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• La vocazione viene da Dio. Vi è una doppia vocazione ed elezione; l’una per la fede e la grazia, l’altra per la felicità e la gloria; l’una per vivere di Dio e per Iddio quaggiù, l’altra per godere Dio in cielo. La vocazione è la conseguenza dell’elezione. Dio elegge, poi chiama. «Dio ci previene per chiamarci, scrive Sant’Agostino, ci segue per glorificarci». Vi è inoltre una vocazione speciale per la perfezione e per il ministero evangelico. Da Dio fu chiamato Abramo e costituito padre del popolo del Signore, affinché dalla sua stirpe nascesse il Messia (Gesù Cristo). Dio sceglie e chiama Mosè perché sia il capo del suo popolo e lo liberi dalla schiavitù d’Egitto. Dio elegge e manda i profeti. Dio sceglie i sacerdoti, i religiosi, le vergini. Dio dà a ciascuno la propria vocazione. Narra San Luca, che Gesù Cristo «chiamati a sé i discepoli, ne scelse dodici fra di loro, i quali chiamò Apostoli», ed ai quali poi diceva: «Non voi avete eletto me, ma io ho scelto voi, e vi ho dato per missione di andare e portare frutti». San Paolo in Galati dice di se stesso, che Dio lo aveva separato e riservato a sé fin dal seno di sua madre, e lo aveva chiamato per sua grazia.
• Dio ci chiama in due modi: 1° esteriormente, per mezzo degli esempi, delle prediche, delle letture, delle croci...; 2° interiormente, per mezzo della grazia preveniente..., eccitante... Per qual fine Dio ci chiami, ce lo insegna San Paolo dove scrive ai Tessalonicesi: Dio vi ha scelto dal principio per la salute nella santificazione dello Spirito e nella fede della verità; alla quale salute vi ha chiamati mediante il nostro Vangelo, affinché acquistiate la gloria del nostro Signore Gesù Cristo. Ce lo accenna il divin Maestro nelle citate parole dette agli Apostoli: «Io vi ho scelto e costituiti a questo fine che andiate, e portiate frutto, e il frutto vostro rimanga». «Iddio ci ha scelti per sua eredità e per luogo di suo domicilio», dice il re Profeta. «Il Signore vi ha scelti, annunzia Mosè agli Ebrei (oggi la Chiesa Cattolica), affinché siate suo popolo tra tutti i popoli che sono su la terra».
• Dio ci aiuta a corrispondere alla nostra vocazione. Iddio non solamente ci chiama, ma ci dà inoltre la forza di corrispondere alla sua chiamata, secondo quel detto dell’Apostolo: «Colui che vi chiama è fedele, e si farà egli medesimo aiuto nell’adempimento dei doveri della vostra vocazione». «Iddio, scrive in altro luogo il medesimo Apostolo, ci ha liberati e chiamati per mezzo della sua santa vocazione, non già in riguardo delle opere nostre, ma secondo il suo decreto e la grazia che ci è stata data da Gesù Cristo prima dei tempi».
• Non tocca a noi scegliere la nostra vocazione. Nessuno, dice San Paolo, dove conferire a se stesso un onore qualunque, ma colui che è chiamato da Dio. Ora quante volontà sostituite alla volontà di Dio! Quante persone fanno a se stesse una vocazione senza consultare né Iddio, né i suoi rappresentanti, né i buoni parenti, né i veri amici! Donde poi tante pene, tante difficoltà, tante traversie nella vita, tanti scandali, tante cause di dannazione. Essere volontariamente infedele alla vocazione divina è un mettersi fuori dalla via della salute. In quello stato la persona si trova come un pesce fuor d’acqua, come un soldato senz’armi nella mischia, come una pecora sbandata. Oh! giovani incauti e imprudenti - esclama Cornelio Alapide - che volete seguire i capricci di una volontà illusa dalle nascenti passioni, che volete abbracciare uno stato di vita al quale Dio non vi chiama, o quanto siete da compiangere, o qual triste avvenire vi preparate! Al contrario chi cerca di conoscere la vocazione di Dio, e conosciutala si adopera ad eseguirla fedelmente, diviene, come già San Paolo, un vaso di elezione, destinato ad essere riempito delle più speciali ed elette grazie di Dio, e si assicura la gloria eterna. Chi fallisce volontariamente alla propria vocazione, pone un ostacolo all’effusione delle grazie: egli è un ramo reciso dal tronco, non buono ad altro che ad ardere, commenta ancora Cornelio Alapide.
