Il presente testo è tratto dal volumetto «Un Vescovo contro la Democrazia Cristiana» edito dal Centro Librario Sodalitium di Verrua Savoia. Costa solamente 5 euro. Per acquistarlo cliccare qui. In alternativa consigliamo di fare una donazione all'Istituto Mater Boni Consilii che si occupa anche delle pubblicazioni del Centro Librario Sodalitium. Per inviare una donazione cliccare qui. L'avaro non va in Paradiso, spiega difatti l'Angelico che «l'avarizia è un peccato contro Dio, come tutti i peccati mortali: perché con essa per i beni temporali si disprezzano i beni eterni» (Somma Th., II-II-, 118, a. 1 ad 2).
Dalla Lettera del Card. Tommaso Pio Boggiani al Clero ed al Popolo di Genova
Le ragioni di questa Lettera
Quando le cose sono fuori del loro posto, si ha il disordine; il disordine produce la confusione e la confusione la perturbazione. Dove poi vi e la perturbazione, con molta difficolta si ottiene il bene, e certamente non si ottiene tutto quel bene che si desidera e per conseguire il quale si lavora. È quindi sommamente necessario che, per quanto sta da noi, le cose siano messe al loro posto, affinche si possa avere l’ordine, e con l’ordine la chiarezza, la quale tolga gli equivoci e dia ai volenterosi la possibilità di esplicare la propria azione in modo che essa non fallisca al suo scopo.
Ora è un fatto che, fin da quando apparve il Partito Popolare Italiano si ingenerò una grande confusione nelle idee e quindi nell’azione di moltissimi cattolici, i quali lo ritennero come partito cattolico e quindi come parte, o almeno come una esplicazione, di quella Azione Cattolica militante, che i buoni e zelanti cattolici, ubbidienti all'invito dell’Autorita ecclesiastica, hanno intrapreso per cooperare al ritorno della Società ai principii cristiani e a Gesù Cristo. E quantunque autorevoli voci si occupassero subito a mettere le cose in chiaro e ad esporre nella sua genuina realtà cosa sia il Partito Popolare Italiano, e, ultimamente ancora, replicati ammonimenti cercassero di ben chiarire la vera situazione del partito predetto di fronte all’Azione cattolica militante, pure, per un complesso di ragioni, che trovano in gran parte il loro appoggio sulla buona fede e sull’ignoranza da un lato, e sulla vanità e sull’interesse dall’altro, la confusione e l’equivoco continuano in un modo assai grave, e tale che “l’Azione Cattolica” propriamente detta, sarà gravemente danneggiata, ne sarà compromessa e verrà coinvolta in responsabilità le quali, oltre ad esporla a serii e pericolosi cimenti, le toglieranno tutta o grandissima parte della sua efficacia, e la renderanno sterile.
Così sempre avviene quando all’opera di Dio si mescolano le passioni e gli interessi umani; quando, mancando il vero spirito di fede e di obbedienza, si creano le transazioni, che sacrificano alle idee dell’uomo le idee di Dio; quando si zoppica un po’ da una parte e un po’ dall’altra, cercando di conciliare in nome di Dio ciò che precisamente in nome di Dio è inconciliabile. Ed è questo appunto il grande equivoco dei nostri giorni, equivoco in cui sono caduti e in cui cadono tanta ottima gente, anche del clero.
In presenza quindi di tanta confusione e di tanto pericolo, timorosi che la zizzania che l'inimicus homo sparge sopra il buon grano venga a soffocarlo e a rendere infruttuosi ed inutili gli sforzi che fa l’“Azione Cattolica” per i suoi nobilissimi e santissimi ideali; per rispondere alle replicate domande di consiglio e di direzione che tanti del Nostro Clero e del Nostro Laicato cattolico, sia maschile che femminile, Ci hanno rivolto, mossi unicamente dal dovere gravissimo che Ci impone il Nostro pastorale ministero, riteniamo necessario rivolgere in proposito una chiara e ben ponderata parola al Nostro Clero e Laicato, affinche ognuno, alla Nostra cura affidato possa comprendere la verità delle cose e seguire quella via che la verità impone.
Ben sappiamo che trattare di quest’argomento è cosa di natura sua assai delicata, come è delicato tutto ciò che tocca passioni ed interessi umani, come è delicato tutto ciò che richiede spirito di obbedienza e di sacrificio, come è delicato tutto ciò che penetra nell’intimo e nelle midolle del nostro essere per ricordarci ed intimarci il nostro dovere non sempre consentaneo alle nostre idee. Ben sappiamo tutto questo, e non Ci meraviglieremmo quindi, se questa Nostra parola venisse diversamente giudicata, venisse contradetta e non venisse accettata né seguita anche da parte di coloro che, come sono tutti quelli che si pregiano del nome di cattolici, hanno gravissimo dovere di accogliere gli insegnamenti e di seguire i consigli del loro Pastore. Ma non per questo possiamo tacere di fronte al Nostro dovere che Ci impone di parlare, e di fronte alla verità che ha diritto di essere predicata dal Pastore quando i fedeli suoi hanno il dovere di conoscerla: Non enim possumus aliquid adversus veritatem sed pro veritate (II Cor. XIII, 8): imperocché, non possiamo usare della potestà del Nostro officio contro di quello che è vero, buono e giusto, ma solo per lo stabilimento della verità, della virtù e per la salute delle anime.
Del resto sappiamo pure che, più o meno esteso, vi è sempre e dappertutto del buon terreno in cui è ben ricevuta e ben fruttifica la semente che vi getta il Padre di famiglia, e che, come dicono i libri santi, non mancano mai quelli i quali, se pochi o molti è il segreto della grazia di Dio, sono preordinati ad ascoltare, ad accettare e a seguire la parola di salute. Questo buon terreno sia grandemente esteso nella Nostra Archidiocesi, e siano numerosissimi i preordinati da Dio a ricevere una parola, che è l’eco della persuasione di una mente e del desiderio di una volontà, che altro non vogliono se non il verace bene delle anime e, in questo bene, la gloria di Dio.
L’Azione Cattolica militante
Che cosa sia l’Azione Cattolica propriamente detta, ossia militante, abbiamo chiaramente esposto nella Lettera dell’ultimo Natale, pubblicata nella Rivista Diocesana, nel numero di gennaio dell’anno corrente. Con essa, dicevamo allora, “i cattolici si propongono di riunire insieme tutte le loro forze vive, al fine di combattere con ogni mezzo giusto e legale la civiltà (se civiltà si può dire) anticristiana, e riparare per ogni modo i disordini gravissimi, che da quella derivano; ricondurre Gesù Cristo nella famiglia, nella scuola, nella società; ristabilire il principio dell'autorità umana come rappresentante di quella di Dio; prendere sommamente a cuore gli interessi del popolo, e specialmente del ceto operaio ed agricolo, non solo istillando nel cuore di tutti il principio religioso, unica vera fonte di consolazione nelle angustie della vita; ma cercando anche di riasciugarne le lagrime, di raddolcirne le pene, di migliorarne le condizioni economiche con ben condotti provvedimenti ed adoperarsi quindi perché le pubbliche leggi siano informate a giustizia e si correggano o vadano soppresse quelle che alla giustizia si oppongono; difendere infine e sostenere con animo veramente cattolico i diritti di Dio in ogni cosa, e quelli non meno sacri della Chiesa e del Papa”.
Aggiungevamo che quest’Azione è voluta e benedetta dalla Chiesa; che costituisce un vero Apostolato ad onore e a gloria di Gesu Cristo; che tutti i membri di essa debbono essere cattolici esemplari, convinti ubbidienti alla Santa Sede e di vera pietà; che detta Azione non deve fermarsi alle opere esteme e materiali, parte secondaria, ma che deve esplicarsi specialmente nella parte religiosa, fondamento e base di tutto il nostro benessere. Terminavamo col dire che quest’Azione deve stare sommamente a cuore di quanti avessero vero zelo della gloria di Dio e della salute delle anime, che in special modo dev’essere promossa dai Sacerdoti, e che quanti appartengono a quest’Azione debbono professare esplicitamente, e con le parole e con le opere, il loro amore, la loro obbedienza, la loro venerazione al Papa, Capo visibile della Chiesa e Vicario di Dio sulla terra, al Papa, unico vincolo per cui possiamo essere uniti alla Chiesa e a Gesu Cristo.
