(Articolo censurato dal direttore del giornale per il quale scrivo - anno 2016). Il diritto e dovere della Chiesa di insegnare (v. missione) la corretta Dottrina sociale si fonda su tre ragioni di cui si è già ragionevolmente accennato nelle scorse settimane: l’educazione; la custodia; la vera carità. Nella sua missione la Chiesa non può rinunciare ad insegnare la vera Dottrina sociale.
Oggi parliamo della seconda ragione: «Come custode della legge morale, la Chiesa non può accettare che l’ordine sociale ed economico violi la legge morale, mentre dovrebbe obbedirle per corrispondere all’ordine voluto da Dio».
Analizziamo brevemente un esempio tangibile ed attualissimo. Il giorno 11 maggio 2016 le cosiddette “unioni civili” sono diventate legge per lo Stato italiano, giammai per Dio. Una legge positiva che si oppone alla legge di Dio, quindi alla legge morale universale, per la sua intrinseca iniquità non vincola le coscienze ed ha misura di violenza.
Cosa ci dice a tal proposito la Chiesa?
Nel settembre 1852, durante le polemiche suscitate dal nauseabondo tentativo di introdurre il “matrimonio civile” nel Regno di Sardegna, Papa Pio IX indirizza una lettera a Vittorio Emanuele II in cui riafferma gli imperativi divini e religiosi che animano l’opposizione della Santa Sede al progetto dibattuto nel Parlamento torinese (cf. Les fondements logiques de la pensée normative: actes du Colloque de logique déontique de Rome, les 29 et 30 avril 1983, G. Kalinowski - F. Selvaggi; Chiesa e società civile al Concilio Vaticano I, P. Petruzzi, Gregoriana, 1984, pag. 203).
Nella lettera il Pontefice insegna: «È domma di Fede essere stato elevato il Matrimonio da Nostro Signore Gesù Cristo alla dignità di Sacramento ed è dottrina della Chiesa cattolica che il Sacramento non è una qualità accidentale aggiunta al contratto, ma è di essenza al Matrimonio stesso, così che l’unione coniugale non è legittima se non nel Matrimonio-Sacramento, fuori dal quale non vi è che un pretto concubinato. Una legge civile che, supponendo divisibile per i Cattolici il Sacramento dal contratto di Matrimonio, pretende di regolarne la validità, contraddice alla dottrina della Chiesa, invade i diritti della medesima, e praticamente parifica il concubinato al Sacramento del Matrimonio sanzionando legittimo l’uno come l’altro» (cf. Multiplices inter, 10 iun. 1851, in Pii IX acta, pars prima, vol. I, 280-284; Ad Apostolicae, 22 aug. 1851, ibid., pars, prima, vol. I, 285-292; Acerbissimum vobiscum, 27 sept. 1852, ibid., pars prima vol. I, 383-395; Pio IX a Vittorio Emanuele, 19 settembre 1852, in P. Pirri, Pio IX e Vittorio Emanuele II dal loro carteggio privato, I: La laicizzazione dello Stato Sardo 1848-1856; Miscellanea Historiae Pontificae 8, Roma 1980, Rist. anast. con prefazione di G. Martina, 117).
Quegli uomini di Chiesa che tacciono davanti al semplice “matrimonio civile” e, peggio ancora, davanti alle “unioni civili”, o che approvano tutto ciò, dimostrano visibilmente di aver rinunciato alla missione, rendendosi colpevoli di gravissime abominazioni. Preannuncia l’Apostolo: «Se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema!» (cf. Gal. I,8 e 9).
Il Guerry spiega: «Poiché l’uomo deve realizzare il suo destino vivendo in rettitudine la sua vita umana in seno all’ordinamento temporale, è di altissimo interesse sapere se tale ordinamento temporale (politico, economico, sociale) non costituisce in sè stesso, con la sua organizzazione, le sue istituzioni, le sue strutture e lo spirito che l’anima, un ostacolo al destino supremo della persona umana e dell’umanità. Esistono infatti società, ambienti di vita, dove è assai difficile […] restare fedeli alla legge morale e vivere una vita cristiana» (Op. cit., pag. 29).
Tornando all’esempio concreto delle ingannevoli “unioni civili”, cosa dovrebbe fare un Sindaco, per non peccare mortalmente, nell’imposizione di “riconoscere” tali perfidi scimmiottamenti del matrimonio? Dovrebbe SENZA ALCUN DUBBIO obiettare e rifiutarsi, accettandone cattolicamente le conseguenze. Essendo un tema delicatissimo, ne parleremo in futuro utilizzando dei veri manuali di Teologia morale, ovvero preconciliari. Questa anticipazione è utile solamente per far capire l’inevitabile connessione esistente fra l’ordinamento temporale e quello spirituale.
Scrive mons. Emile Guerry nel 1958: «La sociologia religiosa ha accertato […], con una analisi serrata dei fatti, l’influenza profonda, spesso determinante che sulla vita morale e religiosa degli esseri umani e delle famiglie esercitano le condizioni sociali ed economiche, l’abitazione, i mezzi di trasporto, le distrazioni, le tecniche d’informazione (stampa, cinema, radio, televisione), il salario e gli ambienti di lavoro, i fattori economici, politici, sociali (come l’alcoolismo e la prostituzione), i raggruppamenti, i fattori educativi o diseducativi (assenza della famiglia)» (Op. cit., pag. 30).
L’alto Prelato non era certo un veggente, ma solamente un uomo di sano intelletto e di retta fede (Imprimatur del 21 marzo 1958), in grado di anticipare gli effetti scrutando le cause. Oggi la politica dimostra di aver abbandonato questo metodo onestissimo, optando per la totale ed anticristica abominazione legislativa.
Asserisce Papa Pio XI il 15 maggio 1931: «Tutti restano quasi unicamente atterriti dagli sconvolgimenti, dalle stragi, dalle rovine temporali. Ma se consideriamo i fatti con occhio cristiano, com'è dovere, che cosa sono tutti questi mali in paragone della rovina delle anime? Eppure si può dire senza temerità essere tale oggi l’andamento della vita sociale ed economica, che un numero grandissimo di persone trova le difficoltà più gravi nell'attendere a quell'uno necessario all'opera capitale fra tutte, quella della propria salute eterna» (al n° 130 di Quadragesimo Anno, sulla ricostruzione dell’ordine sociale nel 40° anniversario della Rerum Novarum di Papa Leone XIII).
Carlo Di Pietro