Nel diritto romano era il compenso per un debito da pagare o per una ingiuria da riparare. Tertulliano adotta quella parola giuridica ad indicare le opere penali ingiunte nella disciplina penitenziale. Di qui la voce soddisfazione passò nella liturgia per significare le opere e le intercessioni dei Santi a vantaggio dei peccatori. In questo ultimo senso Sant’Anselmo l’applicò a Cristo Redentore. Nel suo opuscolo «Cur Deus homo» insiste sul concetto di soddisfazione come riparazione oggettiva dell’ordine naturale turbato dalla colpa, in modo da stabilire una proporzione giuridica tra l’una e l’altro. San Tommaso integrerà questo concetto con l’elemento morale della passione di Cristo (amore, obbedienza) e col principio della solidarietà tra Cristo Capo e le sue membra mistiche, gli uomini. Più tardi si dirà soddisfazione vicaria, per indicare la sostituzione di Cristo agli uomini nel soddisfare alla divina giustizia per liberarli dalla schiavitù del demonio e del peccato. Questa soddisfazione data da Cristo specialmente con la sua passione e morte ha un valore infinito perché propria del Verbo. Tre elementi concorrono a costituirla: l’amore, la giustizia, il dolore; il primo è l’elemento formale, il più importante; il secondo è la ragione direttiva; il terzo è l’elemento materiale.
dal Dizionario di teologia dommatica, Piolanti, Parente, Garofalo - pace all’anima loro! - Studium, Roma, 1952.