San Guglielmo Abate era non solamente dottissimo nelle divine Scritture e nelle varie scienze, ma (era) di una carità per i poveri sublimemente straordinaria. Spesso a lui facevano ricorso gli uomini della scienza per la soluzione di grandi difficoltà e d’intricati problemi, ma i poveri gli erano sempre attorno, sempre. Era un giorno rigidissimo d’inverno, la neve cadeva a larghissime falde, e il freddo faceva battere i denti anche vicino al caminetto. Guglielmo camminava per una strada avvolto fino agli occhi nel suo mantello, e affrettava il passo per giungere subito al monastero. In quella s’avviene a due poveri mezzi nudi e intirizziti dal freddo che facevano proprio pietà. Chiedono a Guglielmo con voce semispenta non tanto elemosina di pane, quanto elemosina di vestimenta. Che fare? Il sant’Abate si toglie subitamente il mantello, lo divide in due parti eguali, e poi dice ai poveri: «Ecco che cosa posso darvi io; copritevene e rimanetevene con Dio». Direte voi: «Non è un matto addirittura San Guglielmo? Come! tira quel freddo, egli ha quel mantello per non morire stecchito in mezzo ad una strada, e si cava quel mantello dalle spalle per dividerlo a due poveri!... E troppo: è quasi un suicidio». Via, non galoppate tanto innanzi: la filosofia della carità cristiana non se la fa tanto bene colla filosofia del mondo. La filosofia mondana giunge quasi sempre ad affermare che dobbiamo noi far divorare dalle tignuole le nostre vesti, piuttosto che cederne una minima porzione a quei che vanno nudi per le strade. La filosofia della carità cristiana, invece, spesso ci fa lo scherzo che fece a San Guglielmo. Quale delle due filosofie è nella verità? Vattela a pesca ... (Sic!).

intro-racconti-miracolosi.jpg