Il Canone della Messa (= regola) è quel complesso di preghiere della Messa che va dal «Sanctus» all’«Amen» prima del Pater noster. Il canone è stato designato con nomi diversi: nell’antichità fu denominato preghiera per eccellenza; fu detto anche azione, dall’espressione latina «agere causam» ossia difendere una causa; il sacerdote infatti difende nella persona di Cristo la causa di tutta la Chiesa davanti a Dio Padre; i Greci lo dicono anafora cioè offerta; nel Medioevo fu chiamato canon consecrationis perché in quelle preghiere si consacrano il pane e il vino, per distinguerlo dal canon communionis, che segue. Presso i Latini è prevalso il nome di canone, che esprime bene la parte fissa e regolare della Messa. Il canone, così come si trova oggi nel Messale Romano, ha avuto l’ultimo ritocco da San Gregorio Magno; risale pertanto alla fine del secolo VI, anzi vi sono elementi per asserire che sostanzialmente era costitutito fin dal secolo IV. [L’autore scrive nel 1952, prima della pretesa “Riforma liturgica” di Paolo VI, il quale ha adulterato anche il “canone”: in uso ai modernisti, ndr.]. Il nucleo centrale del canone s’ispira alle parole e alle azioni di Gesù nell’ultima cena. Infatti se si tolgono i diversi testi che furono aggiunti in seguito, nel «memento» dei vivi e dei morti (dipendenti dalla recita dei dittici, ossia delle tavolette ove erano scritti i nomi dei vivi e dei defunti per i quali si doveva pregare), il tema fondamentale è un ringraziamento a Dio per l’opera della redenzione (Gesù «gratias egit»), che viene rinnovata nella consacrazione sacrificale (Gesù consacrò il pane e il vino) e di nuovo offerta al Padre in unione con il Figlio e lo Spirito Santo. Il sacerdote infatti fedele al comando di Gesù «fate questo in memoria di me», ricorda la passione, morte, risurrezione e ascensione del Signore e rinnova con tutta la Chiesa l’offerta che Gesù ha fatto di se stesso. Nei primi tempi il canone era recitato a voce alta, poi s’introdusse l’uso di pronunziarlo a voce bassa e nel più profondo raccoglimento, forse per circondare così sante parole di un alone di mistero. (...) È degno di nota che il Concilio di Trento ha dichiarato che il Canone della Messa è immune da qualunque errore (DB, 942).
Dal «Dizionario di teologia dommatica», Pietro Parente, Antonio Piolanti, Salvatore Garofalo, Editrice Studium, Roma, imprimatur 6 giugno 1952.