Le cagioni che diedero vita al “Partito Popolare Italiano”
L’idea sostenuta già da tempo da qualche pubblicista cattolico, che la conquista del potere fosse l’intento dell’azione sociale pubblica dei cattolici. I seguaci dei nuovi indirizzi, i quali, introdottisi, dopo l’abolizione dell’Opera dei Congressi nell’azione sociale cattolica, tentarono, poco a poco, sia per la condizione dei tempi, sia per altre molteplici e complicate cagioni, di volgerla in una specie di azione Politica. L’impulso di tante circostanze allettative, di grande peso sulla vanità dell’uomo, non ben fondato nella viva fede di Dio, e sull’interesse privato, non ancora vinto dal sincero amore di Gesù Cristo; circostanze poi sempre astutamente colorite dalle apparenze di un maggior bene religioso, sociale, domestico e civile. Lo specioso e in sé lodevole intento di trattenere la Società contemporanea dall’abisso cui ineluttabilmente da tempo va incontro, e che aveva dato occasione a sapientissime disposizioni della Santa Sede circa l’accesso dei cattolici italiani alle urne politiche, accesso regolato, oltre che dalle condizioni generali che debbono sempre ed universalmente reggere ogni azione anche politica dei cattolici, anche da certe speciali determinate condizioni. Le mutate condizioni, e certamente non in meglio, né prima, né durante, né dopo la guerra; i cresciuti e più generali mali; le peggiorate condizioni sociali, con il pericolo del generale sovvertimento e della rivoluzione anarchica. L’accalorimento delle passioni politiche, così nocive al giusto ed equanime giudizio delle cose, e l’oscuramento e la confusione delle idee, avvenuto, anche fra i cattolici, per l’infiltrazione del liberalismo assorbito senza alcun antidoto nelle aule delle pubbliche scuole, nella incauta e dannosissima lettura di giornali d’ogni colore, e nelle pubblicazioni sparse a piene mani da un patriottismo, quanto interessato altrettanto vuoto e fallace. Lo scarso spirito di fermo carattere cattolico, di disinteresse e di lealtà politica dei tanti che, per i primi, seppero trar profitto dalla condiscendenza dell’Autorita ecclesiastica; ma che non seppero affatto corrispondere nella coraggiosa difesa dell’ordine religioso e morale, specialmente in ciò che spetta alia divina missione, anche sociale, della Chiesa e del Pontificato Romano, e che, mostrandosi spogli e vuoti di ogni spirito di magnanimità, amavano di tirare o far tirare in mezzo, dopo d’averla sfruttata, l’Autorità ecclesiastica, addossandole abbagli ed errori, veri o supposti di chi aveva potuto avere da essa qualche mandato speciale onde poter poi predicare la opportunità e la necessità di svincolare da ogni dipendenza dalla predetta Autorità la loro azione politica. Le stesse difficoltà in cui alcuni degli eletti dai voti dei cattolici, e per il loro poco animo e per il conseguente imbaldanzimento degli avversari, si trovarono cacciati e strettamente vincolati, difficoltà di cui essi, con animo né sincero né generoso, cercarono di rigettare la responsabilità sull’Autorita ecclesiastica onde avere, anche da questa parte, pretesto di reclamare maggior libertà di azione. Tutte queste ragioni diedero vita al nuovo atteggiamento che, di fronte ai cresciuti e più generali mali, proclamando l’insufficienza di dispense particolari ristrette a luoghi e a persone determinate, ed affermando, stante la esigenza delle peggiorate condizioni sociali, il bisogno e l’opportunità di una generale derogazione alla legge che prima vietava ai cattolici l’intervento nella vita politica, troppo pericolosa in Italia, si concretò infine, non senza avere, di fronte all’Autorità ecclesiastica, tutte le apparenze di un fatto compiuto, nel nuovo partito che si chiamò Popolare Italiano.
Come fu accolto il nuovo partito dai cattolici
La apparizione del nuovo Partito Popolare Italiano, la cui costituzione veniva da qualche tempo prenunziata in modo quasi misterioso dai giornalisti liberali e dai loro amici, ai quali volentieri amavano di confidarsi gli ideatori, i compilatori e i fautori del nuovo partito, fu naturalmente accolta in diverso modo dai cattolici. Molti che, abituati a penetrare nell’intimo delle cose e a non lasciarsi ingannare dalle apparenze anche più speciose, videro nel fatto rinnovarsi alcun che della parabola del figliuolo prodigo e ne intuirono le naturali conseguenze, scrollarono addolorati il capo. E furono i più, se non per il numero certamente per la esperienza per la competenza e per la sincerità del loro amore alla Chiesa e alla Patria. Altri, più superficiali, colpiti dalla novità della cosa e dall’arditezza del fatto, salutarono con un sorriso di compiacenza non senza tuttavia un interiore sbigottimento sull’esito finale dell’avventura, la nuova falange che, con l’insegna degli antichi crociati, entrava per nuove e pericolose vie al conseguimento di un fine tanto desiderato e sospirato da tutti, quale e la cristiana restaurazione della Società. Altri si tennero in una via di mezzo, e senza accogliere il nuovo partito con eccessiva benevolenza o con esagerata diffidenza, scelsero di differirne il giudizio definitivo quando esso avesse dimostrato nella pratica ciò che fosse veramente. Costoro si posero, come essi stessi si espressero, “alla finestra”, a vedere cosa avrebbero fatto, dopo tanta liberazione, questi “fratelli parlamentari redenti”. Altri, più interessati per se stessi che al comune bene, solamente in secondo ordine zelanti, scorsero subito nel Partito Popolare una nuova e più sicura palestra per ascendere ed assicurarsi i benefici dell’ascesa, e lo proclamarono la facile, sicura e universale panacea di tutti i mali onde è afflitta la nostra povera Patria, e del nuovo partito si fecero paladini ed apostoli zelantissimi ed infaticabili.
Altri poi, più imprudenti, ma tratti alla schiettezza dall’ebrezza del felice risultato dei loro sforzi, vennero subito a dar ragione a quelli che all’apparizione del nuovo partito avevano crollato il capo, e lo cantarono come una grande vittoria sulle idee e sulle tradizioni retrograde, come uno svincolo dalla soggezione della Chiesa in materia civile, sociale e politica (quasi vi possa essere alcuna azione umana non soggetta all’ordine morale di cui, per divin volere, è custode, interprete e vindice la Chiesa), e lo salutarono come una liberazione interna, non meno giusta e non meno benefica di quella che, nel campo internazionale era stata conquistata dai fratelli italiani, cosidetti irredenti. Altri infine, e fra questi il principale ideatore e compilatore del nuovo partito, dichiararono che il Partito Popolare era un provvidenziale provvedimento diretto a svincolare l’Autorità ecclesiastica (forse come la Chiesa era stata alleggerita dal peso del potere temporale perché fosse piu libera nell’esercizio del suo potere spirituale?) da ogni responsabilità nel campo politico, perché il nuovo partito, pure affermando la necessità di un restauro della Società sopra basi cristiane, non mette pero la religione come caratteristica di parte, cioé non prende né Dio, né Gesù Cristo, né la Chiesa, né il Papa a propria bandiera, ma la religione conserva solo come contenuto “di principale differenziazione del partito stesso dagli altri partiti che direttamente prescindono dal problema religioso”.
Così, e reclamando la libertà religiosa ugualmente per tutti i culti, si eviterà, affermano, ogni confusione che possa comunque vincolare la Santa Sede con l’operato del partito. Quasi che si possa propugnare ed operare il cristiano restauro della Società relegando di fatto in soffitta Dio, Gesù Cristo, la Chiesa e il Papa, e concedendo eguali diritti alla verità e all'errore! Oh! a quanta confusione di idee, a quanta inesattezza di linguaggio, a quanta mancanza di logica può la passione politica condurre uomini cattolici di professione e anche sacerdoti!
Come l'Autorità ecclesiastica accolse il nuovo partito
Quanto all’Autorità ecclesiastica, essa: — trovatasi, di fatto, di fronte alla comparsa del Partito Popolare— considerata la condizione angosciosa della Società contemporanea simile al colmo di una crisi nell’infermità, che sospinge ai rimedi piu risoluti ed estremi, ancorché pericolosi — considerato che oggidì gli inconvenienti e i pericoli di un suo intervento nel campo politico, o anche solo di una apparenza di sua partecipazione o connivenza, o consenso, diretto od indiretto in detto campo, sono oltremodo aggravati, e che, in ogni caso, anche quando non fosse stata ascoltata ed obbedita, avrebbe incorso, per l’apparenza contraria, come già erasi frequentemente avverato nel passato, il biasimo di colpe non sue, e, ancora più frequentemente, di fatti, di errori, di inesattezze dottrinali in cui non è difficile trascorrere a laici incompetenti; — atteso, d’altra parte, che una sua esplicita disapprovazione del nuovo partito, che si era di fatto affermato all'infuori di essa, o non sarebbe stata accolta, o avrebbe riversato sopra la Santa Sede tutta la odiosità di conseguenze dovute alla tristezza dei tempi, alla suscettibilità degli sconfessati e alla mala volontà dei nemici della Chiesa; — ammettendo come verace e leale il proposito espresso dagli ideatori e dai fautori del partito, di volersi ispirare ai principii del cristianesimo e porre la coscienza cristiana a fondamento e presidio della vita della Nazione; — vedendo affermato nel programma politico-morale del partito il sacro patrimonio delle genti cristiane e persuadendosi quindi, quale buona madre, che i nuovi uomini si presentavano animati da buone intenzioni: — l’Autorità ecclesiastica si tacque, e non contrastò a chi volle assumersi le gravissime responsabilità del nuovo atteggiamento e dell’entrata, con il nuovo partito, nell’arringo della vita politica in Italia, la libertà di incorrerle tutte a proprio suo rischio e pericolo. Essa si riserbò però naturalmente il diritto, perché è suo imprescindibile dovere, di intervenire autorevolmente quando la purezza della fede e della morale e i diritti della religione lo richiedessero. Posto così il fatto, non sconfessato dalla legittima Autorità ecclesiastica, dell’esistenza del Partito Popolare Italiano, era naturale che il Comitato centrale dell’Unione elettorale cattolica, cui fino allora era stata devoluta la direzione della partecipazione dei cattolici italiani alle urne politiche, e di cui veniva quindi a cessare lo scopo, presentasse le sue dimissioni, e che la Giunta Direttiva dell’Azione Cattolica Italiana le accettasse. In tal modo i cattolici italiani passavano ad un nuovissimo stato di cose, perché di fatto veniva lasciata alla loro libera iniziativa l’azione strettamente politica.
