Nel linguaggio comune significa un’oscura e ineluttabile legge, che determinerebbe un avvenimento o una serie d’avvenimenti o tutto il corso della vita d’un uomo, d’un popolo, di un’istituzione. In tal senso il destino ha come termine correlativo la sorte intesa fatalisticamente. Negli uomini moderni, che non hanno una fede, spesso si riscontra una coscienza incontrollata di questa oscura legge fino a scivolare in una banale superstizione. Il concetto di un destino domina nelle religioni pagane e non è estraneo ai sistemi filosofici. I Greci personificavano il destino facendone un capriccioso dominatore non solo dei poveri mortali, ma perfino degli stessi dèi... È il Fatum (= detto, decretato) dei Latini. Le Parche, la Fortuna sono rappresentazioni plastiche dello stesso concetto specialmente in rapporto alla vita umana. Tra i sistemi filosofici il più fatalistico è lo Stoicismo, che ha tutta una teoria sul destino come legge ineluttabile dell’universo concepito come un Tutto destinato a percorrere la sua parabola ascendente e discendente, travolgendo nella sua rigida sorte tutte le sue parti, non escluso l’uomo. Marco Aurelio raccoglie nei suoi Ricordi la triste eco di questo determinismo stoico, che compromette l’umana libertà. Ma già Cicerone aveva reagito contro questa disumana concezione nell’opuscolo De fato, dove, posta l’alternativa tra il Fato divino e la libertà umana, si schiera decisamente per la libertà fino al punto da negare l’influsso della divina Provvidenza sugli uomini. Il Cristianesimo elimina la mitologia del destino e corregge le deviazioni filosofiche pagane. Sant’Agostino (cf. De Civitate Dei) riduce il destino semplicemente alla divina Provvidenza, in cui rifulge la sapienza e l’amore di Dio e a cui tutte le creature sono subordinate nell’essere e nell’agire. San Tommaso sviluppa il pensiero tradizionale dei Padri là dove parla dell’influsso di Dio sulle creature, specialmente sull’uomo, dimostrando che quell’influsso non disturba ma perfeziona l’attività della creatura e si compone armonicamente con la libertà dell’uomo (v. Concorso divino). C’è un nesso causale tra scienza, volontà e onnipotenza di Dio da una parte e attività delle creature dall’altra: ma questo nesso, per quanto misterioso, non violenta ma aiuta le cause necessarie e le cause libere ad esplicare la loro azione secondo la propria natura, necessariamente o liberamente (v. Prescienza). San Tommaso tratta esplicitamente del Fato e lo definisce: «ordinatio secundarum causarum ad effectus divinitus provisos». Sicché il fato non è altro che la legge impressa nelle cause seconde dal pensiero e dalla volontà di Dio. Il cristiano dirà dunque Provvidenza invece di destino o di fato.
Dal «Dizionario di teologia dommatica», Pietro Parente, Antonio Piolanti, Salvatore Garofalo, Editrice Studium, Roma, imprimatur 6 giugno 1952, pagine 96 e 97.