Un peccatore, «carico di delitti dalle unghie dei piedi all’ultima cima dei capelli», ebbe da Dio la grazia singolare d’andarsi a confessare da un santo Arcivescovo. Detti i peccati con lacrime e singhiozzi, chiese al pio confessore se Dio sarebbe stato così buono e misericordioso da perdonargli tutte quelle scelleratezze. «Figlio mio - rispose subito l’Arcivescovo - Iddio è disposto a perdonare non solo le tue scelleratezze, ma quelle ancora d’infinite creature, purché la confessione sia sincera come quella che tu ora stai facendo ai miei piedi». «E quale penitenza io debbo fare per i miei peccati? - soggiunse tremando di gioia quel peccatore». «La penitenza, non aver paura, è poca, ripigliò il Confessore: non sarà che di sette anni». «Padre mio, gridò il peccatore, sette anni hai detto? Per peccati così enormi, per delitti tanto inauditi sette anni di penitenza? Io vorrei avere una vita lunghissima, vorrei avere una vita proprio quanto l’eternità per impiegarla tutta a piangere i mie peccati e a soddisfare all’offesa giustizia di Dio». E queste parole erano dette singhiozzando, nel mentre che dagli occhi uscivano due ruscelli di lacrime. «Ma io ho sbagliato, mio figliuolo, replicò l’Arcivescovo: la tua penitenza è proprio questa: tre giorni di digiuno stretto in pane ed acqua. Hai compreso? Bada a me: Iddio ti perdonerà tutto per questi tre giorno di digiuno». «Padre, allora disse tutto in potere di una mistoriosa costernazione il penitente, Padre, voi certamente non volete salva l’anima mia: io non debbo fare tre giorni di digiuno e neppure sette anni di penitenza; ma per tutta la mia vita debbo castigare aspramente questa carne, che fu la causa per la quale venne così indegnamente offeso da me il buon Dio». «Or bene, figliuolo, fece allora l’Arcivescovo, commosso ed insieme consolato per la contrizione perfetta di quel peccatore, io voglio aumentarti la penitenza, della quale mostri tu tanto acceso desiderio. Ecco dunque la lunga ed aspra penitenza tua: dirai una sola volta l’orazione domenicale». A questa proposta tanto inaspettata il peccatore si sente scoppiare il cuore per il dolore e per la riconoscenza verso la misericordia di Dio, e rimane morto all’istante. Il santo Arcivescovo lo fa raccogliere di terra e grida: «Ecco un’anima che se ne vola direttamente al Paradiso!». Comprendano bene la lezione quelle brave e sante persone che hanno tanta paura della poca penitenza imposta loro dai Confessori per quel numero senza numero di peccati che vanno a dire agli orecchi degli stessi! Se queste brave e sante persone avessero coscienza dell’offesa di Dio e della pena che merita questa offesa, non sentirebbero certamente nessuna paura della poca penitenza. [N° 80, da Racconti Miracolosi, P. Giacinto da Belmonte, 1887, Vol. II, pagine 275-277].
A cura di Carlo Di Pietro