Il Programma del Partito Popolare
II programma del nuovo partito non poteva certamente superare il criterio tutto umano e la debolezza della mentalità di coloro che l’avevano concepito e condotto a vita. Esso, mentre da una parte non rappresenta tutto ciò che avrebbe dovuto essere apertamente voluto dalle giuste esigenze dei veri e sinceri cattolici, e tace assolutamente di questioni di cui i cattolici invocano e devono invocare la soluzione, dall’altra parte invece inchiude punti e rivendicazioni d’ordine morale, economico, sociale ed anche strettamente politico, a cui i cattolici non sono punto obbligati ad aderire in forza dei loro principii o della evidenza di logiche applicazioni dei principii stessi; ma ne debbono anzi, e per quelli e per queste, giustamente dissentire. Basti accennare a ciò che tocca le dottrine morali e sociali della Chiesa; all’invocazione della libertà religiosa per tutti i culti, ponendosi così apertamente con i liberali, nel riconoscere gli stessi diritti alia verità e all’errore: alla ricerca della paternità e al voto elettorale delle donne. Due punti, questi ultimi, certamente discutibili secondo le dottrine cattoliche, e perciò da non imporsi alle coscienze cattoliche, e che, non esenti da gravissime difficoltà anche nella pratica, non saranno certamente tali da poter proteggere e conservare l’integrità e la pace della famiglia, e la difesa di essa contro tutte le forme di divisione, di dissoluzione e di corrompimento.
Naturalmente, con un programma di tale natura, e con un appello informato non già alla nitida e sobria precisione del linguaggio cristiano, ma piuttosto al roboante, vuoto ed inetto frasario dei neologismi correnti; ispirato alla filosofia moderna; con inopportuni, e, in bocca di uomini che si professano cattolici e di sacerdoti, stolti accenni alla famosa, canzonatoria e ormai vieta sovranità popolare; con vaghe allusioni al bagaglio dottrinale del liberalismo e della democrazia vigente, e con la grave confusione quindi di idee, necessariamente sgorgante da un simile linguaggio; — ben poteva il segretario politico del nuovo partito, pur essendo sacerdote, proclamare ai quattro venti che il Partito Popolare apriva le sue porte a tutti, senza alcun riguardo alle opinioni che chiunque potesse avere, purché del partito si accettasse il programma. Dichiarazione questa, di una tale gravità che, mentre dimostra senz’altro, a chi ha occhi per vedere e intelletto per comprendere, la natura del Partito Popolare, avrebbe dovuto avere di per sé l’effetto di richiamare al nuovo partito tutti, eccettuati solamente i cattolici veramente degni di questo loro appellativo!
Natura del Partito Popolare
Da tutto questo, e a filo di stretta logica, procedono le seguenti conclusioni: le quali ci manifestano con chiarezza la natura del nuovo partito.
1.°) II Partito Popolare non è, non si chiama, e non si può in alcun modo chiamare partito cattolico. E ciò ancorché esso apparisca ideato e concretato da gente cattolica; compilato con qualche cosa di cattolicesimo, in quanto il suo programma è affermato sopra di un generico fondo cristiano; ed ordinato ad inscrivere nelle sue file specialmente i cattolici, ai quali, in tempi così difficili per essi e difficilissimi per la Santa Sede, (nel caso di un suo contrario atteggiamento in proposito) si è voluto ad ogni costo aprire un varco alla libertà della vita politica.
2.°) II Partito Popolare è un partito di natura sua aconfessionale. E tale fu dichiarato dai suoi stessi ideatori e creatori, i quali lo vollero costituito all’infuori di qualunque ingerenza della ecclesiastica Autorità; che lo dichiararono da essa indipendente; che esclusero positivamente di prendere a propria bandiera la religione, e che ne apersero le porte ai seguaci di qualunque fede. E così facendo, è necessario notarlo, essi si privarono della maggior forza ed efficacia che avrebbero potuto avere per conseguire il lodevole intento di riportare al cristianesimo l’ordine sociale, e si misero fra coloro che, sia pure con speciosi pretesti, di fatto però, realmente si vergognano di Dio e di Gesù Cristo, della Chiesa e del Papa. Né gli speciosi pretesti pei quali si adottò questa tattica, valgono a tranquillizzare la coscienza di chi è sinceramente e pienamente cattolico, né libereranno il partito da quella debolezza, che formerà tutta la forza dei suoi avversarii politici.
3.°) Con questa sbagliata ed infelice tattica, il Partito Popolare si mette, di fatto, fra coloro che nella vita pubblica prescindono da Dio. Perciò, nonostante il suo proposito di considerare la coscienza cristiana fondamento e presidio della Nazione, e di salvare tutto ciò che è sacro patrimonio delle genti cristiane, il Partito Popolare si guardera bene dal far sentire il nome santo di Dio nelle sue adunanze e nelle aule parlamentari, e anche quando si tratterà di sventare e di combattere gli iniqui progetti degli avversarii, anche quelli che sono una manifesta e sfacciata violazione della legge santa del Signore e di punti fondamentali della nostra fede e morale, come per esempio e il progetto di legge per il divorzio, addurranno sì ragioni umane, ma non avranno il coraggio di ricordare e di intimare apertamente il precetto di Dio, la cui forza, si voglia o no, sente nel suo intimo ogni uomo, sia pure liberale, socialista o massone.
4.°) II Partito Popolare, formatosi fuori del campo dell’Azione militante cattolica, non è quindi in nessun modo né il rappresentante né l’esponente della stessa nostra Azione Cattolica.
5.°) Per conseguenza i deputati eletti con i voti del Partito Popolare non possono presentarsi nelle aule legislative come rappresentanti dei cattolici, della quale rappresentanza né essi hanno il mandato, né, e sia detto con loro venia, hanno ancora dimostrato di possedere la capacità adeguata per poterlo legittimamente ottenere e fruttuosamente assolvere.
6.°) Infine al Partito Popolare non solo non è riconosciuto, ma è espressamente negato ogni e qualsiasi mandato di lavorare alla preparazione e alla formazione delle coscienze per l’opera di restaurazione cristiana della Società, opera che è propria dell’alta missione e tutta materna della Chiesa.
Gravità di queste conseguenze
Umilianti, ma necessarie conseguenze dell’ideale, tutt’altro che perfetto e generoso, che si ebbe nella costituzione del Partito Popolare. Proclamatosi partito politico aconfessionale, con un programma che può essere sottoscritto dai seguaci di qualunque dottrina e di qualunque fede, ai quali si sono quindi aperte le porte del partito stesso; privo della forza divina e soprannaturale che gli sarebbe venuta dall’accettazione e propugnazione esplicita di tutte le verità insegnateci dal Figliuolo di Dio, le uniche che possano rimettere veramente la Società sulle basi della giustizia, dell’ordine e della pace; il Partito Popolare si troverà naturalmente costretto da preoccupazioni tattiche, ora a silenzio, ora a concessioni, ora a compromessi che lo metteranno alla pari con qualunque altro partito di uomini, e dovrà di tutti gli altri partiti seguire i metodi, subire le imposizioni, partecipare alle sconfitte. Oggi dovrà associarsi ai liberali, domani ai massoni, poscia ai socialisti o a qualsiasi altra coalizzazione, secondo che la opportunità potrà suggerire; mendicando così da coalizzazioni umane quel sostegno che la propria debolezza gli rende necessario, ma che avrebbe potuto avere, sicuro e invitto, nella fortezza del carattere cristiano.
E con quali risultati si mendicheranno questi appoggi? Con quelli che sono riserbati a chi confida più nell’uomo che in Dio, cioé col riuscire infine ad essere lo zimbello dei partiti avversarii, che gli faranno provare le più amare disillusioni. È questa la fine riserbata a tutti quelli che per scopi politici fanno concessioni nel campo religioso, come lo dimostra in generale la storia della vita parlamentare di tutte le nazioni, e, in speciale per noi, la storia dei sette decenni della vita parlamentare italiana. Quale contegno adunque dovranno tenere i cattolici di fronte al Partito Popolare? Non è difficile rispondere dopo quanto si è premesso.
