Dopo la breve parentesi dedicata al falso principio dell’autodeterminazione (Cliccare qui), come promesso torniamo a studiare il programma dell’estinto, benché solo fisicamente, Centro Politico Italiano.
Il compianto giurista Carlo Francesco D’Agostino, principale ideologo di quel Partito che, almeno nelle dichiarate intenzioni, fu cattolico, ci lascia in eredità: a) lo Statuto generale disciplinare; b) i Principii direttivi; c) il Programma applicativo; d) il Progetto di una nuova Carta costituzionale.
Urge conoscere cosa sia un programma politico cattolico - traiamo dunque spunto da quello del C.P.I. - perché attualmente, soprattutto a causa delle intestine rivoluzioni agnostico-liberali esercitate dal Vaticano Secondo e della cosiddetta Democrazia Cristiana, sembra essersene persa addirittura la concezione più elementare. Un partito che vuol dirsi cattolico è immediatamente confessionale e legalmente, come priorità assoluta, si impegna affinché l’intera Nazione lo diventi, conoscendo che la laicità è «l’apostasia dell’odierna società che pretende estraniarsi (separarsi) da Dio e quindi dalla Chiesa» (cf. Papa Pio XI, Dilectissima Nobis).
Oggi viviamo nientemeno il paradosso, o piuttosto il castigo divino, di subire un’orda di presunti “uomini di Chiesa”, i modernisti, che pretendono di estraniarsi dottrinalmente e moralmente, benché non economicamente, da Dio e dalla Chiesa, pur occupando «le viscere di lei» (cf. Pascendi Dominici gregis, Papa san Pio X), con danni quasi irreparabili per la società e per le anime. In Romani I, 24 seg., l’Apostolo parla di «intelligenza depravata», di «abbandono (da parte di) Dio» e finalmente delinea i connotati della grande apostasia (II Tessalonicesi, 2). San Pietro, poi, si esprime in questi termini: «(Si tratta di) falsi maestri che introdurranno eresie perniciose … Con discorsi gonfiati e vani adescano... coloro che si erano appena allontanati da quelli che vivono nell’errore. Promettono libertà, ma essi stessi sono schiavi della corruzione …» (II Pt. 2, 1. 18-19. 22).
Papa Pio XI, prima citato dalla Dilectissima Nobis, insegna ancora: «Se per qualsiasi popolo, oltre che empia, è assurda la pretesa di voler escluso dalla vita pubblica Iddio Creatore e provvido Reggitore della stessa società, in modo particolare ripugna una tale esclusione di Dio e della Chiesa dalla vita (delle Nazioni nelle quali) la Chiesa ebbe sempre e meritamente la parte più importante e più beneficamente attiva nelle leggi, nelle scuole e in tutte le altre private e pubbliche istituzioni».
Tale esclusione: a) «Torna a danno irreparabile della coscienza cristiana del paese»; b) «Ricade sulla stessa autorità civile (…) che viene a perdere insieme la sua più grande forza di obbligazione e il più alto titolo di osservanza e di rispetto»; c) «Profana la famiglia nei suoi più sacri principii»; d) «Favorisce (ogni) usurpazione e nega (i principali diritti naturali)»; e) «Colpisce i popoli … rendendo impossibili quelle (vere) grandi opere di carità e beneficenza»; f) «Laicizza (con la falsa scienza) … tutto l’insegnamento finora ispirato alla religione ed alla morale cristiana»; g) «Accende i semi della discordia … e si frappone al ristabilimento della pace»; h) «Favorisce l’intemperanza delle passioni che così spesso si nascondono sotto le apparenze del pubblico bene e dell’amor patrio»; i) «Diffonde il cieco e smoderato egoismo»; l) «Turba profondamente la pace domestica dalla dimenticanza e dalla trascuratezza dei doveri familiari»; m) «Per l’odio vicendevole e per le discordie intestine (avvia i popoli) alla rovina ed alla morte» (cf. anche Quas primas). Eccetera …
Alla luce di quanto ribadito con le infallibili, ossia inappellabili, sentenze della Chiesa, non stupisce affatto leggere i primi cinque Articoli a premessa dello Statuto generale disciplinare del C.P.I., che cito: «Art. 1. Il Centro Politico Italiano è un partito che si propone di realizzare nella politica italiana i principii cattolici; Art. 2. Per raggiungere il suo fine il Centro riconosce la necessità di un particolare aiuto soprannaturale; Art. 3. Il Capo del Centro e, ove egli non provveda, il Comitato Direttivo del medesimo, sono in ogni tempo tenuti ad eliminare dal programma del Centro le proposizioni che risultino condannate dalla Chiesa, e ad uniformarsi alle Direttive che i Papi credano di dare; Art. 4. Ogni aderente del Centro, all’atto della sua adesione, deve impegnarsi a pregare perché nella politica italiana si trovino e si seguano le vie di Dio. Art. 5. Il Capo ed i membri del Comitato Direttivo del Centro debbono essere cattolici convinti e seriamente praticanti, e debbono tenere una condotta che non li renda passibili di provvedimenti disciplinari da parte delle Autorità Ecclesiastiche».
Qualcuno probabilmente muoverà accuse di fanatismo, sappiasi che verosimilmente si tratta, sebbene dietro altra veste, dello stesso motto giacobino - «Fanatici! Fanatici!» - che accompagnò alla forca tanti cristiani benefattori e pie anime durante e dopo la Rivoluzione. (da Nuova Alleanza, Quaderno VIII, pag. 21 segg.). Prosegue …
Carlo Di Pietro da Il Roma