+ Dio, che dopo aver acceso il beato Giovanni del tuo amore, lo facesti camminare illeso tra le fiamme, e per suo mezzo arricchisti la tua Chiesa di una nuova famiglia: concedi che, per intercessione de’ suoi meriti, dal fuoco della tua carità siano guariti i nostri vizi, e ci provengano i rimedi per l’eternità. Per il Signore Nostro Gesù Cristo ... Così sia. +

[8 marzo, San Giovanni di Dio, Confessore (1495 – 1550), fondatore dell’Ordine Ospedaliero detto dei “Fatebenefratelli”. A Granata, nella Spagna, san Giovanni di Dio, Confessore, Fondatore dell’Ordine dei Fratelli Ospedalieri degli infermi, rimasto celebre per la misericordia verso i poveri e per il disprezzo di se stesso: dal Papa Leone decimoterzo fu proclamato Patrono celeste di tutti gli ospedali ed infermi. Dal Martirologio Romano].

Dal «Breviario Romano», Proprio dei Santi, Volume II, dal 14 gennaio al 10 marzo, dalla pagina 3562 seg..

II Notturno

IV Lezione. Giovanni di Dio, nacque da parenti cattolici e pii nella città di Monte Maggiore nel regno di Portogallo, e fin dal momento della sua nascita, un inusitato splendore apparso sopra la sua casa, e un suono spontaneo di campane preannunziarono chiaramente che il Signore lo aveva scelto a grandi cose. Ritratto, per opera della divina grazia, da un genere di vita rilassata, cominciò a dare prove di gran santità, e dopo aver ascoltata in una predica la parola di Dio si sentì così eccitato al bene, che fin da quello stesso primo momento di vita più santa parve aver raggiunto una perfezione consumata. Distribuiti tutti i suoi beni ai poveri carcerati, divenne a tutto il popolo maraviglioso spettacolo di penitenza e di disprezzo di sé, sì che trattato malamente da molti come demente, venne rinchiuso in un manicomio. Ma Giovanni infiammato sempre più di carità celeste, costruì nella città di Granata colle elemosine di pie persone due vasti ospedali, e vi gettò le fondamenta d’un nuovo ordine, dando alla Chiesa il nuovo istituto dei fratelli Ospedalieri inservienti ai malati con grande profitto delle anime e dei corpi, e che s’è grandemente diffuso nel mondo.

V Lezione. Non trascurava nulla per procurare la salute dell’anima e del corpo ai poveri malati, che spesso portava a casa sulle proprie spalle. La sua carità diffondendosi altresì fuori dell’ospedale, procurava segretamente alimenti a povere vedove e specialmente a giovani pericolanti, e s’adoperava con ogni zelo a liberare dal vizio impuro coloro che n’erano inquinati. Suscitatosi un gravissimo incendio nel regio ospedale di Granata, Giovanni impavido si gettò nel fuoco, correndo qua e là finché non n’ebbe asportati via sulle spalle gl’infermi e gettati dalle finestre i letti per sottrarli al fuoco, rimanendo così per mezz’ora tra le fiamme già straordinariamente sviluppatesi, e uscendone miracolosamente illeso con ammirazione di tutti i cittadini; mostrando con questo esempio di carità, che il fuoco che bruciava di fuori era meno ardente di quello che lo divorava di dentro.

VI Lezione. Egli si rese grandemente celebre per mortificazioni d’ogni genere, la più umile obbedienza, estrema povertà, zelo della preghiera, contemplazione delle cose divine e per la divozione alla santa Vergine, e fu favorito del dono delle lagrime. Infine, colpito da grave malattia, ricevuti, secondo l’uso, santamente tutti i sacramenti della Chiesa, benché abbandonato dalle forze, copertosi colle proprie vesti, si levò di letto e, gettatosi in ginocchio, stringendo nelle mani e sul cuore Cristo Signore crocifìsso, morì nel bacio del Signore l’8 di Marzo dell’anno 1550, ritenendolo anche dopo morte; né lo lasciò, ma rimase prodigiosamente, con ammirazione di tutta la città, nella stessa posizione di corpo quasi per sei ore, finché non ne fu rimosso, spandendo un odore meravigliosamente soave. Illustre per numerosi miracoli in vita e dopo morte, Alessandro VIII sommo Pontefice lo iscrisse nel novero dei Santi; e Leone XIII per desiderio dei Vescovi dell’orbe cattolico, con decreto della Congregazione dei Riti, lo dichiarò celeste patrono di tutti gli ospedali ed infermi sparsi ovunque, e ordinò che se ne invocasse il nome nelle litanie degli agonizzanti.

III Notturno. Lettura del santo Vangelo secondo Matteo

VII Lezione Cap. 22, 34-46. In quell’occasione: S’accostarono a Gesù i farisei, e uno di loro, dottore della legge, per metterlo alla prova, gli domandò: Maestro, qual è il più gran comandamento della legge? Eccetera...

Omelia di san Giovanni Crisostomo. Omelia 72 su Matteo. Confusi i sadducei, tornano alla carica i farisei; e mentre avrebbero dovuto star quieti, vogliono continuare la lotta: e desiderosi di tendere insidie, non d’istruirsi, si fanno precedere da uno che si professava perito della legge; e fanno questa domanda: «Qual è il primo comandamento della legge ?». Perché il primo essendo: «Amerai il Signore Dio tuo», pensavano che egli che si dava per Dio, si allegherebbe delle ragioni per riformare questo comandamento e aggiungervi qualche cosa. Che fa dunque Cristo? Volendo mostrare che essi erano giunti a ciò perché non avevano alcuna carità, ma al contrario li rodeva la piaga dell’invidia: «Amerai, risponde, il Signore Dio tuo questo è il primo e il più grande comandamento. Il secondo poi, simile a questo, è: Amerai il prossimo tuo come te stesso».

VIII Lezione. Perché è simile a questo? Perché il secondo conduce al primo, e ne riceve la sua forza. «Perché chi fa il male, odia la luce e non s’accosta alla luce». Si legge ancora: «Lo stolto disse in cuor suo: Non c’è Dio». E ciò che viene appresso: «Si sono corrotti, e son divenuti abominevoli nelle loro brame». E ancora: «La cupidigia è la radice di tutti i mali, per amor della quale alcuni hanno deviato dalla fede» E: «Chi mi ama, osserverà i miei precetti»; dei quali il principale e la radice è: «Amerai il Signore Dio tuo, e il prossimo tuo come te stesso».

IX Lezione. Se dunque amare Dio è amare il prossimo: (poiché il Signore dice: «Se tu mi ami, o Pietro, pasci le mie pecore») se anche l’amore del prossimo fa sì che tu osserva i comandamenti, con ragione, dice, che questo doppio amore contiene tutta la legge e i profeti. E, come s’è visto nei versetti precedenti, interrogato egli intorno alla risurrezione, aveva risposto, a quelli che lo tentavano, con un insegnamento più completo di quello che non reclamava la loro questione; così nella circostanza attuale, interrogato sul primo comandamento, spontaneamente vi aggiunse anche il secondo, il quale è molto inferiore al primo: «Perché il secondo, dice, è simile al primo». Così fece segretamente conoscere che i farisei erano spinti dall’odio a queste interrogazioni. «Poiché la carità, è detto, non è invidiosa».

Approfondimenti: Le sentenze di Gesù Cristo sul significato di amore e di amare.