Le Associazioni Cattoliche e il “Partito Popolare”
Le Associazioni che fanno parte dell’Azione Cattolica militante non possono in alcun modo, senza distruggere se stesse, dare il loro nome al Partito Popolare. Questo punto è evidente e non può presentare alcun dubbio. E in questo senso sono le istruzioni autorevolmente date in proposito. Infatti: le Associazioni predette sono essenzialmente e apertamente confessionali, agiscono nell’ambiente di organizzazioni volute e benedette dalla Santa Sede, e sono da essa pienamente dipendenti e ad essa interamente obbedienti; — esse portano tutte manifestamente scritto sulla loro bandiera i nomi di Dio, di Gesù Cristo Redentore nostro, della Chiesa e del Papa; — esse fanno tutte esplicita professione di lavorare con l’esempio, con la parola, con le opere e con la preghiera per il trionfo dei diritti di Dio sugli individui, sulla famiglia e sulla Società, e per la rivendicazione e la tutela dei diritti della Chiesa e del Papa; — esse portano tutte nel loro cuore, con l’amore delle falangi degli antichi Martiri, il santo Vangelo in tutta la sua integrità, e propugnano con esso, senza alcuna restrizione, senza alcuna transazione, senza alcun compromesso con gli avversarii, l’avvento sulla terra, in tutta la sua pienezza, del regno di Dio Nostro Signore Gesù Cristo.
Come potrebbero, quindi, le Associazioni cattoliche dare il loro nome ad un partito politico che, se non è negazione, è però studiato e perfetto silenzio di tutto cio che per esse è vita? Come potrebbero esse, ordinate ad operare fuori e sopra qualunque partito, anelanti ad estendere la loro salutare influenza a tutti gli uomini, di qualunque partito siano, per tutti condurre a Gesù Cristo, legare la loro azione a quella di un partito il cui programma annullerebbe il loro, e di cui dovrebbero quindi seguire e condividere le misere vicende? Come potrebbero esse, che debbono rispecchiare in sé l’azione superiore, tranquilla, pacifica, benefica di Dio, confondersi con un partito politico che le trascinerebbe e coinvolgerebbe nelle proprie responsabilità tutte umane, nei propri cimenti e negli odi, cui, per certa necessità di cose, ogni partito politico è fatto segno da parte dei suoi avversari? Come potrebbero più le Associazioni cattoliche compiere la propria missione, unendosi (che nel caso nostro vorrebbe dire sottomettendosi) ad un partito essenzialmente aconfessionale, sorto, di fatto, all’infuori dell’Autorità ecclesiastica, che agisce nel pericolosissimo campo della politica, padrone e libero di sé, e quindi con gravissimo pericolo di uscire dalla buona via, responsabile delle conseguenze dei suoi errori, e che, il proposito di lavorare per porre l’ordine sociale sopra basi cristiane, ha reso inefficace con un programma ispirato più al timore del mondo, che all’amore di Dio, di Gesù Cristo, della Chiesa e del Papa?
È adunque manifesto che le Associazioni cattoliche non possono dare il loro nome al Partito Popolare Italiano, ma che debbono anzi gelosamente evitare tutto ciò che puo avere anche solo l’apparenza di una partecipazione ai lavori del partito o un qualunque nesso od addentellamento con il partito stesso. E conseguentemente tutti i membri delle nostre Associazioni cattoliche, i quali occupano in esse un posto di superiorità, non possono e non debbono mai accettare e tenere nel Partito Popolare, nel caso che vi avessero dato il nome, una preminenza o un officio qualunque.
I cattolici individui e il “Partito Popolare”
Ma cosa dobbiamo dire quanto ai cattolici, considerati individualmente, in rapporto al Partito Popolare? Se consideriamo solo la liceità di partecipare alia vita politica e di accedere alle urne, il nuovo stato di cose pubblicamente creato in Italia con la costituzione del Partito Popolare, con la conseguente abolizione nella Unione elettorale cattolica e con la tolleranza, di fatto, della Santa Sede, certamente sono oggi liberi i cattolici italiani di entrare nell’arringo della vita politica, di accedere alle urne e di ascriversi a quel partito che la loro coscienza può giudicare meritevole della loro adesione e che, fra tutti gli altri, non potrebbe essere oggidì che il solo Partito Popolare, il quale, nonostante tutte le sue deficienze, fa almeno esplicita professione di lavorare per riporre l’ordine sociale sopra basi cristiane.
Ma debbonsi i cattolici consigliare a questo? Vediamo prima di tutto che cosa significa la parola consigliare, e poi manifesteremo chiaro il Nostro pensiero in proposito. Consiglio è: inquisitio de agendis et persuasio amicabilis. Consigliare quindi significa: dopo che con diligente ricerca della ragione si è trovato ciò che, tenuto conto di tutte le circostanze, conviene alla vita virtuosa dell'uomo in ordine ad un determinato fine, suggerirlo e proporlo a se stesso e agli altri, (agli altri per dovere, se di essi si ha cura e responsabilita, altrimenti per spirito di carità), perché sia tenuto per regola di azione in quel dato ordine di cose e in relazione a quel determinato fine, in modo da far comprendere che il suggerimento deve essere accettato, eseguito e praticato, se si vuole essere ragionevoli e virtuosi.
Orbene potrei io consigliare ai miei diocesani di dare il nome al Partito Popolare, cioé di entrare in un partito dove essi potranno trovarsi a fianco del liberale, del massone, del protestante, del nemico, del derisore della loro fede, del loro Dio, del loro Papa, poiché anche a tutti questi il partito ha di fatto aperto le sue porte? — Dove tutto si tratterà senza cominciare dal segno della croce e dalla preghiera? — Dove non si tollererà che si parli chiaramente dei diritti di Dio, anche sulla Società, e di quelli della Chiesa e del Papa? — Dove si farebbe difficolta a permettere di invocare la legge santa di Dio e di poggiarsi anche sopra di essa, per combattere gli iniqui progetti di coloro che vorrebbero sempre più allontanare il popolo da Dio? — Dove non si accetterebbe la proposta di rivendicazione di tutto ciò che sta di più a cuore dei veri e dei ferventi cattolici? — Dove chi si attentasse di alzare la sua voce in questo senso, sarebbe subito zittito? — Dove, a causa di tanti elementi eterogenei e di opposto sentire, dovranno talvolta assistere a sedute dalle quali può esulare ogni senso di cristiano ed educato contegno? — Dove, per disciplina ad un partito che non può ancora dare la necessaria garanzia di se stesso, né sempre quella dei suoi candidati, i cattolici potranno trovarsi nella necessita di dare il loro voto a persone che, sia per i loro principii sia per il loro carattere, non danno alcuno affidamento? — Dove dovranno talora assistere a certe transazioni, a certe tolleranze che ripugnano al senso cattolico, e vedere scambiarsi pubblicamente anche strette di mano fra capi del partito e persone nominatamente scomunicate dalla Chiesa?
Potrò io consigliare tutto questo ai miei diocesani, e dir loro che, se non seguono il mio consiglio, non agiscono da uomini ragionevoli e virtuosi? Certamente che no.
Ma allora, si dirà, che cosa dovranno fare i cattolici? Dovranno essi assistere impassibili ed inerti allo sfacelo della Societa, alla progressiva scristianizzazione del nostro popolo, alla rovina di tutti i nostri santi ideali? Naturalmente, se l’entrare nel Partito Popolare fosse l'unica via per ottenere i nostri santi intenti, si potrebbe forse ripetere l’invito che fin da principio alcuni egregi pubblicisti fecero ai cattolici dicendo loro: entrate nel Partito Popolare entrate, entrate. Ma questo non è; che anzi, un anno e più di vita del Partito stesso non ha ancora affatto potuto dimostrare che la sua via possa essere in alcun modo quella della salute. Che cosa debbano i cattolici fare per ottenere il restauro cristiano della Società, per impedire la ulteriore scristianizzazione del nostro popolo e per la vittoria dei santi ideali che stanno a cuore di tutti i buoni, essi ben lo sanno. Lo sanno dal Catechismo, lo sanno dalle spiegazioni del Vangelo e dalle istruzioni domenicali dei loro pastori, lo sanno dagli insegnamenti della Chiesa, dei Papi, dei Santi; lo sanno dalla storia, sempre grande scuola della vita umana. Tutti questi insegnamenti Noi abbiamo compendiato e ricordato ai Nostri diocesani nella Nostra Lettera pastorale intitolata “Per il ritorno della Società a Dio”, e loro indirizzata lo scorso aprile, sotto la data della festa del grande cavaliere di Gesù Cristo e patrono della Nostra Citta: San Giorgio.
