Spiritualmente passiamo a Betlem; penetriamo nella grotta; prostriamoci innanzi al presepio di Gesù, la sua culla è il perno del mondo, è una sorgente, è un trono. Avanti il Natale del Redentore trovo Dio che lo promette, i patriarchi che l’annunziano, i profeti che lo descrivono, i giusti che lo rappresentano, i conquistatori che lo precedono e gli preparano la via. Nei secoli precedenti la Sua venuta si riconosceva il suo nome, il suo paese, la sua vita nelle più minute particolarità; si sapeva quale doveva essere la madre sua, quale la sede della sua nascita, questo del popolo ebreo. Gesù fu poi atteso anche dagli altri popoli. Ogni libro sacro, greco, egiziano, indiano, persiano, cinese si apre col racconto della caduta umana e con la promessa del Redentore. Tutti i grandi scrittori antichi invocano un Divino Liberatore. Così Confucio, Zoroastro, Socrate, Platone, Virgilio, Cicerone. La Grecia darà a Gesù la sua lingua armoniosa; i Romani conquisteranno il mondo per ottenere la pace universale. Prima della sua venuta i popoli dell’Europa e dell’Africa settentrionale guardano all’oriente, quelli dell’Asia all’Occidente. Lo sguardo degli uni e degli altri si puntava, si incontrava sulla mangiatoia. I Druidi innalzeranno un altare: «Virgini parituræ» le generazioni tutte si trasmettono di secolo in secolo un grido di speranza, verrà un pargolo. Dopo il suo Natale trovo i martiri, che muoiono per Lui, i sapienti che ne spiegano la dottrina, i santi che lo ricopiano in sé stessi, 19 secoli (data del libro citato: 1934, ndR) che prendono nome da Lui. Il Vangelo, parte da quella culla. In principio erat Verbum. Il calendario cristiano lo stesso. Il nostro nome, le nostre feste, le nostre chiese, ripetono dalla culla di Betlem la loro ragione. Da quella culla parte una posterità universale. Gesù si è incarnato ed è morto per tutti. Egli appartiene a tutti i popoli, a tutti i tempi, a tutti i luoghi. Alla sua culla si unisce una posterità intelligente, i migliori genii, le migliori intelligenze si sono inchinate a Lui; una posterità fedele, che crede, spera, ama, difende Gesù Cristo; una posterità sanguinante, che si sacrifica e muore per Lui; una posterità ricalcitrante; Gesù ha gli amici, ma anche i nemici. La corrente dei secoli, si arresta alla culla di Betlem; lì rimonta il suo corso e si lavora un nuovo alveo. Ah! sarà vano torturare la storia per espellere Gesù, Egli è incarnato nella civiltà moderna. Non si può sopprimerlo senza sconvolgerla tutta. Togliete quella culla, cade il perno del mondo morale, e vi troverete innanzi ad un vuoto spaventoso. Essa è il centro del mondo, il punto di arrivo dell’antichità, il punto di partenza dell’Evo moderno. Cristo in una mano tiene l’antico Testamento, il più gran libro dei tempi passati, nell’altra il Nuovo Testamento, il più gran libro dei tempi nuovi, Gesù è Dio. Venite, ad oremus! Da quella sorgente deriva, scaturisce la grande opera di Cristo, la Chiesa. Da quella culla i sacramenti, canali della grazia che portano le loro onde benefiche e salutari a tutte le genti. Da quella culla derivano tutte le grandi virtù che trasformano l’anima umana, come le grandi virtù che innalzano, sublimano la famiglia cristiana, come le grandi virtù che caratterizzano e pongono all’avanguardia del mondo la società cristiana, e che costituiscono la civiltà cristiana. Il regno di Dio annunciato e lungamente aspettato comincia a Betlemme. Roma e Betlem si contendono l’impero del mondo. Cesare Augusto, una dopo l’altra vide rientrare le sue legioni trionfali. Egli si crede il padrone del mondo e interpreta gli oracoli che promettono alla città dei sette colli un impero eterno. Folle sogno! Il regno di Cristo rovescerà l’impero dei Cesari. Ebbro del sangue dei martiri, esecrato dai popoli oppressi, fatto a brani dai barbari, un giorno crollerà nelle sue rovine. Gli succederà il nato di Betlem. La stalla è il suo palazzo reale, la mangiatoia il suo trono, le povere fasce la sua porpora, gli animali i suoi paggi di onore. Da quel trono Gesù Cristo inaugurerà il suo regno di pace, di amore, di libertà, di uguaglianza fra gli uomini; di fratellanza umana, universale; il suo regno sulle menti, sulle volontà, sui cuori, sulle anime, sulle famiglie, sulle nazioni. Venite, o popoli, dall’oriente, dall’occidente, dal settentrione, e dal mezzodì; prostratevi tutti innanzi alla culla di Betlem, la sorgente di tutti i beni religiosi, il trono di Gesù, Re dei secoli. A Lui solo, onore e gloria. Cantiamo cogli angeli: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli; pace in terra agli uomini di buona volontà».

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