Adesso vediamo un altro fatto miracoloso. San Francesco d’Assisi si trovava un giorno a Montpellier, affranto dai viaggi e dai lavori in una maniera incredibile. Parve, per un momento, che il suo abituale coraggio gli venisse meno. Si adagiò sopra un povero letto e disse al suo compagno, Fra Bernardo, che la debolezza ormai l’aveva ridotto agli estremi. Il povero compagno ne provò un dispiacere proprio in mezzo al cuore, e non volle lasciarlo neppure un minuto. E, quasi santamente importunandolo, quel Fra Bernardo gli andava domandando se mai avesse voluto prendere un po’ di cibo, tanto per richiamare in vigore le forze smarrite. «Non posso madar giù nulla», rispondeva sorridendo san Francesco, «semplicemente avrei desiderio di un uccellino selvatico, cotto in uno spiedo». Ciò detto, subito comparve nella stanza un personaggio tutto gentilezza e garbo, il quale porse a Francesco un uccello ben cotto e gli disse: «Servo di Dio, prendete ciò che il Signore vi manda». Ciò detto, svanì. Il servo di Dio mangiò quella pietanza e poi disse al confratello: «Andiamo, non ho avuto mai tanta forza quanta me ne sento in questo momento». Il personaggio che recò al mio Santo Padre l’uccellino cotto era un angelo del Signore. Che grande onore per quel sublime Poverello! Ma quando noi onoriamo Dio con una vita santa, Dio, anche in questo mondo, onorerà noi. Lo sappiano tutti! (Tratto da Giacinto Belmonte cappuccino, Op. cit., 1887, con permesso dei Superiori, vol. II, pagine 228, 229 e 230).
A cura di Carlo Di Pietro