Dio, benedicendo i nostri progenitori, disse loro: «Crescete e moltiplicatevi e riempite la terra e soggiogatela» (Gn. I, 28). Ed al primo capo di famiglia diceva poi: «Nel sudore della tua fronte ti ciberai di pane» (Gn. III, 19).
«La dignità della persona umana - spiega così Papa Pio XII - esige normalmente come fondamento naturale per vivere il diritto all’uso dei beni della terra; a cui risponde l’obbligo fondamentale di accordare una proprietà privata, possibilmente a tutti» (194). La dignità della persona umana (immagine e somiglianza di Dio) è superiore a tutti gli altri beni materiali che la Provvidenza pone a nostra disposizione, pertanto: «Le norme giuridiche positive; regolanti la proprietà privata, possono mutare ed accordare un uso più o meno circoscritto; ma se vogliono contribuire alla pacificazione della comunità, dovranno impedire che (per esempio, ndR) l’operaio, che è o sarà padre di famiglia, venga condannato ad una dipendenza e servitù economica, inconciliabile con i suoi diritti di persona» (Ivi.).
Tuttavia, contro le falsificazioni di questo principio elaborate dai Capitalisti o, ancora peggio ed abominevoli, dai Socialisti, il Pontefice precisa: «Che questa servitù derivi dal prepotere del capitale privato o dal potere dello Stato, l’effetto non muta; anzi, sotto la pressione di uno Stato, che tutto domina e regola l’intera vita pubblica e privata, penetrando fino nel campo delle concezioni e persuasioni e della coscienza, questa mancanza di libertà può avere conseguenze ancora più gravose, come l’esperienza manifesta e testimonia» (Ivi.).
Papa Pio XII denuncia, ancora, lo squilibrio fra popoli cosiddetti “creditori” e popoli “debitori”: «Mais, en fin de compte, elles se ramènent au fait du déséquilibre entre peuples créanciers et peuples débiteurs …» (Allocuzione al Bureau International du Travail, 25 marzo 1949).
Quante guerre, in realtà, hanno un movente economico, la cui pianificazione (ed attuazione) è utile alla finanza, nonché all’asservimento di intere popolazioni e territori? Non è forse vero che ci sono Nazioni - come lo è oggi la sfortunata Italia figlia del preteso “Risorgimento” - abitate da popoli strangolati da un debito fittizio, inutile, che nessuno ha mai richiesto, che facilmente si eviterebbe battendo moneta? Guerre mosse da «calcoli egoistici» covati in quegli ambienti che abusivamente prendono il nome di élite. «Nel campo di un nuovo ordinamento fondato sui princìpi morali», Papa Pio XII condanna anche «i ristretti calcoli egoistici, tendenti ad accaparrarsi le fonti economiche e le materie di uso comune, in maniera che le Nazioni, meno favorite dalla natura, ne restino escluse» (Radiomessaggio di Natale, 1941).
A determinate condizioni, ossia garantendo primariamente la stabilità dell’ordine sociale (osservanza di Diritto divino e naturale), il Pontefice affronta anche il tema delle migrazioni: «Quando la terra offre in alcune ragioni di che nutrire una grande moltitudine», scrive nel 1948 all’Arcivescovo di Cincinnati Nicholas, uno Stato non può rifiutare l’accesso al suo territorio senza motivi giusti e ragionevoli (Op. cit., Guerry, pag. 81). Leggere anche questo vecchio articolo.
E nel Radiomessaggio di Pentecoste del 1941, Sua Santità Pio XII asserisce: «Più di una volta è inevitabile che alcune famiglie, di qua o di là emigrando, si cerchino altrove una nuova patria. Allora, secondo l’insegnamento della Rerum novarum (di Papa Leone XIII, ndR), va rispettato il diritto della famiglia ad uno spazio vitale. Dove questo accadrà, l’emigrazione raggiungerà il suo scopo naturale, che spesso convalida l’esperienza, vogliamo dire la distribuzione più favorevole degli uomini sulla superficie terrestre, acconcia a colonie di agricoltori; superficie che Dio creò e preparò per uso di tutti. Se le due parti, quella che concede di lasciare il luogo natio e quella che ammette i nuovi venuti, rimarranno lealmente sollecite di eliminare quanto potrebbe essere d’impedimento al nascere e allo svolgersi di una verace fiducia tra il paese di emigrazione e il paese d’immigrazione, tutti i partecipanti a tale tramutamento di luoghi e di persone ne avranno vantaggio: le famiglie riceveranno un terreno che sarà per loro terra patria nel vero senso della parola; le terre di densi abitanti resteranno alleggerite ed i loro popoli si creeranno nuovi amici in territori stranieri; e gli Stati che accolgono gli emigrati guadagneranno cittadini operosi. Così le nazioni che danno e gli Stati che ricevono, in pari gara, contribuiranno all’incremento del benessere umano e al progresso dell’umana cultura».
L’immigrazionismo contemporaneo (es. alla Bergoglio) - come è evidente ad una mente razionale - assolutamente lungi dal raggiungere quello «scopo naturale delle migrazioni» auspicato dalla Chiesa, appare piuttosto come una nuova, benché più subdola, ingerenza sovranazionale, forma di speculazione finanziaria e destabilizzazione dell’ordine sociale: finalizzate ad ulteriormente rendere l’uomo un «oggetto - un articolo di sfruttamento» e non più un «soggetto». Prosegue …
Carlo Di Pietro da Il Roma