All’alba della domenica, un terremoto scosse la tomba di Gesù, e Gesù ne uscì glorioso, trasfigurato, col corpo glorificato, col volto risplendente come il sole e le vesti candide come la neve così come gli Apostoli l’avevano veduto nella Trasfigurazione del Tabor. Un’unica differenza apparve però sul Cristo gloriosamente risorto: conservava le cicatrici delle ferite del costato, delle mani, e dei suoi piedi. E ciò avvenne per fini nobili ed alti. Ecco i principali: 1.° Per la gloria dello stesso Gesù Cristo, «affinché portasse in eterno il trionfo della sua vittoria» (san Beda, super Luc. 97). «Forse si vedranno nel regno celeste sui corpi dei martiri le cicatrici delle ferite riportate per il nome di Cristo: non sarà per essi una deformità ma un pregio, e una bellezza risplenderà non di corpo, sebbene nel corpo, ma di virtù» (sant’Agostino, De civit. Dei, 22, 20). 2.° Per confermare i discepoli e gli Apostoli nella fede della Sua risurrezione; disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito, ed osserva le mie mani, e accosta la tua mano, e mettila nel mio costato, e non essere incredulo, ma fedele». (san Giovanni, XX, 27). 3.° Per dimostrare sempre al Padre, supplicandolo per noi, qual genere di morte abbia sofferto per gli uomini. 4.° Per insinuare ai redenti della Sua morte con quanta misericordia siano stati soccorsi, mettendo loro innanzi i segni della medesima morte. 5.° Infine per denunziare nel giudizio universale quanto giustamente saranno colpiti i dannati: «Sapeva ben Gesù perché conservasse le cicatrici nel Suo corpo. Come dimostrò a Tommaso, non credente se non a patto di toccare e di vedere, così sarà pure per dimostrare ai Suoi nemici le Sue ferite, affinché la verità luminosa dica loro: Ecco l’uomo che voi avete crocifisso; voi vedete le ferite che gli avete recato, voi riconoscete il fianco che avete trafitto: fianco da voi e per voi aperto, e voi non voleste entrarvi» (sant’Agostino, De Symbolo, II, 8). 6.° Aggiungerei, anche per insegnare ai Suoi seguaci che la croce è la chiave del Paradiso, il carro trionfale che mena alla gloria, la scala del cielo. • Esempio. Lo storico romano, Svetonio, racconta che un vecchio soldato supplicò un giorno Cesare ad assisterlo in giudizio, all’occasione d’un processo ch’egli doveva sostenere. Ma Cesare si ricusò, egli offerse alcuno del suo seguito per accompagnarlo. Il vecchio soldato, scoprendo allora il petto: «Quando, o gran Cesare, gli disse, ti vidi andare incontro a grandi pericoli in una battaglia, io non posi un altro al mio luogo per difenderti, ma combattei io stesso per la tua persona. Ecco le cicatrici delle ferite che ricevetti nel proteggete la tua esistenza». A queste parole Cesare arrossì e andò in persona ad assistere il soldato in giudizio. Anche Gesù ci mostra le ferite che ricevette per noi, e ci grida: «E che ! Voi non volete far nulla per me, nonostante che vediate dalle mie piaghe ciò che io feci per voi?» (Lohn., Bibl., I, 605).
[Dal Prontuario del Predicatore, Houdry - Porra, Vol. IV, parte I, pag. 545e seg., Imprimatur 1934].