Il grande Giosuè della Bibbia fermò il sole per fare una strage completa dei nemici del popolo di Dio. Ma nella storia cristiana un altro Giosuè fermò il sole per piantare un calvario. Ecco il fatto come successe. Il Beato Angelo da Acri aveva predicato in Mendicino, in quel di Cosenza. Siccome era costume del grande Apostolo di piantare il calvario a fine di missioni in ogni paese ove li mandava la divina Provvidenza, volle anche piantarlo in Mendicino. L’ultima sera dunque delle sante missioni, disse al popolo, pochi minuti prima di finire il discorso, che tutti si tenessero apparecchiati per andare in processione nel luogo ove sarebbero state piantate le croci. Sceso dal pulpito, il Clero provò a dissuaderlo dalla cara cerimonia per quella sera, adducendo a scusa più che legittima l’ora molto avanzata, giacché il sole ormai stava per calare. Angelo però, cercato tutto da una virtù soprannaturale, non volle sentire nessuna ragione, si mise sulle spalle la croce più pesante, e via in processione col popolo. Il calvario doveva essere piantato lontano dal paese meglio d’un chilometro e si doveva passare un fiume, gonfio molto per le pioggie cadute in quei giorni. Il popolo andò a passare per un ponte gettato sopra quel fiume, ma il Beato non si curò di nulla e lo guadò subito a piedi asciutti. Arrivato colla folla al luogo designato, si cominciò la cerimonia del piantare le croci. Quelle croci erano cinque, ed Angelo fece cinque prediche al popolo, che lo ascoltava e lo guardava con l’anima negli occhi. E il sole? Il sole «stava fermo...». Aspettava che il santo predicatore avesse terminato la sua gloriosa fatica! Tutto finito, quella folla, piena di fede ed entusiasmata per quei portenti, tornò in paese e già era notte buia, successa in un momento ai più splendidi chiarori del sole. Nei giorni del Beato Angelo si piantavano le croci con devozione grandissima, oggi si atterrano con furore satanico e si fanno a pezzi. Il Dio che morì sulla croce risparmi i suoi castighi al mondo dissennato e folle! [Da Racconti Miracolosi, P. Giacinto da Belmonte, 1887, Vol. II, pagine 300-302].

A cura di Carlo Di Pietro

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