi di ciò che è buono? Uno solo è buono, Dio. Ora, se vuoi entrare nella vita, osserva i Comandamenti». «Quali?» domandò egli. E Gesù: «Non ucciderai, non commetterai adulterio; non ruberai; non dirai falsa testimonianza; onora tuo padre e tua madre (ovvero i superiori e la legittima autorità, ndr.); amerai il tuo prossimo come te stesso (non commettendo peccato e non trascinandolo teco al peccato, ndr.), eccetera...». Soggiunse allora il giovane: «Tutti questi Comandamenti io li ho già osservati fin dalla mia infanzia. Che cosa mi manca ancora?». E Gesù gli rispose: «Se vuoi essere perfetto, va, vendi quello che hai, dallo ai poveri, e ne avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Udite queste parole il giovane se ne andò via afflitto, perché aveva molti beni (Mt. 19, 16-22).
• Per salvarsi è necessario possedere almeno la perfezione essenziale, che impongono a tutti i divini Comandamenti e che consiste nella pratica della virtù della religione (primo, secondo e terzo Comandamento), dell’obbedienza (quarto Comandamento), dell’amor del prossimo (quinto Comandamento), della purezza (sesto e nono), della giustizia (settimo e decimo), della veracità (ottavo) e delle altre virtù comandate, che si compendiano tutte nelle quattro cardinali e si riducono alla carità.
• Oltre la perfezione essenziale, obbligatoria per tutti, vi è anche una perfezione integrale, che consiste nella pratica di alcune virtù non comandate, ma consigliate come una via migliore e più perfetta di quella dei Comandamenti.
• Il settimo Comandamento obbliga a rispettare la giustizia e proibisce di commettere ingiustizie per amore delle ricchezze; il sesto e nono Comandamento impongono la pratica essenziale della castità; il quarto Comandamento l’obbedienza ai genitori e superiori. Con l’esempio e con la parola Gesù consigliò un modo più perfetto di osservare queste virtù, esortando alcune anime (per esempio il giovane ricco) a praticare liberamente («se vuoi essere perfetto») la povertà volontaria dello spogliamento totale («va, vendi quello che hai, dallo ai poveri»), la castità perpetua («vieni» tu solo, rinunciando a tutti) e l’obbedienza perfetta («seguimi»). Non si tratta di un comando, ma di un’esortazione a una vita più perfetta, di maggior rinuncia e di maggior carità.
• Catechista, tra i tuoi fanciulli, non v’è n’è nessuno chiamato a seguire la via dei consigli evangelici nella vita religiosa? È dovere dei catechisti e degli educatori aiutare le vocazioni. Esempi. Il giovane ricco; vedi sopra. Un bell’esempio di distacco dal mondo e di generosità nel seguire la via dei consigli evangelici ce lo diede Carlomanno, figlio di Carlo Martello, signore della Francia orientale. Dopo aver dato grandi prove di valore sui campi di battaglia ed esser rimasto vedovo, si spogliò di tutti i suoi beni, venne in Italia e si fece monaco benedettino, prima al Soratte e poi a Monte Cassino. Non reputava nessun ufficio indegno di sé e fu visto, colui che un tempo sedeva sul trono e sterminava i nemici in battaglia, aiutare umilmente e serenamente il cuoco nei servizi più semplici e bassi della cucina.
(Preghiamo per l’anima del Padre Dragone e preghiamo per il Centro Librario Sodalitium che pubblica tanti bei libri di buona stampa, ndr.).
Approfondimenti a cura di Carlo di Pietro