Abbiamo imparato da Papa Pio XII che «una più giusta distribuzione della ricchezza è e rimane un punto programmatico della dottrina sociale cattolica» (Allocuzione del 7.9.1947). Poste le premesse nei precedenti articoli e preso atto che esiste, entro certi limiti, una naturale diseguaglianza nella distribuzione dei beni della terra, la Chiesa «si oppone all’accumulamento di quei beni nelle mani di pochi straricchi, mentre vasti ceti del popolo sono condannati ad un pauperismo e ad una condizione economica indegna di esseri umani» (Ivi.).
Guardiamo ad alcuni dei rimedi che la Chiesa raccomanda per correggere, ove presente, questo disordine sociale ed economico. Mons. Guerry (Dottrina sociale della Chiesa, p. 75 ss.) usa uno schema davvero semplice che, nelle prossime settimane, cercherò di trasmettervi in questa rubrica. Papa Pacelli denuncia la spersonalizzazione dell’uomo moderno: «È già in atto questa triste realtà, (ossia) il demone dell’organizzazione invade e tiranneggia lo spirito umano, (quindi) si svelano subito i segni del falso ed anormale orientamento dello sviluppo sociale» (Radiomessaggio di Natale del 1952). Per conseguenza l’uomo subisce, come se fosse un oggetto, lo sterile apparato burocratico: «Lo Stato moderno va divenendo una gigantesca macchina amministrativa. Esso stende la sua mano su quasi tutta la vita, (sulla) intera scala dei settori politico, economico, sociale, intellettuale, fino alla nascita ed alla morte (…). Nessuna meraviglia, quindi, se in questo clima dell’impersonale (…) il senso del bene comune si attutisce nelle coscienze dei singoli, e lo Stato perde sempre più il primordiale carattere di una comunità morale dei cittadini» (Ivi.).
L’uomo moderno, come vediamo, è «travolto in uno stato di angoscia», gli si è tolto in larga misura «il suo volto ed il suo nome»; in molte delle più importanti attività della vita è stato ridotto «a puro oggetto della società, poiché questa, a sua volta, viene trasformata in un sistema impersonale, in una fredda organizzazione di forze» (Ivi.).
Purtroppo nella società d’oggi, quella “laica”, dove si è preteso di rimuovere Dio e gli obblighi morali, non sono solo i beni materiali ad essere oggetto di speculazione politica, ma lo è soprattutto l’uomo oramai annichilito. Il Papa denuncia quel «contrasto fra il disordine che, già da tempo ed in molti paesi, regna nel campo degli scambi economici, e la legge di ordine e di armonia che Iddio ha impressa in seno a tutta la creazione. I beni, il cui scambio dovrebbe servire a stabilire e mantenere l’equilibrio economico fra le Nazioni, sono divenuti oggetto di speculazione politica, e non solo i beni materiali, ma purtroppo anche l’uomo, abbassato in tanti casi al grado di un articolo di sfruttamento» (Allocuzione del 7.3.1948).
I Papi (prima della Sede formaliter vacante) hanno condannato, di volta in volta, sia l’economia liberale che il socialismo-comunismo, dato che, per motivi diversi ma mosse sempre da Satana, tali dottrine ritengono l’uomo «come un oggetto al servizio di un’economia» (Guerry, p. 75). Questi sistemi, sebbene esibiti come la soluzione dei mali, in realtà sono la concausa della distruzione dell’ordine economico-sociale, poiché «fanno della capacità produttiva dell’uomo un semplice oggetto, di cui la “società” dispone a sua piena volontà e a suo intero arbitrio» (Allocuzione del 31.10.1948). Riducono l’uomo ad un oggetto del diritto e non a soggetto di diritto, «turbano la pace interna di ciascun popolo», dividono «in campi avversi gli uomini, che pur abitano la medesima terra e sono figli di una medesima patria», depredano e negano agli uomini quella «esigenza, in sé legittima, di essere considerati e trattati non come oggetti, ma come soggetti della vita sociale, soprattutto nello Stato e nell’economia nazionale» (Radiomessaggio di Natale del 1950). Prosegue …
Carlo Di Pietro da Il Roma