La buona fama, la buona stima, il buon nome, la buona reputazione - spiega il Maccono ne Il Valore della Vita vol. 2 - sono tutti sinonimi che indicano, in senso più o meno largo, la buona opinione dell’altrui eccellenza. «Il buon nome, dopo la vita, è il più grande dei beni naturali»; onde la Sacra Scrittura dice: «Abbi cura del buon nome, perché questo sarà più stabilmente tuo che mille tesori preziosi e grandi» (Eccl. XLI,15). Ed ancora: «Il buon nome è miglior cosa che le molte ricchezze» (Prov. XXII,1). Noi dobbiamo aver cura della nostra reputazione e non ledere quella degli altri. Poniamoci, dunque, la seguente domanda: «Come si lede la reputazione altrui?». Commentando il Catechismo di san Pio X, don Ferdinando Maccono - correva l’anno 1923 - risponde: «Esternamente con la contumelia, la detrazione, la calunnia; - internamente col dubbio, il sospetto e il giudizio temerario». La contumelia, l’insulto, l’ingiuria, l’affronto, la soverchieria, ecc., sono tutti sinonimi che significano, in modo più o meno grave, disprezzo verso una persona. «Il disprezzo, poi, si può dimostrare con la parola, col fatto o con lo scritto. Per sé, è peccato grave; può essere leggero secondo la persona che lo fa, e a chi lo fa, e il modo con cui vien fatto: altro è scherzare o deridere un compagno, e altra cosa un superiore». Chi ha offeso il prossimo, è tenuto alla riparazione. La detrazione «è la denigrazione della fama altrui; è il diminuire, oscurare, mettere in cattiva luce, e anche togliere, la fama del prossimo»; ossia, è il fare sì ch’egli scada dalla buona reputazione in cui è tenuto. «Vi sono due sorta di detrazione: la calunnia e la mormorazione o maldicenza». La calunnia «è l’imputare malignamente al prossimo difetti che non ha o colpe che non commise; o anche esagerare colpe e difetti veri. Quindi è calunniare il prossimo: 1° imputargli difetti o colpe che non ha; 2° ingrandirli; 3° interpretare in mala parte le sue parole, i suoi atti, ecc. ; 4° negare le sue buone qualità ; 5° diminuire il merito; 6° conservare il silenzio in tali circostanze che suona biasimo; 7° lodare uno freddamente in modo da far capire che non merita quelle lodi». Per sé, è peccato mortale, contrario: «1° alla verità, perché dice il falso; 2° alla carità, che vieta di fare del male al prossimo; 3° alla giustizia, che proibisce di ledere l’onore altrui». Il calunniatore è obbligato alla riparazione dell’onore, anche con suo grave incomodo; anche col dover confessare d’aver detto il falso; di più, è obbligato a risarcire i danni materiali, se ci furono. Il calunniato ha diritto di difendersi, qualche volta anche dovere; ha diritto alla riparazione dell’onore, al risarcimento dei danni, ed anche a far punire il calunniatore. Non ha diritto di odiarlo, ed è obbligato al perdono dell’ingiuria ricevuta. La maldicenza, detta anche semplicemente detrazione, «è il manifestare, senza giusti motivi, colpe o difetti veri del prossimo, ma occulti». Anche i morti hanno diritto alla fama, e non è lecito parlarne male: «All’assente e al morto non far torto», ricorda il Maccono. La Scrittura dice: «Il Signore ha in odio chi semina discordie tra i fratelli» (Prov. VI,19). «Il mormoratore e l’uomo di due lingue è maledetto, perché mette in scompiglio molti che stavano in pace» (Eccl. XXVIII,15). Noi - conclude il salesiano - teniamo il consiglio dello Spirito Santo: «Hai udito una parola cattiva contro il tuo prossimo? Fa che muoia in te. Non riportare una parola cattiva e offensiva, e non ne scapiterai niente»; anzi farai un atto di carità e di prudenza.
Carlo Di Pietro