Tempo addietro ho introdotto il Principio di autorità. Lo possiamo così riassumere con l’Apostolo: «Ogni persona sia sottomessa alle autorità superiori, perché non v’è autorità che non venga da Dio, e quelle che esistono sono istituite da Dio e quindi chi si oppone alle autorità si oppone all’ordine di Dio, e chi si ribella si attirerà la condanna» (Ai Romani, XIII, 1-7).
Può accadere che l’Autorità civile diventi indegna o iniqua. Usando il comodo Dizionarietto di Dottrina politica dei Papi (Ed. L’alleanza italiana, 1960, Vol. 1, pag. 21 segg.) cerchiamo di risolvere la questione secondo l’ordine di Dio. Papa Leone XIII nella Sapientiae Christianae (10 gennaio 1890) insegna: «Sacro è per i cristiani il nome dell’autorità pubblica, nella quale essi riconoscono una certa immagine ed un simbolo della maestà divina, persino quando è gestita da persone indegne. Alla legge è dovuto un giusto rispetto, non per la forza o per le minacce, ma per la consapevolezza di un dovere: “Dio non ci ha dato uno spirito di timore” (II Tm., I, 7)».
Tuttavia: «Se le leggi dello Stato dovessero essere apertamente in contraddizione con il diritto divino; se dovessero essere ingiuriose verso la Chiesa, o contraddire i doveri della religione o violare l’autorità di Gesù Cristo nella persona del Papa, allora è doveroso resistere ed è colpa ubbidire; e questo si collega al disprezzo verso lo Stato». Non sarebbe il suddito che resiste a disprezzare lo Stato, bensì il legislatore iniquo, poiché, come conclude il Pontefice, «chi va contro la Religione pecca anche contro lo Stato». È grande dovere dei cristiani «amare le due patrie, quella di natura e l’altra della Città celeste», purché «sia prevalente l’amore di quest’ultima sulla prima, e non si antepongano mai i diritti umani a quelli divini».
Leone XIII definisce «atto di empietà» lasciare «l’ossequio a Dio per soddisfare gli uomini», come pure «trasgredire le leggi di Gesù Cristo per obbedire alle autorità dello Stato, o violare i diritti della Chiesa col pretesto di osservare il diritto civile». In tal caso San Pietro e gli altri Apostoli rispondono alle Autorità civili che imponevano cose ingiuste: «È necessario obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (At., V, 29).
Sempre l’eruditissimo Papa Pecci attesta nella Diuturnum Illud (29 giugno 1881): «In quegli stessi tempi (dell’Impero Romano, ndR) la forza delle dottrine cristiane fu efficace nella milizia. Infatti era costume del soldato cristiano di accoppiare una somma fortezza con un sommo amore della disciplina militare, ed aggiungere all’altezza del coraggio una fedeltà incrollabile verso il Principe. Per contro, se si pretendeva da lui qualche cosa che non fosse onesta, come violare i diritti di Dio, o rivolgere il ferro contro gl’innocenti discepoli di Cristo, allora egli rifiutava di eseguire l’ordine e preferiva abbandonare la milizia e morire per la religione, piuttosto che resistere con sedizioni e tumulti alla pubblica autorità». Col diffondersi della Religione cattolica - quindi della civiltà - la Chiesa «provvide affinché i re fossero solennemente consacrati, come per comando di Dio era stabilito nell’Antico Testamento». Al contrario, «le dottrine inventate dai moderni circa la potestà politica - il non volere che il diritto di comandare derivi da Dio - recano grandi calamità agli uomini» (Ibidem).
Nella Quod Apostolici Muneris (28 dicembre 1878) il Sommo Pontefice attesta: «Se accada talvolta che la pubblica potestà venga esercitata dai Prìncipi a capriccio ed oltre misura, la dottrina della Chiesa Cattolica non consente ai privati d’insorgere a proprio talento contro di essi, affinché non sia ancor più sconvolta la tranquillità dell’ordine, e non derivi perciò maggior detrimento alla società. E quando le cose siano giunte a tal punto che non sorrida alcun’altra speranza di salvezza, vuole che si raggiunga il rimedio coi meriti della pazienza cristiana e con insistenti preghiere al Signore». Se «la volontà dei legislatori ed i decreti dei Prìncipi comanderanno qualche cosa che sia contraria alla legge divina o naturale, allora la dignità e il dovere del nome cristiano, e il pensiero Apostolico esigono doversi obbedire più a Dio che agli uomini».
Si presti massima attenzione: 1) Il Pontefice analizza l’ipotesi dell’Autorità civile che si contrappone all’ordine di Dio o che intende violare i diritti della Chiesa; 2) Una cosa è esercitare la pazienza cristiana, pregare incessantemente il Signore, finalmente «morire per la religione»; 3) Ben altro, davvero biasimevole, è «resistere con sedizioni e tumulti alla pubblica autorità». Il cattolico non è né rivoluzionario e né forcaiolo.
La prossima settimana, Dio volendolo, cercherò di riassumere dettagliatamente la questione della «Resistenza al potere civile ingiusto», secondo l’opinione dei migliori moralisti.
Termino con una citazione tratta dalla Ubi Arcano Dei Consilio (23 dicembre 1922) del Sommo Pontefice Pio XI: «Precipua causa dello scompiglio, delle inquietudini e dei pericoli che accompagnano la falsa pace è l’essere venuto meno l’impero della legge, il rispetto dell’autorità, dopo che era venuta meno all’una ed all’altra la stessa ragion d’essere (con le Rivoluzioni, ndR), una volta negata (con la diffusa accettazione del falso ed eretico principio di “sovranità popolare”, ndR) la loro origine da Dio, creatore e ordinatore universale. Orbene, il rimedio è nella pace di Cristo, giacché pace di Cristo è pace di Dio, né questa può essere senza il rispetto dell’ordine, della legge e dell’autorità».
Le pseudodottrine sociali che il mondo moderno eredita dal “sistema vaticanosecondista” - o neomodernista - non posso prenderle in considerazione poiché decisamente ambigue, liberali o socialisteggianti al bisogno, certamente definibili rivoluzionarie.
Carlo Di Pietro da Il Roma