San Francesco Solano dal Perù si recò alle terre dette, poi, del Rio della Plata. I popoli selvaggi del Rio della Plata erravano miseramente per i boschi e parlavano strane favelle. Per un portento della bontà di Dio, Francesco si faceva comprendere da tutti predicando in una sola lingua. I poveri selvaggi non si raccapezzavano e correvano a venerare Francesco come una specie di divinità. Egli intanto adoperava ogni mezzo per trarre a Gesù Cristo quelle povere creature: preghiere, carità paterna, viaggi attraverso i fiumi e i boschi. Ma quell’uomo rimase meravigliato quando vide che, dopo le prime fatiche, non era necessario andare in cerca dei selvaggi, i quali, invece, venivano a cercare lui in grandi truppe. Or sentite questa. Era un giovedì santo e il Solano vedea raccolti intorno a sé pei divini uffici un gran numero di novelli convertiti, i quali erano tutti attenti ad assistere ai misteri della Passione del Signore. In quella sopravviene, alzando urli feroci, un’orda di genti barbare, apportando guerra e morte ai cristiani novelli. Uno spavento indicibile s’impossessò del cuore di tutti: i fanciulli e le donne gridavano fino a sfondare il cielo. Non abbiate paura di nulla, disse Francesco: lasciate fare a me. E marciò solo all’incontro dei nemici, parlò loro di pace, di concordia, di conversione, e fu inteso pienamente, sebbene non avesse appreso un vocabolo solo della lingua di quei barbari. Che accadde? Tutto fu pace e concordia, e più di novemila di quelle genti feroci chiesero il battesimo e la notte seguente assistettero alle pratiche di pietà. - Oggi certi filantropi vogliono convertire il mondo con la forza dei cannoni. Ma i barbari vengono alla civiltà con una sola forza: la croce di Gesù Cristo. Numero 92, da «Racconti Miracolosi», Padre Giacinto da Belmonte, 1887, Vol. II, pagine 208 e 209, titolo originale: «Un giovedì santo tra i selvaggi».S an Francesco Solano dal Perù si recò alle terre dette, poi, del Rio della Plata. I popoli selvaggi del Rio della Plata erravano miseramente per i boschi e parlavano strane favelle. Per un portento della bontà di Dio, Francesco si faceva comprendere da tutti predicando in una sola lingua. I poveri selvaggi non si raccapezzavano e correvano a venerare Francesco come una specie di divinità. Egli intanto adoperava ogni mezzo per trarre a Gesù Cristo quelle povere creature: preghiere, carità paterna, viaggi attraverso i fiumi e i boschi. Ma quell’uomo rimase meravigliato quando vide che, dopo le prime fatiche, non era necessario andare in cerca dei selvaggi, i quali, invece, venivano a cercare lui in grandi truppe. Or sentite questa. Era un giovedì santo e il Solano vedea raccolti intorno a sé pei divini uffici un gran numero di novelli convertiti, i quali erano tutti attenti ad assistere ai misteri della Passione del Signore. In quella sopravviene, alzando urli feroci, un’orda di genti barbare, apportando guerra e morte ai cristiani novelli. Uno spavento indicibile s’impossessò del cuore di tutti: i fanciulli e le donne gridavano fino a sfondare il cielo. Non abbiate paura di nulla, disse Francesco: lasciate fare a me. E marciò solo all’incontro dei nemici, parlò loro di pace, di concordia, di conversione, e fu inteso pienamente, sebbene non avesse appreso un vocabolo solo della lingua di quei barbari. Che accadde? Tutto fu pace e concordia, e più di novemila di quelle genti feroci chiesero il battesimo e la notte seguente assistettero alle pratiche di pietà. - Oggi certi filantropi vogliono convertire il mondo con la forza dei cannoni. Ma i barbari vengono alla civiltà con una sola forza: la croce di Gesù Cristo.

Numero 92, da «Racconti Miracolosi», Padre Giacinto da Belmonte, 1887, Vol. II, pagine 208 e 209, titolo originale: «Un giovedì santo tra i selvaggi».

A cura di CdP.

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