Siamo prossimi a terminare questa lunga rubrica di teologia politica che ci ha accompagnato nel 2016. Il tema cruciale è, oggi più che mai, la pretesa “libertà di culto” o “di coscienza” nella sfera pubblica, che alcuni esigono sia garantita dal diritto. È proprio questa boria che ha segnato l’estinzione quasi globale delle nazioni cattoliche negli ultimi 60 anni: poi il popolo si deprime perché vive male (sic!).
Papa Pio XII, 6 dicembre 1953, nel Discorso ai giuristi cattolici afferma: «[…] Sono chiariti i due principi, dai quali bisogna ricavare nei casi concreti la risposta alla gravissima questione circa l’atteggiamento del giurista, dell’uomo politico e dello Stato sovrano cattolico riguardo ad una formula di tolleranza religiosa e morale […], da prendersi in considerazione per la Comunità degli Stati. Primo: ciò che non risponde alla verità ed alla norma morale, non ha oggettivamente alcun diritto nè all’esistenza, nè alla propaganda, nè all’azione. Secondo: il non impedirlo per mezzo di leggi statali e di disposizioni coercitive può nondimeno essere giustificato nell’interesse di un bene superiore e più vasto».
Sempre nella medesima Allocuzione - Ci riesce - asserisce: «Il traviamento religioso e morale deve essere sempre impedito, quanto è possibile, perché la sua tolleranza è in se stessa immorale - non può valere nella sua incondizionata assolutezza». Dunque è chiaro che l’errore non ha diritti, ma talvolta è opportuno tollerarlo, sebbene quest’eccezione non può costituire un diritto assoluto.
Ben diverso da quanto pretese di approvare il Vaticano Secondo in Dignitatis Humanae, dove si ha la sfrontatezza di sostenere: «Questo Concilio Vaticano dichiara che la persona umana ha il diritto alla libertà religiosa. Il diritto alla libertà religiosa non si fonda quindi su una disposizione soggettiva della persona, ma sulla sua stessa natura. Per cui il diritto ad una tale immunità perdura anche in coloro che non soddisfano l’obbligo di cercare la verità e di aderire ad essa, e il suo esercizio [...] non può essere impedito». La «libertà di perdizione», al dire del Vaticano Secondo, sarebbe addirittura un diritto naturale da garantire e favorire col diritto positivo. Anche la “legislazione” italiana oggi poggia su questo falso principio: i suoi frutti marci non hanno bisogno di essere elencati.
Nel 1974, il Vescovo De Castro Mayer, redasse uno studio critico al documento teologico-politico Dignitatis Humanae. In esso si legge: «[…] In materia di libertà religiosa nell’ordine civile, tre punti capitali, tra gli altri, sono assolutamente chiari nella tradizione cattolica: 1) nessuno può essere costretto con la forza ad abbracciare la Fede; 2) l’errore non ha diritti; 3) il culto pubblico delle religioni false può eventualmente essere tollerato dai poteri civili, in vista di un bene più grande da ottenersi o di un male maggiore da evitarsi, però per se stesso deve essere represso anche con la forza se necessario. […] Alcuni principi di Dignitatis Humanae si oppongono all’insegnamento dei Papi precedenti».
Papa Pio IX, l’8 dicembre del 1864, nella Quanta cura, parla di “libertà religiosa” come di «libertà di perdizione», incompatibile con gli insegnamenti della Chiesa dunque di Cristo. Ricorda e comanda: «Contro la dottrina delle sacre Lettere della Chiesa e dei Santi Padri [alcuni affermano che …] “la libertà di coscienza e dei culti [deve] essere un diritto proprio di ciascun uomo che si deve proclamare e stabilire per legge”. […] Tale idea di governo sociale [è] assolutamente falsa, […] dal Nostro Predecessore Gregorio XVI di venerata memoria [è] chiamata delirio». Nel Sillabo ai n° 15, 55, 77, 78, 79 ed 80 CONDANNA le seguenti proposizioni, in quanto false od eretiche: «Ogni uomo è libero di abbracciare e professare quella religione che, guidato dalla luce della ragione, egli consideri vera»; «La Chiesa dev’essere separata dallo Stato, e lo Stato dalla Chiesa»; «In questa nostra età non conviene più che la religione cattolica si ritenga come l’unica religione dello Stato e si escluda ogni altro culto»; «[…] Lodevolmente in alcuni paesi cattolici si è stabilito per legge che a quelli, i quali vi si recano, sia lecito di aver pubblico esercizio del culto proprio di ciascuno»; «Infatti è falso che la civile libertà di qualsiasi culto o la piena potestà a tutti indistintamente concessa di manifestare in pubblico e all’aperto qualunque pensiero ed opinione influisca più facilmente a corrompere i costumi e gli animi dei popoli e a propagare la peste dell’indifferentismo» e «Il Romano Pontefice può e deve col progresso, col liberalismo e con la moderna civiltà venire a patti e conciliazione».
Papa Leone XIII nella Libertas del 20 giugno 1888, esprime così l’insegnamento di Magistero sull’argomento: «Nell’ordine sociale dunque […] le cose vere ed oneste hanno diritto, salve le regole della prudenza, di essere liberamente propagate, e divenire il più che possibile comune retaggio; ma gli errori, peste della mente, i vizi, contagio dei cuori e dei costumi, è giusto che dalla pubblica autorità siano diligentemente repressi per impedire che non si dilatino a danno comune». Ed ancora: «[…] il diritto è una facoltà morale: […] è assurdo pensare che essa sia concessa dalla natura in modo promiscuo e accomunata alla verità e alla menzogna, alla onestà e alla turpitudine».
Già Papa Pio VII nel 1814 tanto scriveva in una Lettera al Vescovo di Troyes (Francia): «Il nostro cuore è ancor più profondamente afflitto da una nuova causa di dolore che, lo ammettiamo, ci tormenta e fa sorgere profondo scoramento ed estrema angoscia: [quell’] articolo […] della Costituzione. Non soltanto esso permette la libertà dei culti e di coscienza, per citare i termini precisi dell’articolo, ma promette sostegno e protezione a questa libertà […] Questa è implicitamente l’eresia disastrosa e sempre da deplorarsi che sant’ Agostino descrive in questi termini: “Pretende che tutti gli eretici siano sul retto cammino e dicano la verità. Questa è un’assurdità così mostruosa che non posso credere che qualsiasi setta possa realmente professarla”». Prosegue …
Carlo Di Pietro da ControSenso Basilicata