Nel Messaggio di Natale del 1955, già citato in parte la scorsa settimana, Papa Pio XII denuncia, «accanto all’errore dell’uomo moderno che si inorgoglisce della potenza umana e del suo dominio sulla natura», anche l’errore di coloro che «rifiutano ogni credito all’uomo e alle sue opere e cercano di chiudersi in sè stessi» (cf. Guerry, Op. cit., pag. 34), in «una solitudine sdegnosa e quasi disperata, suggerita dal timore e dall’incapacità di darsi un ordine esteriore».
«Essi - dice il Pontefice - auspicano che l’uomo rinunzi al febbrile esteriore dinamismo, soprattutto tecnico, che si chiuda in se stesso, ove troverà la ricchezza di una vita interiore tutta sua, esclusivamente umana, tale da soddisfare ogni possibile esigenza». Tuttavia «questa interiorità tutta umana è inabile a mantenere la promessa che le si attribuisce, di corrispondere cioè alla totale esigenza dell’uomo».
Aggiunge il nostro commentatore: «da un altro canto, è un grave errore chiudere in sè stesso tale ordine naturale. Occorre lasciarlo aperto alla grazia, all’elevazione soprannaturale che perfeziona l’ordine umano stesso, secondo il piano storico ed unico voluto e compiuto da Dio: aperto alla vita d’intimità con Dio dalla divina adozione, portata al mondo dal Cristo».
Nulla è comprensibile a chi si rifiuta di vedere, dunque di accettare il Fatto soprannaturale (cf. Tesori di Cornelio Alapide, vol. I, sull’Accecamento). La disgrazia dell’uomo di oggi, afferma e conferma il Nostro, è che «egli s’accomoda nella presunzione della sua autosufficienza», esaltandosi dinanzi ai progressi della tecnica ed all’opera da lui realizzata nel campo della natura materiale, «misconosce i limiti della natura umana», dimentica il peccato originale e le sue conseguenze, che hanno privato l’uomo «non del suo dominio sulla terra, ma bensì della sicurezza nell’esercizio di tale dominio» (cf. Pio XII, Messaggio di Natale anno 1956).
L’uomo moderno, inoltre, ignora la realtà e la nozione vera del peccato, che determina nella vita degli uomini e nell’organizzazione sociale un generale e profondo disordine. Come si può fare bene senza la grazia? E come si può possedere la grazia senza la fede?
Aula del Concistoro, domenica, 23 dicembre 1956, Papa Pacelli nel suo Messaggio al mondo intero denuncia «l’opinione di non pochi altri, che, esasperati dalla contraddizione, ma refrattari a rinunziare al sogno della onnipotenza dell’uomo, vorrebbero sottoporre a revisione anche quei valori che non sono in loro potere, che sfuggono al dominio dell’umana libertà, quali la religione e i diritti naturali. In sostanza, essi stimano ed insegnano che la fondamentale contraddizione del nostro tempo può essere rimossa dall’uomo stesso senza Dio e senza religione».
L’uomo di oggi non sa più che l’umanità «non troverà ormai la sua solidità, la sua sicurezza, la sua armonia che nel Cristo Redentore» (Op. cit. pag. 35). Perchè un evento importante ed unico si è verificato nella vita dell’umanità: l’Incarnazione del Figlio di Dio. La verità e l’influsso di questo fatto storico debbono riprendere il loro posto nella coscienza degli uomini. Dice il Papa: «l’umanità non può impunemente respingere e dimenticare la venuta e l’abitazione di Dio sulla terra, perché essa è, nella economia della Provvidenza, essenziale per stabilire l’ordine e l’armonia tra l’uomo e le sue cose, e tra queste e Dio. L’Apostolo San Paolo descrisse la totalità di quest’ordine in una sintesi mirabile: “Tutto è vostro, voi poi siete di Cristo, e Cristo di Dio”. Chi da questo indistruttibile ordinamento volesse lasciar cadere Dio e Cristo, ritenendo delle parole dell’Apostolo soltanto il diritto dell’uomo sulle cose, opererebbe una essenziale frattura nel disegno del Creatore. san Paolo stesso incalzerebbe col monito: “Nessuno si glorii negli uomini”».
Soprattutto i cristiani debbono sapere meglio degli altri che «il Figlio di Dio fatto uomo è runico solido sostegno dell’umanità, anche nella vita sociale e storica, e che assumendo la natura umana Egli ne ha confermato la dignità come fondamento e norma di quell’ordine morale» (Ivi., 24 dicembre 1955).
Il Pastore e Dottore universale così conclude il suo Messaggio del ‘55: «Ritorni il Dio-Uomo tra gli uomini, Re riconosciuto e obbedito, come spiritualmente torna ogni Natale ad adagiarsi nella culla per offrirsi a tutti. Ecco l’augurio che Noi oggi esprimiamo alla grande famiglia umana, certi d’indicarle il cammino della sua salvezza e della sua felicità».
Purtroppo per noi, la famiglia umana ha, al contrario, largamente rigettato il cammino indicato dal Pontefice, giungendo finanche a rifiutare Dio nel governo delle nazioni.
Carlo Di Pietro da ControSenso Basilicata