Poste le premesse elencate nei precedenti articoli, passiamo adesso ad un’essenziale precisazione, al fine di svolgere una corretta apologia della Teologia politica, contro tutti quelli che, definendosi pure a “vario titolo” cristiani, si rifiutano di aderire alla stessa, adducendo svariate motivazioni, prima fra tutte il rigetto di seguire la medesima Dottrina sociale così come viene insegnata e difesa da scuole o movimenti a loro poco congeniali o che essi ripugnano.
Sarebbe come dire: “non mangio la pasta al ragutto, poiché lo fanno anche i comunisti” o “non cammino con le scarpe da ginnastica, perché è abitudine dei fascisti”. L’esempio estremizza molto il concetto, tuttavia le perversità pratiche a cui porta il libero esame possono essere di gran lunga peggiori.
Papa Pio XII, quasi certamente l’ultimo Pontefice ad aver retto la Cattedra anche formalmente e non solo materialmente, il 17 ottobre 1953, nel Discorso per il IV Centenario dell’Università Gregoriana a Roma, ci illumina con le seguenti parole:
«Questo Istituto si propone come scopo la divulgazione della Dottrina sociale della Chiesa, i cui punti principali sono contenuti nei documenti della Sede Apostolica, nelle Encicliche, nelle Allocuzioni e nelle Lettere pontificie». Avendo chiarito il «carattere vincolante» della Dottrina sociale, approfondisce: «Per quanto riguarda questo argomento sorsero varie scuole di sociologia che chiarirono i Documenti pontifici, li spiegarono e li raccolsero in sistemi».
Papa Pacelli prosegue: «Riteniamo che ciò sia stato fatto giustamente, ma non si poteva evitare che le medesime scuole, nell’applicazione dei princìpi e nella deduzione delle conclusioni, procedessero in modo diverso e non raramente discordassero fra di loro». Infine delinea la soluzione veramente cattolica e sentenzia: «A anche in questa materia bisogna evitare quanto già esponemmo trattando della Dottrina della fede cattolica e delle Scuole teologiche. Non si confonda la vera e genuina Dottrina sociale della Chiesa con le varie sentenze particolari di ciascuna scuola» (cf. Documentation Catholique, 7 febbraio 1954, col. 156-157 - Trad. it. di Salvatore Renda in La Dottrina sociale della Chiesa, Ares 1958, p. 20).
Come evidenzia il Pontefice, difatti, è necessario fare sempre distinzione fra l’autentica Dottrina sociale e le conclusioni teologiche o socio-politiche delle varie scuole o correnti, posto che le elaborazioni di alcuni economisti e/o politici, che pur si possono dire cristiani, non sono affatto vincolanti e non fanno parte del Magistero.
L’assistenza nella diretta infallibilità promessa da Nostro Signore Gesù Cristo al Pontefice, ed alla Chiesa docente solo se è a lui suddita, è sì indirettamente estesa anche al popolo (o Chiesa discente), ma solo a condizione che quest’ultimo si attenga scrupolosamente e senza alcuna devianza al Magistero stesso.
Sua Eccellenza Pietro Maria Ferrè, nel suo Commento alla Costituzione Dogmatica Dei Filius sulla Fede Cattolica, sancita e promulgata nella Sessione Terza del Sacrosanto Concilio Ecumenico Vaticano (Casale, 1874) esplicita in maniera elementare questo concetto di fede e cattolica, smorzando anche le frequenti tentazioni di sedicente “tradizionalismo”, di scisma “progressista” ed i tanti sofismi con i quali alcuni auspicano il “ritorno” a presunte “origini”. Egli afferma: «È chiarissimo (scrive indi procede) che realmente la dottrina proposta dal Magistero è antica quanto la Chiesa perchè sempre identica a se stessa, è diffusa in tutto il mondo cattolico, ed è conosciuta e professata da tutti i cattolici. Ciò detto (scrive in questo senso), quindi, è verissimo che si deve credere ciò che sempre, dovunque e da tutti è stato creduto. Ma, per fare ciò, non si richiede altro che aderire semplicemente e con tutta fermezza al Magistero universale ed ordinario della Chiesa».
Prima dell’intervento del Magistero della Chiesa, anche gli studi di economia e sociologia probabilmente hanno ricoperto un importante ruolo di preparazione e di documentazione, tuttavia a seguito della promulgazione di un Documento pontificio a riguardo, ciò che è stato accettato e sancito per vero ed utile dalla Chiesa costituisce Dottrina sociale, ciò che è stato scartato non è più oggetto di trattativa, se ritenuto eretico, offensivo, erroneo, scandaloso o comunque pericoloso.
Lo stesso concetto, di cui vi parlerò con maggiore incisività nel prossimo articolo, è valido per qualsivoglia materia vincolante e raccolta nell’insieme della Scienza teologica, come precisa sempre Pio XII nella sua mirabile Humani Generis: «[Alcuni] vanno dicendo che i Pontefici non intendono dare un giudizio sulle questioni che sono oggetto di disputa tra i teologi; è quindi necessario ritornare alle fonti primitive, e con gli scritti degli antichi si devono spiegare le costituzioni e i decreti del Magistero. Queste affermazioni vengono fatte forse con eleganza di stile; però esse non mancano di falsità. Infatti è vero che generalmente i Pontefici lasciano liberi i teologi in quelle questioni che, in vario senso, sono soggette a discussioni fra i dotti di miglior fama; però la storia insegna che parecchie questioni, che prima erano oggetto di libera disputa, in seguito non potevano più essere discusse».
Carlo Di Pietro da ControSenso Basilicata