Ma, potrà ancora alcuno dire, il gran numero degli stessi cattolici non comprende più oggidì quel linguaggio, mentre invece ben comprende, e volentieri segue, i nuovi insegnamenti che indirizzano ad una via più larga, più comoda, più conforme alle esigenze della vita moderna, la quale fa ormai a meno di quella austerità, di quel carattere, di quei sacrifici, di quella purezza di fede, di quella vivezza di senso cristiano, che formavano la vita e la felicità dei nostri padri. Purtroppo, questo è vero, ed è quello che rattrista grandemente. Ma, e lo si ricordi bene, non saranno sicuramente le nuove vie che porteranno alla vittoria dei santi ideali dei figliuoli di Dio. È inutile e stolta ogni illusione in proposito. Da quando cominciarono a piacere le nuove vie, cominciarono le rovine, che poi andarono ed ora vanno crescendo di numero e di gravità a misura che, camminando per le nuove vie, siamo andati e andiamo allontanandoci da Dio. Così sempre avviene quando si abbandona Iddio per seguire l’uomo.
Ma allora; che cosa dovremo dire di tanti buoni cattolici e di tanti del clero stesso che hanno dato il loro nome al Partito Popolare e che per esso lavorano? Se tutti quelli che, usando della libertà oggidì di fatto concessa ai cattolici italiani di scendere nel campo della vita politica, diedero o danno il loro nome al Partito Popolare, hanno dato o lo danno: — per impedire che gli elementi eterogenei, ai quali si sono aperte le porte del partito, lo facciano deviare anche da quella base cristiana sul quale esso ha formato il suo programma; — per impedire che ingerenze di governo, di banche, di giornali intervengano a disporre dei lavori del partito; — per affermare sempre più, nel partito, i principii schiettamente cattolici, e farli prevalere; — per introdurvi a poco a poco quella parte di schiettezza cattolica e di cattolico carattere che ancora gli mancano; — per indurre con il loro numero e con la loro franca energia, la Direzione del Partito a scegliere per candidati parlamentari uomini di fede, di disinteresse e di sacrificio, i quali comprendano l’altezza e la santità del loro mandato, e lo compiano alla presenza di Dio senza diserzioni, senza pusillanimità e senza debolezze; — per procurare infine che il Partito si spogli coraggiosamente di tutte le sue deficienze e manchevolezze, che porti palesemente impresso in fronte il Thau, segno dei figliuoli di Dio, e si renda così degno ed atto ad operare e conseguire il fine che afferma di essersi proposto, cioé il riordinamento sociale sopra basi cristiane; — se, dico, per tutti questi nobili e santi scopi hanno dato il lor nome al Partito tutti i cattolici, sacerdoti e laici, che vi entrarono, allora essi potrebbero anche essere lodati. Ma si ricordino bene tutti costoro, che non hanno fatto tutto con solo ascriversi al Partito Popolare, che anzi, come chiaro risulta da quanto si è detto, grande, difficile, coraggioso e costante lavoro hanno essi da compiere, se vogliono veramente meritare questa lode, e non rimanere un giorno amaramente delusi, confusi e pentiti.
Ma, si dirà ancora, nei tempi difficili in cui noi ci troviamo, se ci presentassimo nel campo politico a faccia aperta con tutto il programma cattolico, non ci ascolterebbero affatto e nulla mai noi potremo ottenere. Mentre invece, presentandoci per ora con un programma limitato che può essere accettato anche da altri partiti, noi comincieremo ad ottenere facilmente qualche cosa, e così potremo a poco a poco conseguire ciò che è l’intento nostro finale, l’attuazione cioé del completo programma cattolico. Noi giudichiamo quindi essere una necessità l’adottare questa forma amorfa e non fare ancora apertamente spiegare la nostra bandiera. A questa difficolta si risponde che, certamente altra fu la tattica usata dagli Apostoli e da tutti gli apologisti che, da Giustino in poi, affrontarono nemici e situazioni ben più tristi e più gravi di quelli che dobbiamo affrontare noi. Essi scendevano in campo a viso aperto, forti del nome di Dio e del suo Vangelo, non usavano reticenze, non venivano a compromessi, nulla aspettavano o temevano dagli uomini; ma, fermi nella fiducia che ponevano in Dio, nella santità della loro causa, ed animati dalla grande carità, che li portava a voler comunicare al loro prossimo i divini tesori della verità e della santità cristiana, combattevano con coraggio divino la divina causa E l’esito dei loro combattimenti, l’effetto della loro coraggiosa fortezza tutti lo conosciamo: il mondo divenne cristiano e tale per molti secoli si conservò.
Ora, la debolezza della nostra fede e la deficiente nostra carità ci hanno suggerito altre vie, e non solo da oggi. Sono le vie che diremo neutre, le vie che convengono ai timidi, ai poveri di spirito, ai mancanti di carattere. Sono anni che i timidi, i poveri di spirito, i mancanti di carattere sono entrati in queste nuove vie e vi combattono per la santa causa; ma con quale esito? Come si spiega che dopo tanti anni di lavoro e di sforzi, dopo tante pubblicazioni, tanti discorsi, tante opere di pietà e di carità, tanti annali di beneficenza, tante creazioni dispendiose, non si è ancora riusciti a rimettere la Società sulla buona via; ma siamo invece chiamati ad assistere alla più minacciante delle situazioni? Come si spiega che gli uomini più considerevoli, i pubblicisti e gli economisti più distinti, pur disponendo di tutti i mezzi della pubblica potenza, falliscono completamente nelle loro intraprese? Come si spiega che anche l’azione di coloro che per questo nobile scopo scendono nuovamente animosi nel campo, non ispira seria fiducia, quantunque essi si coprano del segno glorioso degli antichi crociati? Come si spiega tutto questo, quando sappiamo che dodici poveri Pescatori rinnovarono la faccia dell’universo, e che i Martiri e gli Apologisti portarono a Gesù Cristo gl’imperi e i regni, i popoli civili e i popoli barbari? Si spiega benissimo col solo dire che in tutto questo lavoro noi abbiamo abbandonato le vie insegnateci da Dio e ci siamo messi nelle vie che ci hanno suggerito gli uomini, vie che non sono sufficienti a condurci allo scopo. È questa la verità.
Vi e un’ultima difficolta. — Se noi, si dice, ci presentassimo nel campo della vita politica e nelle aule parlamentari con un programma apertamente e completamente cattolico, noi comprometteremmo gravemente la stessa religione, la Chiesa e la Santa Sede. Ed è appunto questo che noi vogliamo evitare. Noi, cattolici, intendiamo fare della politica come il commerciante cattolico fa del commercio. E come il commerciante, pure ispirandosi ai principii cattolici e seguendoli, non esercita però il suo commercio né in nome della religione né con una continua esplicita professione del suo Credo; così intendiamo di fare noi nella vita politica. Noi intendiamo di mettere le nostre forze a servizio della Società operando una politica a fondo cristiano; ma non vogliamo inceppare la nostra azione con dichiarazioni, professioni e programmi di fede religiosa, perché né crediamo di esservi obbligati, essendo la politica indipendente dalla fede religiosa, né pensiamo possa riuscire utile alla religione stessa, alla Chiesa e alla Santa Sede, perché dovremmo reclamare ciò che giustamente reclamano la religione, la Chiesa e la Santa Sede, e allora noi saremo ritenuti come mandatarii della Chiesa e della Santa Sede, e i nostri avversari potrebbero rivolgere contro di essa le loro ire e la loro violenza. Il che, come gia abbiamo detto, è appunto quello che noi vogliamo evitare.
Non è difficile rispondere a questa difficolta nella quale, in poche parole, vi è molta speciosità e moltissima, gravissima e pericolosissima confusione. Prima di tutto, è manifesto che i principii e gli insegnamenti del Vangelo, i quali costituiscono l’unica vera religione che è la Cattolica, non dipendono né dalla Chiesa ne dalla Santa Sede. Essi esprimono la volontà di Dio, superiore a tutti e a cui debbono essere soggetti tutti, anche quelli che pretendono di fare senza Dio; la Chiesa poi e la Santa Sede (che della Chiesa rappresenta il governo supremo) hanno il gravissimo dovere di conservare, difendere e proporre il Vangelo all’umanità, come unica via di bene e di salute per gli individui e per la Società. Quei cattolici quindi, che protestano di discendere nel campo della vita pubblica e politica con il programma di ricondurre l’ordine sociale sulle basi cristiane, debbono assolutamente proclamare a tutta voce, difendere con tutte le forze e far prevalere quanto è possibile i principii del Vangelo, sotto pena di fallire al loro scopo. Ed i principii del Vangelo essi debbono proclamare, difendere e propugnare non già come li accettano e li spiegano, dopo d’averli fatti passare sotto la censura del loro giudizio privato, i Tedeschi, gli Inglesi, gli Americani e tutte le altre sette che rotto il vincolo della loro unione con la vera Chiesa di Gesù Cristo, amano tuttavia chiamarsi cristiane e dichiarano di seguire il Vangelo; ma così come il Vangelo è proposto e spiegato dal Magistero della Chiesa Cattolica Apostolica Romana, Magistero che si impernia nel Papa.
