Il Beato Angelo per due volte aveva svestito l’abito dei Cappuccini. Il demonio, prevedendo che da quel grande Apostolo calabrese doveva toccare sconfitte tremende, gli aveva dato assalti potenti e per due volte gli aveva fatto abbandonare la cella. Una terza volta intanto il giovine risolutamente domanda l’abito dei frati Cappuccini, e dalla patria sua parte per andare a chiudersi nel noviziato in Belvedere, che siede sulla marina del Tirreno. Egli non ha compagni per il viaggio e cammina tutto cogitabondo e ad occhi bassi. Quando il sole quasi sta per tramontare arriva alla sponda del fiume Crati, il quale mette paura per le piogge venute a catinelle in quella stagione. Il povero giovine, non volendo tornare indietro e non potendo assolutamente guadare il fiume, cade ginocchioni e a gran fiducia invoca l’aiuto del buon Padre celeste. Subito gli si presenta un personaggio nerboruto, bruttissimo nel volto, e non sa dirgli che queste parole: Ecco le mie spalle, via per mezzo al fiume. In men che si possa battere palpebra il personaggio misterioso e il giovane sono all’altra sponda. Quest’ultimo caccia la mano nella scarsella per cavarne una moneta e farla passare nelle mani di colui che in quel pericolo gli aveva reso quel servizio segnalato; ma si guarda attorno e non vede anima viva... Negli anni maturi il Beato rivelò ad un suo amato compagno che il personaggio del fiume Crati era stato il demonio, e propriamente quel demonio che per ben due volte gli aveva fatto lasciare la cella colle sue suggestioni maligne. Iddio ad umiliare quel demonio gli aveva comandato di passare sulle spalle il giovine per il gonfio fiume.  Stiamo uniti a Dio e non abbiamo paura del demonio. La lettura delle vite dei Santi ci insegna che il demonio spessissimamente ha dovuto servire agli stessi. Di tutto son padroni i veri servi di Dio, anche del demonio. [N° 85, da Racconti Miracolosi, P. Giacinto da Belmonte, 1887, Vol. II, pagine 296-297].

A cura di Carlo Di Pietro

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