Il Soggettivismo è la tendenza a potenziare il soggetto conoscente assorbendo in esso la realtà oggettiva. Il Soggettivismo è caratteristico della filosofia moderna da Cartesio in poi. Ebbe inizio con Cartesio stesso, il quale col famoso «io penso, dunque io sono» (cogito, ergo sum) cominciò a subordinare l’essere al pensiero, invertendo l’ordine voluto dalla filosofia aristotelico-tomistica, che definisce la verità un’adeguazione dell’intelletto alla cosa, subordinando il pensiero all’essere. Anche nella sfera della cognizione sensitiva Cartesio cominciò a negare l’oggettività di alcune sensazioni. L’Empirismo inglese spinse più innanzi simili negazioni (Locke) fino ad eliminare la realtà della materia (Berkeley) e a ridurre tutta la realtà a un flusso di sensazioni soggettive (fenomenismo di D. Hume). Kant (v. Kantismo) non riuscì a salvare che una realtà fenomenica, compromettendo la realtà oggettiva della sostanza delle cose (il noumeno). L’Idealismo, fece il resto, negando ogni realtà fuori del soggetto pensante (Fichte, Schelling) e dell’idea (Hegel) o dell’atto del pensare (Gentile). Si affermava così l’immanenza assoluta dell’oggetto nel soggetto e si rigettava ogni trascendenza ossia ogni realtà estranea al pensiero e fuori di esso. Oggi è già cominciata una reazione contro questo Immanentismo soggettivo, col ritorno al realismo moderato, proprio della filosofia cristiana.
dal Dizionario di teologia dommatica, Piolanti, Parente, Garofalo - pace all’anima loro! - Studium, Roma, 1952.