Questo è il dovere dei cattolici operanti nella vita pubblica, dovere loro imposto dalla natura stessa delle cose, cioé da Dio. Ora, nessuno che abbia sale di ragione potrà, conoscendovi come cattolici, quali vi proclamate, rimproverarvi che così da cattolici operiate, e credere seriamente che voi così operiate quali mandatari della Chiesa e della Santa Sede, e che per conseguenza voi con tale vostra azione le compromettiate. Questa è tutta paura vostra, paura purtroppo tenuta cara, perché vi pare che essa valga a dispensarvi legittimamente dai doveri gravissimi che vi siete assunto discendendo nel campo della vita pubblica e politica. Oh! ben lo sanno i vostri avversari politici, che cosa importi il dovere di vero cattolico, e, quantunque avversino le cattoliche dottrine, sono però essi stessi i primi ad esigere, e giustamente, che voi vi diportiate da cattolici, a dirvi che da cattolici dovreste parlare, e ve lo dicono appunto, quando cercando voi di guadagnarvi la loro benevolenza o di meritarvi la loro tolleranza con dichiarazioni e proteste di sapore più o meno liberale vi rinfacciano apertamente che non vi credono e vi chiamano ipocriti. Ben sanno i vostri avversari politici, che, se voi siete veramente cattolici, come vi proclamate, non potete abbracciare la facile teoria della duplice personalità una più o meno laica, ossia atea, nella vita pubblica, l’altra religiosa nella privata; che non potete non combattere tutte le inique leggi o gli iniqui progetti che alla cattolica dottrina si oppongono, e sanno che voi dovete ciò fare in nome di Dio, perché è Iddio che nel Vangelo ve lo comanda.
Ben sanno i vostri avversari politici, che se voi siete veri cattolici, come dichiarate di esserlo, dovete amare, desiderare e propugnare la libertà della Chiesa e quella del Papa; essi sanno che voi non potete e non dovete approvare il fatto compiuto di Roma strappata al Papa, il più grande errore storico, politico e sociale che si sia commesso da cinquant’anni in qua, come lo confessano tanti dei liberali stessi. Essi sanno, che se voi siete veri cattolici, dovete giudicare che la cosiddetta Questione Romana è più viva che mai specialmente dopo la triste esperienza della terribile guerra passata. Essi sanno pure che i cattolici, reclamando la libertà della Chiesa e del Papa, non osteggiano punto in alcun modo il bene di questa nostra Patria, ma che anzi ne promuovono il vero suo vantaggio, la pace e la tranquillità.
Imperocché è loro noto, e ne sono persuasi, checché ne dicano in contrario, che la Chiesa e il Papa, pure esigendo, come è di loro strettissimo dovere, la libertà che Iddio, capite bene, che Iddio ha loro dato, sono essi i primi, la Chiesa e il Papa, a volerla in modo che sia l’ltalia stessa a goderne per la prima, con ogni abbondanza e sotto ogni rispetto, i salutari e benefici effetti. E sanno pure che voi pensando, parlando ed operando così, voi compite il vostro dovere, dovere impostovi da Dio perché impostovi dal Vangelo. E non vi crederebbero se voi diceste altrimenti. Ben sanno ancora, i vostri avversari politici, che se voi non compite tutti questi doveri che vi siete assunti entrando come cattolici nella vita pubblica, né la vostra coscienza, né la Chiesa, né la Santa Sede vi potranno approvare; ma comprendono essi stessi che sarebbero stolti, se si ponessero a combattere di più la Chiesa e la Santa Sede, perche voi compite unicamente il vostro dovere di cittadini cattolici. Che, se cio facessero, sarà in realtà effetto, come sempre, della loro volonta perversa.
Diciamolo chiaramente: chi compromette la Chiesa e la Santa Sede è la vostra debolezza di carattere, e la mancanza in voi di vivo senso e di vivo spirito cristiano. Eh, via! Dite adunque piuttosto che non avete la piena cognizione del Vangelo o che non avete il coraggio di propugnarlo; dite che non avete il vero amore della Chiesa e del Papa, perché non li conoscete quali Iddio li ha costituiti nella pienezza dei loro diritti, e quali l’umanità tutta per tanti secoli li ha ammessi e rispettati; confessate apertamente la vostra debolezza e la vostra ignoranza, ma non cercate di nasconderla con scuse, che sono la vostra aperta condanna. Non vedete voi i partiti sovversivi con quanta forza, con quanta fermezza e chiarezza, con quanta perseveranza, propugnano le loro rovinose dottrine? Essi meritano la lode che si ebbe dal padrone il villico del Vangelo, e voi vi meritate il rimprovero del Signore: “Ed il padrone lodò il fattore fraudolento perché aveva operato con avvedutezza; conciossiaché i figliuoli di questo secolo siano, nelle opere loro, più avveduti, che non i figliuoli della luce” (S. Luc. XVI, 8).
Oh! ricordatevi sempre che i soli moventi degni che abbiano i figliuoli della luce, sono la ragione, la fede, la speranza e sopratutto la carità: e questi moventi, quando siano di buona lega e alquanto intensi, sono capaci di tali eroismi, che, innanzi ad essi, tutti i figli del secolo si possono andare a riporre, come è attestato da ogni pagina delle Storie Ecclesiastiche. Ma purtroppo, ed è questa la nostra grande sciagura, in questi nostri tempi, questi motivi santi e nobilissimi si sono illanguiditi e raffreddati, e quindi ne procede quell’operare rimesso, svogliato, difettoso, il quale, se non fosse sostenuto da puntelli naturali, che da molti purtroppo si ritengono ormai indispensabili, sarebbe addirittura nullo.
Che poi nell’azione politica si debba prescindere dalla religione, è un errore gravissimo in sé e pericolosissimo per le sue conseguenze. Certamente, il commerciante che nel suo commercio segue i principii della moralità e della giustizia cristiana, anche senza recitare dinanzi ai suoi clienti il Credo, ha compiuto tutto il suo dovere. Ma il cattolico che scende nel campo della vita pubblica e politica protestando di voler seguire e attuare il programma cristiano-cattolico, e nella sua azione prescinde poi dalla religione, non solo non compie il suo dovere, ma lo offende gravemente. Egli inganna se stesso, inganna il suo prossimo, e non inganna, ma si burla della Chiesa e di Dio. Prescindere dalla religione nella vita pubblica politica? Ma se voi, che vi dite cattolici, ricorrete a questo rifugio per salvare la vostra azione piu o meno amorfa, aconfessionale; come potrete combattere, come è vostro strettissimo dovere, l’errore oggi dominante, l’errore cui si debbono tutte le rovine che lamentiamo, cioé: la separazione dello Stato dalla Chiesa; lo Stato laico? Come potrete voi combattere tutti gli altri errori del liberalismo? Che cosa hanno sempre voluto e detto i liberali, se non questo: Liberta dalla religione nella vita pubblica e politica? Non sapete voi che ammesso comunque un principio, ne dovete assolutamente subire tutte le conseguenze? Né vale che ricorriate al Centro di Germania, di Germania nazione protestante, voi cattolici di Italia, nazione intimamente cattolica. D’altronde, il Centro fu glorioso finché ebbe uomini ubbidienti alla Chiesa e al Papa come un Windorst. Ma cessati i Windorst, dove è andato anche il Centro di Germania?
O cattolici italiani, leggete e studiate il Sillabo di Pio IX dove sono esposti e condannati gli errori dei liberali, dove potete imparare la via sicura che dovete seguire nella vita pubblica politica, e ritiratevi, ritiratevi da una via che non dev’essere la vostra: voi con le vostre teorie, speciose quanto volete, ma erronee di tutto punto, vi siete messi sopra di una strada che vi sembra bella, ma che in realtà il suo termine conduce alla morte.
Ammonimenti
Quanto ho detto, e quanto ho esposto parlando del Partito Popolare non contiene in sé alcuna ironia od amarezza. Io proclamo solennemente che in mezzo ad un egoismo tanto universale, chiunque consacri il suo tempo, la sua mente, la sua opera e la sua vita al santo scopo di risanare la Società, ha diritto alla pubblica riconoscenza. Ed ancorché egli si inganni nella scelta dei mezzi, pur tuttavia anche la religione gli deve la sua benedizione ed i suoi incoraggiamenti. Ma chi dirà che essa non gli deve anche i suoi consigli ed i suoi ammonimenti? Chi dirà che essa non gli deve comunicare, anche a prova della sua simpatia, i suoi lumi ed i suoi insegnamenti? Orbene ecco il consiglio e l'avvertimento che io, non secondo ad altri nell’amore del mio Dio e del mio prossimo, do in proposito ai miei diocesani, al Clero e al Laicato. Sono i lumi che io, loro Vescovo, sento il dovere di portare loro, sono gli insegnamenti che essi hanno diritto di avere da me.
