Santa Eulalia, tanto illustre per la nobiltà del suo casato, sin dai primi anni mostrò una grandezza d’animo da riempire tutti di meraviglia. La giovane Eulalia, con misura e prudenza, disprezzava tutte quelle cose mondane che, invece, allettavano ordinariamente le giovinette della sua epoca. I suoi ornamenti erano di grave contegno, aveva una modestia angelica, viveva una condotta savia e del tutto irreprensibile. La bambina aveva quasi dodici anni, quando si scatenò contro i cristiani la fierissima persecuzione di Diocleziano. Eulalia venne pervasa da un ardore straordinario per il martirio, e senz’altro volle presentarsi da sé al cospetto del tiranno. La madre, avendo conosciuto le intenzioni della figliuola, fu molto colpita e tentò di preservarla da ogni pericolo inviandola alla casa di campagna. Ma che cosa mai accadde? Eulalia, abbandonata la campagna, a piedi scalzi si mise di notte in cammino per luoghi che ignorava totalmente, e, prima della levata del sole, fu già dinanzi al tiranno. Senza alcuna vergogna e con voce fermissima cominciò a parlare così: «Perché mai, o giudice, tu perseguiti gli innocenti e vuoi costringere i cristiani ad adorare i falsi dèi? Se cerchi cristiani, ecco intanto in me una cristiana, nemica di tutti i tuoi idoli di legno e di sasso!». Dopo questo discorso si alzò e, vedendo vicino al giudice un altare con certi idoli, corse a spezzare quegl’idoli e ne calpestò virtuosamente i rottami. Il giudice furibondo comandò il suo arresto, poi la fece arrestare e venne picchiata orribilmente. Quella bimba era ridotta ad una piaga, ma non proferì una sola parola di lamento. Non fece altro che ringraziare il suo Sposo Gesù Cristo per averla così fatta partecipe delle Sue battiture. Il giudice, sempre furibondo per il coraggio della vergine, comandò che fosse buttata in una fornace ardente. Santa Eulalia si sciolse le lunghe chiome per cercare un riparo al suo pudore, ed entrò nelle fiamme coraggiosamente. Avendo scorto che i capelli si erano bruciati, aprì la bocca, respirò il più possibile le esalazioni ed il calore intenso delle fiamme, poi finalmente morì. Non è questo un bellissimo e grandissimo miracolo di coraggio? E non dobbiamo noi sentire vergogna delle nostre vili paure, le quali non ci fanno confessare al cospetto dei moderni increduli il nome adorabile di Gesù Cristo? (Tratto da Giacinto Belmonte cappuccino, Racconti miracolosi, 1887, con permesso dei Superiori, vol. II, pagine 236-238).

A cura di Carlo Di Pietro

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