• La vocazione ad uno stato di maggior perfezione, quale è lo stato sacerdotale e il religioso, è l’indizio più certo della predestinazione alla gloria, come formalmente dice San Paolo: «Quelli che Dio ha predestinato, ha anche chiamato; e quelli che ha chiamato, ha giustificato; e quelli che ha giustificato, ha glorificato». La vocazione allo stato chiericale è una distinzione e un’elevazione tutta speciale di cui parla il Signore quando dice per bocca del Salmista: «Ho innalzato il mio eletto in mezzo al mio popolo». Gli altri saranno con gli uomini, il mio eletto sarà con me... Gli altri si uniranno tra di loro, il mio eletto si unirà a me. Gli altri avranno il niente per loro sposo, ma il mio diletto lo sposerò a me per tutta l’eternità - dice il Signore per bocca di Osea. «Il Signore fa conoscere quelli che a lui appartengono, dice la Scrittura, e chiama i suoi santi: e quelli ch’esso sceglie, si avvicineranno a lui». L’anima che segue la sua vocazione allo stato sacerdotale o religioso, vede in sé effettuate, nel dominio spirituale e divino, che è infinitamente più desiderabile e prezioso del terreno e temporale, tutti i vantaggi, tutte le ricchezze promesse da Dio nel senso materiale al popolo ebreo, quando gli diceva che lo avrebbe introdotto in una terra di latte e miele.
• La vocazione religiosa ha tanti privilegi. Trattandosi della vocazione di Paolo e Barnaba al ministero sacerdotale, lo Spirito Santo disse: «Separatemi Saulo e Barnaba per l’opera alla quale io li ho chiamati». E San Pietro chiama gli eletti al chiericato «stirpe scelta, sacerdozio regale, gente sana, popolo d’acquisto; affinché proclami le virtù di colui che l’ha chiamato dalle tenebre al chiarore della sua fiammeggiante luce». Chi viene favorito di tale vocazione, ha tutta ragione di dire: «Signore, voi mi avete tenuto per mano e mi avete guidato secondo i vostri disegni, e ricevuto nella vostra gloria». Il Signore veglierà sulla loro entrata e sulla loro uscita, oggi e sempre - recita il Salmista.
• La vocazione si deve sempre provare. Quando gli Apostoli vollero ordinare dei diaconi, cercarono persone di cui il popolo potesse fare testimonianza che godevano buon nome, e che fossero pieni di Spirito Santo e di sapienza. Occorrono prove dalla parte di Dio; incertezze, dubbi, aridità, prove per parte dei parenti sinceri; dei superiori; prove per parte del demonio... Dice Cornelio Alapide: Quante volte Dio chiama, la grazia sollecita, e intanto il demonio, il mondo, la carne, talvolta i parenti, mettono ostacoli, frappongono difficoltà affinché non si obbedisca alla chiamata divina! Quante vocazioni allo stato ecclesiastico o religioso, non restano impedite dai Faraoni ribelli a Dio! (cfr. Esodo, V, 1-2).
• Bisogna studiare la propria vocazione e corrispondervi. La preghiera è indispensabile a chi vuole conoscere e seguire la propria vocazione; con essa otteniamo dal cielo i lumi, la forza, le grazie di cui abbisognamo in un affare così importante come quello della scelta di uno stato di vita. Quello poi che assicura la vocazione presso Dio, è 1° il desiderio di salvare l’anima propria. 2° I buoni costumi, una vita santa formano ed assicurano la vocazione alla gloria. Nel tumulto delle passioni del cuore, non s’intende più la voce di Dio...
Sentenze da «I Tesori di Cornelio Alapide».
CdP