Non si dimentichi adunque mai; che lavorare per ricostruire sopra sane, e quindi cristiane, basi la Società, è una intrapresa che costituisce un vero Apostolato nel senso più stretto della parola, perche essa intende ed implica il trionfo della verità e della giustizia cristiana sul mondo, e quindi la gloria di Dio nella sua più pura e piu santa espressione. È quindi assolutamente indispensabile al successo dell’intrapresa, che tutti quelli che lavorano a questo scopo, lo facciano apertamente in nome di Dio, di Gesù Cristo e del Vangelo, senza di che non possono essere apostoli di Dio. Se quindi l’uomo che si pone a lavorare in questa intrapresa, non parla e non opera apertamente in nome di Dio; se non agisce come strumento docile di Dio; se non cerca decisamente il trionfo della volontà, e quindi della verità di Dio; se Iddio non entra se non solo in parte nei suoi calcoli, perché ve l’accompagnano pure il timore e il rispetto umano, o la vanità, o l’interesse, — allora non è piu un apostolato che si esercita, Iddio non vi riconosce l’opera sua, egli mirerà da lontano gli sforzi che gli uomini vogliono fare lontani da lui, e le sue benedizioni non scenderanno a coronare di santi frutti un’opera da cui esula la sua gloria.
Nulla vi e di piu chiaro nelle Sacre Scritture: Iddio non dà la sua benedizione né presta l’aiuto della sua potenza alla pusillanimità, all’egoismo e alla ingratitudine, che dell'egoismo è figlia primogenita. Guai se noi perdiamo di vista questi principii, dei quali è prima evidente conseguenza questa proposizione: Le battaglie di Dio bisogna combatterle in nome di Dio, mai in nome di un partito, qualunque sia il titolo che lo distingue. Iddio non ha partiti: egli è il Padre universale di tutti. Gesù Cristo non ha partiti: egli è il Maestro, il Salvatore di tutti. La Chiesa non ha partiti: essa è la Madre di tutti, che tutti amorosamente chiama al suo seno e a tutti tende le braccia. II Papa non ha partiti: Vicario di Gesu Cristo e Capo visibile della Chiesa, egli ha di Gesù Cristo e della Chiesa l’amore universale per tutti gli uomini; tutti egli chiama all’ovile, a tutti tende paternamente le braccia. E di quest’amore universale del Papa per tutti, non abbiamo noi avuto la prova evidente in questi anni della terribile guerra e delle terribili sue conseguenze? La parola stessa di cattolico che significa universale e che, rispecchiando in sé l’immensita di Dio, costituisce una delle note della Chiesa, non potrà mai essere l’aggettivo qualificativo di un partito. Vi sarebbe contraddizione nei termini.
Ogni partito inoltre, ricordiamolo bene, qualunque sia il suo nome, avrà piu o meno del buono, ma non rappresenterà mai tutto il bene. E come anche i più perversi partiti, poiché il male non può sussistere di per sé, ma è una privazione più o meno grande del bene, alcuna cosa di bene in sé sempre conservano; così anche i migliori partiti, appunto perché parte, anche quelli che sono più vicini al bene, di qualche bene saranno privi. Per questi motivi anche il nuovo Partito Popolare, pure sorto con nobili fini, non può rappresentare, appunto perché partito, né di fatto rappresenta, come fu gi fatto autorevolmente notare, tutto il bene, tutta la verità, tutta la giustizia, tutta la scienza, tutta la sapienza, tutte le dottrine sociali cattoliche, né tutti i sentimenti, né tutte le rivendicazioni del cattolico in quanto tale, nel tempo presente. II suo programma ha del buono, ma non ha tutto il buono; ha moltissime deficenze per poter essere detto buono; ha moltissimi equivoci per poter essere detto sicuro.
II vero cattolico non vi trova quindi tutto quello che deve volere; vi trova molto di ciò che non può volere; vi trova molto di discutibile. Condanno io adunque il Partito Popolare? Iddio me ne guardi. Nulla io condanno di ciò che in qualunque modo può cooperare per il bene, e che, in quanto può cooperare per il bene, merita lode. Ma affermo che la natura stessa delle cose, che gli insegnamenti della Scrittura, che l’esperienza della storia mi dicono e mi persuadono che non sarà per questo partito che la Società si farà cristiana, non saàa esso che darà ai figliuoli di Dio la santa esultanza di veder riconosciuto dalla Società il regno di Gesù Cristo. Nulla condanno di ciò che puo essere frutto di un nobilissimo desiderio, e che, in quanto tale, merita lode; ma vorrei che nessuno si smarrisse a metà via; vorrei che ognuno si desse tutto a Dio, a Gesù Cristo, alla Chiesa, al Papa; vorrei che tutti poggiassero più alto, che tutti fossero accesi di maggior amore di Dio, che tutti avessero la forza di consacrarsi al vero apostolato del Redentore, che tutti sentissero maggiormente il pregio di una vita applicata sinceramente, apertamente, interamente per il trionfo di Dio, di Nostro Signore Gesù Cristo, della Chiesa e del Papa.
San Luca ci narra (Act. Ap. XXVI, 28-29) che San Paolo, presentato incatenato in Cesarea al re Agrippa, si pose ad esporre con tale fermezza ed entusiasmo il Vangelo di Gesu Cristo, che il re gli disse: “Per poco, o Paolo, mi persuadi di farmi cristiano”. E San Paolo gli rispose: “Fosse piacere di Dio che, non solo tu, ma quanti sono ad ascoltare, tali diventino oggi, quale sono io, salve solo queste catene”. Così desidererei io vedere tutti i miei fedeli, Clero e Laicato, convertiti dal vero amore di Nostro Signor Gesù Cristo in altrettanti veri, zelanti, instancabili suoi Apostoli.
Si dirà che volendo l’ottimo si impedisce il bene? Miriamo, o dilettissimi, al fine cui dobbiamo tendere con questa nostra azione di santo apostolato. Nessun bene vogliamo che sia impedito, perché per il bene si va all’ottimo; ma è necessario che noi non cadiamo vittime delle illusioni, è necessario che evitiamo di rimanere sempre a mani vuote. In qual modo annunziò Nostro Signore Gesù Cristo la verità del Padre celeste? Forse attenuandola, perché gli Ebrei la ricevessero piu facilmente? In qual modo gli Apostoli annunziarono il Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo? Forse attenuandolo, o in parte solo, perché il mondo pagano si sottomettesse più facilmente al Salvatore? In qual modo i santi Martiri propugnarono le verità cristiane? Forse attenuandole, o in parte solo le difesero o le velarono, per liberarsi dai motteggi, dagli scherni, dai supplizi dei persecutori?
Oh! ricordiamoci sempre, o dilettissimi, che vi sono cose ed idee che non sono suscettibili di attenuazione, né di divisione, né di scissione. Tali sono i dogmi, tale è la morale, tale è Dio, tale è Gesù Cristo. Se voi non ricevete tutto ciò se non con restrizioni; se con restrizioni voi propugnate, difendete, rivendicate il programma cattolico, voi non otterrete che frutti ristretti e molto limitati, e non giungerete mai a riporre la Società sulle basi cristiane. Voi non avrete nelle vostre mani la causa di Dio e di Gesù Cristo, ma quella che voi stessi vi siete fabbricati; voi non sarete i generosi cavalieri, i santi apostoli di Dio e di Gesù Cristo, ma solo i poveri e miseri cavalieri ed apostoli delle vostre idee.
La dottrina cristiana, espressione della verità di Dio sulla terra, non puo essere divisa né scissa. Essa è la tonaca inconsutile, essa è tutta di un pezzo. Dio, Gesù Cristo, Chiesa, Papa, i diritti che Iddio ha dato alla Chiesa e al Papa, formano un tutto unito, un complesso di cose inseparabili, e, quello che è da tenersi ben presente, affatto indipendenti dalla volonta degli uomini. Volere solamente una parte di ciò che è volontà di Dio, volere solo un po’ di cristianesimo, e pretendere così di stare bene con Dio, di essere chiamati suoi soldati e suoi cavalieri, è cosa impossibile. In questa materia: o tutto o niente.
II Vangelo non contiene un solo capitolo, un solo versetto, che sia una superfetazione e che possa quindi essere a nostro piacimento tolto o trascurato. Voi chiamate il cristianesimo in vostro aiuto, voi proclamate di voler agire in nome dei principii cristiani, voi protestate di aver assunto questi principii a base e a norma della vostra azione politica sociale, economica. Bene; ma accettateli allora e prendeteli quali essi sono usciti dalla volontà e dalla mano di Dio. Iddio non vi permette di riformare la sua opera, di diminuirla, di aumentarla, di ritoccarla secondo le vostre idee. Facendolo, voi non avete più nelle vostre mani la causa di Dio, voi rompete l'unita che è madre della vita e della forza, voi introducete in casa vostra la divisione, la divisione vi uccidera, e l’uomo morto, voi lo sapete, non può dare la vittoria: egli è il vinto; non puo dare la vita: egli è inerte.
