Papa Pio XII, il 10 luglio del 1946, nella Lettera «C’est un geste» insegna: «È inammissibile che un Cristiano si comprometta con l’errore, anche solo minimamente, sia pure per mantenere i contatti con quelli che sono nell’errore». Contatti con gli erranti che non cesseranno, facendo noi parte della società, tuttavia è necessario escludere qualsivoglia «compromesso con l’errore».
Precisa meglio: «Questi contatti non mancheranno d’altronde di aver luogo e di conservarsi tra i Cristiani che, con lealtà ed umiltà, si servono delle prerogative della verità; e gli altri che, con pari lealtà ed umiltà, cercano il vero».
D’altronde già Papa Pio IX, il 10 agosto del 1863, nella «Quanto Conficiamur» insegna dalla suprema Cattedra: «Non sia mai che i figli della Chiesa cattolica siano nemici di coloro che non sono uniti a Noi dagli stessi legami di fede e di carità; devono al contrario prodigarsi nel rendere loro tutti i servizi della carità cristiana, nella loro povertà, nelle loro malattie, in tutte le altre disgrazie da cui sono afflitti; devono fare in modo di aiutarli sempre e soprattutto di trascinarli fuori dalle tenebre degli errori in cui miseramente versano, di ricondurli alla verità cattolica ed alla Chiesa (…) per far loro ottenere la salute eterna».
Venendo squisitamente alla politica, alla tecnica, all’azione pubblica e sociale, Papa Pio XII, il 16 maggio 1954, si rivolge ai Cattolici Svizzeri. Egli afferma: «Il materialismo, il processo di laicizzazione di tutta l’esistenza si dispiega nell’àmbito spirituale e religioso: l’idea di Dio, il rispetto e il timore di Dio vengono, sempre più, banditi dalla vita pubblica, dalla famiglia, e in tal modo anche, quasi fatalmente, dalla vita individuale. Tale processo è già molto progredito. A chi spetta di affrontare questo problema se non a voi, figli della Chiesa Cattolica? Voi lo farete con le vostre preghiere, il vostro amore per Cristo, la vostra lotta contro il peccato e per la purezza dell’anima sotto ogni aspetto, con tutti questi valori supremi della vita religiosa e ciò che ne deriva: cioè il vostro impegno pubblico per la causa di Dio, di Cristo e della sua Chiesa».
Impegno che si traduce nella proclamazione della verità, dunque nella condanna dell’errore, nella rettitudine morale, nel ligio adempimento dei propri doveri e nel culto pubblico.
Il Pontefice intende stimolare il fervore: «Non è questa l’ora della pusillanimità né delle concessioni che ripugnano alla coscienza, bensì (è) l’ora della tenacia coraggiosa e della perseveranza (…). Nelle epoche pericolose, nelle epoche decisive per la Religione, la Chiesa ha sempre contato sul sacrificio personale dei suoi fedeli. Ciò è valido anche oggi. Agite di conseguenza!».
Ed ancora: «I diversi popoli e l’umanità nel suo insieme si trovano posti di fronte a questioni di diritto, di economia e di ordine sociale, difficili a risolversi. La Chiesa ed i Cattolici dei diversi Paesi sono consapevoli del dovere che hanno di contribuire con tutte le loro forze alla soluzione di tali problemi. Le loro convinzioni religiose dovranno pertanto essere fortificate. Perché a prescindere dal fatto che tutti gli obblighi morali sono altrettanti doveri religiosi, essi non compiranno nulla di veramente grande e decisivo, sia pure per il bene temporale, se non sostenuti da una fede incrollabile nelle verità eterne. Sì, tale fede è di per se stessa il più prezioso contributo che essi possono portare al bene generale di questo mondo».
Monito del Pontefice - decisamente radicato nella Rivelazione - ben lontano dalle mostruose pretese dei moderni “pensatori”, molti insinuatisi «nelle vene della Chiesa» (cfr. «Pascendi»), i quali bramano una pseudoreligiosità privata: che non abbia alcun riscontro presso Istituzioni e vita pubblica. D’altronde l’epoca moderna è dominata dal demone della laicità che, non posso fare a meno di ricordarlo, è «peste dell’età nostra» (cfr. «Quas Primas»), «turba la pace domestica e spinge la società alla rovina» (Ivi.), «è contraria ai principii fondamentali dell’educazione» (cfr. «Divini Illius Magistri»), «fa crollare ogni cosa» (cfr. «Divini Redemptoris»), «è l’apostasia dell’odierna società» (cfr. «Dilectissima Nobis»), «allo Stato fa rinnegare se stesso e smentisce ciò che forma la ragione stessa della sua esistenza» (cfr. «Au milieu»), «giunge alla triste conseguenza dell’indifferentismo dello Stato in materia di religione, ossia del suo ateismo» (cfr. «È giunto»), «non è cattolica e non è lecita» (cfr. «Immortale Dei»), eccetera.
Conclude Papa Pio XII ai Cattolici Svizzeri: «Nella lotta contro il materialismo, si deve lanciare la parola d’ordine: “Ritorniamo al Cristianesimo …”. Essa si applica bene nelle presenti circostanze. I Cristiani dei primi secoli affrontarono una civilizzazione pagana e materialista che signoreggiava incontestata. Hanno osato attaccarla e, infine, si sono imposti, grazie d’altronde alla loro tenacia ostinata e mediante gravissimi sacrifici. Imitateli! Si degni Maria, la Vergine potente, la Madre della Grazia divina, di guidarvi e benedirvi!». [Cfr. Dizionarietto di Dottrina politica dei Papi (Ed. L’alleanza italiana, 1960, Vol. 1, pag. 163 segg.)].
Carlo Di Pietro da Il Roma