Non è necessario esser credenti, per ammirare la magnifica organizzazione della Chiesa cattolica, col suo Papa, centro supremo a cui convergono i cuori del mondo, - coi suoi Vescovi, sparsi in ogni canto della terra, uniti in un forte organismo, - con la schiera candida dei suoi Sacerdoti (Correva l’anno 1944, ndR). Basta volare per un istante a Roma, alla cupola del massimo tempio della cristianità, lanciata dal genio di Michelangelo verso la volta azzurra del cielo, e di là guardare attorno, in ogni direzione, per sentire la divina bellezza di questa unità della Chiesa, che, come nel succedersi dei tempi vede i suoi Pontefici ed i suoi ministri trasmettersi la fiaccola accesa da Cristo, così nella distesa dello spazio domina ogni popolo ed ogni anima. (Un certo autore) provava un fremito di entusiasmo, a simile riflessione, e scriveva: «Questo vicario di Dio, questo supremo Pontefice della Chiesa cattolica, questo Padre dei popoli e dei re, questo successore di Pietro il pescatore, vive; tiene alta fra gli uomini la sua fronte ricinta di triplice corona, su cui grava il sacro peso dei secoli. Alla sua Corte risiedono gli ambasciatori delle nazioni; a tutti gli uomini egli invia i suoi ministri, e perfino in quei luoghi che ancor oggi quasi non hanno nome. Allorché, dall’alto del suo palazzo, volge intorno lo sguardo, il suo occhio discopre il più splendido orizzonte dell’universo; egli mira il suolo calpestato dai Romani, vede la città da loro edificata colle spoglie dell’intero mondo, divenuta centro di tutte le cose nelle loro due forme primarie, lo spirito e la materia; la città dove tutti i popoli misero piede, tutte le glorie sono convenute, tutte le colte immaginazioni hanno fatto - sia pur da lungi - almeno un pellegrinaggio; mira la tomba degli Apostoli e dei martiri, l’unione augusta di tutte le memorie: Roma!». Non invano l’obelisco della Piazza san Pietro porta le parole: «Christus vincit, Christus regnat, Christus imperat»: l’unione dei Sacerdoti e dei Vescovi col Papa forma una delle prove e delle note più squillanti di tale vittoria di Cristo. Con animo diverso, però, molti mirano questa scena sublime. L’esteta gode ed ammira; un imperatore, come Giuseppe II, vi scorge un ottimo instrumentum regni da sfruttare; l’anticlericale delle nostre bettole vi paventa l’esercito dell’oscurantismo e la «prole negra della barbarie e del mistero»; noi, sulle tracce del Catechismo, esamineremo il fatto grandioso in rapporto al soprannaturale, cogliendo così il pensiero del Fondatore.

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