Eccovi, o miei cari, il grande equivoco dei nostri giorni, l'equivoco in cui, ripeto, sono caduti e cadono tanta ottima gente, anche del Clero. Si giunge, di fatto, a costituirsi giudici dell’opera di Nostro Signore Gesù Cristo, determinando secondo il nostro povero giudizio ciò che in essa ci è utile e ciò che non lo è; se ne assume una parte e se ne lascia l’altra; si aggiusta e si accomoda come a noi pare e piace. E che cosa ne avviene? Ne avviene necessariamente ciò che ho già indicato. Come non si segue la volontà di Dio che con restrizione e con riserve, così dall’opera nostra non si raccolgono che con restrizioni e con riserve i frutti che dovrebbero invece essere abbondantissimi.
Come noi andiamo a Dio obliquamente, così solo obliquamente egli viene a noi. Noi compiamo solo una parte del nostro dovere verso Dio, e così raccogliamo solo una parte dei benefici del cristianesimo. L’aiuto che Iddio ci dà, è giustamente limitato. Esso basta per non morire, ma è insufficiente per vivere. Noi languiamo, noi ci trasciniamo a stento. Noi abbiamo bisogno di respirare il cristianesimo a pieni polmoni, esso è il nostro ossigeno; se l’atmosfera in cui noi deliberatamente ci mettiamo è troppo debole, troppo rarefatta, o troppo corrotta, perché i principii cristiani vi sono troppo diluiti, noi vi vivremo con stento, e non vi ci muoveremo che con grande fatica. Non è questa forse la realta? O cristiani! O cattolici! ascoltate adunque il rimprovero del profeta Elia: E fino a quando zoppicherete voi dai due lati? Se il Signore è Dio, tenete da lui. Usquequo claudicatis in duas partes? Si Dominus est Deus, sequimini eum (III Reg. XVIII, 21).
Se voi credete a Nostro Signore Gesù Cristo; se egli è agli occhi vostri Dio; se voi giudicate che le verità ed i principii cristiani sono necessarii agli uomini e alle cose: non disputate con l’Altissimo, sottomettetevi a lui interamente, non vergognatevi di lui, non velate alcuna parte del segno che egli ha impresso sulla vostra fronte, affinché passando il suo Angelo non vi colpisca e renda sterile le vostre fatiche. Lo ripeto ancora una volta: Iddio non farà mai servire i suoi doni soprannaturali ad una causa che non sia la sua, e le moltitudini non accoglieranno che con diffidenza un apostolato, che può loro apparire inconsequente e perciò interessato.
Benedizione
Vi benedico di tutto cuore e prego il Signore perche “vi ricolmi di beni, vi dia a tutti un cuore per adorarlo e compiere la sua volonta con cuore grande e con spirito pieno di ardore, apra il vostro cuore alla sua legge e ai suoi comandi e vi dia la pace, ascolti le vostre orazioni, si plachi con voi e non vi abbandoni nei tempi cattivi” (II Macc. I, 2-5).
Genova, festa di San Giacomo Apostolo, 25 Luglio 1920.
+ T. R Card. BOGGIANI, Arcivescovo.
Notificazioni
Il Clero ed i partiti politici
Coerentemente a quanto abbiamo detto anche in questa Lettera, rinnoviamo la proibizione, già fatta e pubblicata nella nostra “Rivista Diocesana” dello scorso Maggio, a tutti e singoli i Sacerdoti e specialmente ai Parroci della Nostra Archidiocesi, di prendere PARTE ATTIVA nell’azione di qualunque partito politico, compreso il Partito Popolare, e di far quindi parte, sotto qualunque pretesto o titolo, delle rispettive direzioni, dei comitati, delle sezioni o di altri centri attivi e di propaganda, con qualunque nome essi si chiamino. E ciò per prevenire tutti i possibili equivoci e malintesi, che possono coinvolgere i Sacerdoti in genere e i Parroci in specie, in responsabilità e in odiosità che nuociano alla santità, alla libertà e all’efficacia del loro ministero; inconvenienti gravissimi, nei quali, per necessita di cose, cade il Sacerdote che, dimenticando la santità del suo ministero, si unisce agli agitatori politici. Molto più grandi, più santi e più gravi sono i doveri del Sacerdote e del Parroco. Una vita immacolata, disinteressata, superiore ad ogni sospetto, animata da spirito di pietà, di preghiera, di sacrificio e che dia quindi sempre il buon esempio a tutti; le opere di misericordia corporali e spirituali, esercitate secondo lo stato e la possibilità di ognuno; le opere del ministero ecclesiastico, specialmente la spiegazione del Vangelo, il Catechismo agli adulti, la Dottrina ai fanciulli, l’assistenza al confessionale e agli infermi: sono questi i mezzi efficaci della grande e santa politica che deve fare il Sacerdote, politica fatta in nome del Salvatore e per il bene di tutti, e che, diretta alla santificazione di ognuno e di tutti, deve necessariamente portare al risanamento della Società, se di risanamento la moderna Società è ancora capace. “Clerus nec agitationes nec multo minus seditione sparticipet, sed potius optima quaeque verbis et exemplo suadens, concitatos animos opportune tranquillet”. (Benedetto XV, nella sua recente Lettera all’Episcopato Veneto).
I locali delle Assodazioni cattoliche ed i partiti politici
Per tutte le ragioni esposte pure in questa Nostra Lettera, e specialmente per impedire che le nostre Associazioni Cattoliche vengano coinvolte nelle responsabilità e nelle odiosità in cui ordinariamente cadono i partiti politici, proibiamo a tutte le predette Associazioni della Nostra Archidiocesi di concedere i loro locali per le adunanze, conferenze, o per qualsiasi altro motivo, a partiti politici, compreso il Partito Popolare. I rispettivi RR. Parroci, gli Assistenti Ecclesiastici e la Giunta Diocesana debbono vigilare rigorosamente sull’osservanza di questa proibizione e riferirne tosto a Noi stessi ogni caso di trasgressione.
La “ Unione Popolare”
“Unione Popolare” fra i cattolici d’ltalia, per i suoi fini generali, comprende, promuove e rappresenta l'intera Azione Cattolica Italiana. Particolari attività sono organizzate e disciplinate da Unioni ed Opere Nazionali, tutte coordinate all’“Unione Popolare”, dalla quale attingono l’indirizzo programmatico comune. L’“Unione Popolare” ha per iscopo la difesa e l’attuazione dell’ordine sociale, e della civiltà cristiana secondo gli insegnamenti della Chiesa e gli indirizzi della Santa Sede: riunendo i cattolici italiani e coordinando le loro varie associazioni in un unico fascio di forze per l’adempimento di questo supremo dovere a tutti comune; educando la coscienza sociale, civile, morale e religiosa del popolo con la più ampia diffusione della cultura cattolica in forme adatte ad ogni grado di istruzione; promovendo l’organizzazione e l’incremento di ogni forma di azione cattolica. Quest’“Unione Popolare” è voluta, benedetta e raccomandata dal Papa; in ogni parrocchia vi deve essere il Consiglio o Gruppo parrocchiale di quest’Unione; ad essa debbono essere ascritti tutti i membri delle nostre Cattoliche Associazioni. Ecco un campo vastissimo, fuori d’ogni partito politico, nel quale il Clero può con tutto il suo zelo lavorare senza pericolo di uscire dalla retta via e di incorrere in responsabilità o in odiosità dannose al suo sacro ministero. Raccomando quindi vivamente quest’Opera a tutto il Clero e in special modo ai RR. Parroci. Ognuno di questi deve fondare nella propria parrocchia il suo Gruppo parrocchiale dell’“Unione Popolare”, tenerlo vivo e fervente, ed estenderlo per quanto piu è possibile. Nessun buon cristiano dovrebbe rimanere fuori, poiché è questo un mezzo facile ed efficace perché ognuno concorra, almeno in qualche modo, alla grande opera del restauro cristiano della Società. Moltissime parrocchie della Nostra Archidiocesi sono ancora prive del Gruppo dell’“Unione Popolare”. Gli ascritti all’Unione in tutta l’Archidiocesi, nel 1918 erano 3678, nel 1919 discesero a 3548. Troppo pochi in sé; pochissimi in confronto della Popolazione dell’Archidiocesi, oltre 600.000 anime; cattivo segno la diminuzione del numero degli ascritti.
Fine. Il presente testo è tratto dal volumetto «Un Vescovo contro la Democrazia Cristiana» edito dal Centro Librario Sodalitium di Verrua Savoia. Costa solamente 5 euro. Per acquistarlo cliccare qui. In alternativa consigliamo di fare una donazione all'Istituto Mater Boni Consilii che si occupa anche delle pubblicazioni del Centro Librario Sodalitium. Per inviare una donazione cliccare qui. L'avaro non va in Paradiso, spiega difatti l'Angelico che «l'avarizia è un peccato contro Dio, come tutti i peccati mortali: perché con essa per i beni temporali si disprezzano i beni eterni» (Somma Th., II-II-, 118, a. 1 ad 2). CdP