L’accecamento dello spirito proviene dalla volontà, ed è ciò che lo rende più colpevole. Non vogliono intendere, dice particolarmente di questa sorta di ciechi il Profeta, per timore di dover fare bene - Noluit intelligere ut bene ageret (Psalm. XXXV,3). Lo splendore delle opere di Gesù Cristo, osserva san Cirillo, era tanto, che non lasciava luogo a dubbio a chi non fosse corrotto di mente, ma siccome la più parte di quei Giudei trovavasi in tale condizione, perciò non voleva vedere. Quando Gesù arrivò in vista di Gerusalemme, nota san Luca che pianse sovr’essa esclamando: «Ah! se tu conoscessi almeno almeno in questo punto quello che ti può portare la pace, ma, ohimè! ora gli occhi tuoi stanno chiusi su tutto, perché non hai voluto conoscere quand’eri in tempo, la grazia della mia visita» - Nunc autem abscondita sunt ab oculis tuis... eo quod non cognoveris tempus visitationis tuae (Luc. XIX,42-44). Come se volesse dire: O figlia di Sionne cotanto da me amata, onorata, arricchita, istruita, come va che non mi conosci? Per qual motivo mi rigetti, mi perseguiti e ti prepari a condannarmi a morte, a crocifiggermi? Per tuo amore e vantaggio sono disceso dal Cielo e mi sono incarnato; per te ho passato i miei giorni in continui travagli, nella povertà, nel dolore; io t’ho visitata e ammaestrata; ho guarito i tuoi lebbrosi, risanato i tuoi malati, liberato i tuoi indemoniati, risuscitato i tuoi morti; e tu di ricambio mi fuggi, mi disprezzi, mi calpesti, mi odii. Ma nemmeno questo tu conosci e vedi, poiché non hai voluto accogliermi né credere in me. L’incarnazione, la predicazione, la passione, la risurrezione di Gesù Cristo furono dunque celate a quei Giudei induriti; questo popolo deicida non conobbe nemmeno la sua perfidia; come non s’accorse del suo accecamento e dell’ingratitudine sua. Ma una strepitosa vendetta si versò sopra Gerusalemme presa e distrutta da Tito. Io ho incontrato in una delle vostre piazze, predicava san Paolo agli Ateniesi, un’ara dedicata al Dio ignoto - Ignoto Deo (Act. XVII,23); su queste parole dice Tertulliano: «Ecco il sommo delitto di coloro che non vogliono riconoscere Colui che pure non possono ignorare». «E dove siamo noi? esclama san Pier Crisologo. Che è questa stupidità che ci smemora? Che è questo sonno che ci opprime? Quest’oblio mortale che c’incatena? Perché non cambiare la terra col Cielo? non comprare i beni imperituri a prezzo, dei beni caduchi? non arricchirci col mezzo delle ricchezze temporali dei tesori eterni?». Udite come si lagna Iddio per bocca del Profeta: «E fino a quando, o figliuoli degli uomini, avrete stupido il cuore? perchè amate voi la vanità e andate dietro alla menzogna?» - Filii hominum usquequo gravi corde? ut quid diligitis vanitatem et quaeritis mendacium? (Psalm. IV,2). «Ah! il mio popolo non ha udito la mia voce, Israele non m’ha prestato attenzione» - Non audivit populus meus vocem meam, et Israel non intendit mihi (Psalm. LXXX,10), «anzi, ha rigettato e disprezzato e allontanato da sé il Cristo». - Tu vero repulisti, et despexisti; distulisti Christum tuum (Psalm. LXXXVIII,37); - «e ha detto: Il Signore non vedrà, il Dio di Giacobbe non ne saprà nulla... Deh! intendetela, o i più stupidi del popolo, e voi, stolti, imparate una volta. Colui che piantò l’orecchia, non udirà? e quei che lavorò l’occhio, sarà senza vista? Non vi condannerà forse colui che castiga le genti? che all’uomo insegna la scienza?». Sta scritto nel primo libro dei Re, che gli empi si taceranno nelle tenebre - Impii in tenebris conticescent (II,9); si taceranno, perchè non avranno scusa d’essere ciechi. E quegli è cieco, dice san Gregorio, che vuole ignorare la luce della contemplazione celeste; che sprofondato nelle tenebre della vita presente, e non volgendo mai con amoroso desiderio l’occhio alla vera luce, non sa a qual meta dirigere le sue azioni. «Va, intimò il Signore ad Isaia, e dirai a questo popolo: Ascoltate voi che avete orecchi e non vogliate capire; e vedete e non vogliate intenderla» - Vade, et dices populo huic: Audite, audientes, et nolite intelligere; et videte visionem et nolite cognoscere (Isai. VI,9); che vuol dire, voi vedrete e voi udirete, ma non vorrete né intendere, né conoscere... perchè il cuore di questo popolo è accecato, le sue orecchie sono turate, le sue palpebre incollate per timore che ha di vedere co’ suoi occhi, d’udire colle sue orecchie la verità, d’avere l’intelligenza, di convertirsi e d’essere guarito (Ib. VI,10). Due cose formano l’accecamento spirituale: 1° Un attaccamento perverso alla propria volontà, che impedisce di ricevere la vera luce, con la quale Dio propone, spiega, e sufficientemente prova, sia per se medesimo, sia per mezzo dei Profeti, degli Apostoli, o della Chiesa insegnante, le verità necessarie alla salvezza. Allora si imita colui che chiude ben bene e tura ogni fessura dell’impannata, perchè non penetri raggio di sole nella sua camera. 2° La mancanza della luce divina, mancanza provocata dalla volontà perversa; e da ciò ne segue l’impotenza morale di conoscere il vero. Un esempio parlante ce ne offrono quei Giudei (e coloro che ebbero lo stesso comportamento), i quali vedendo Gesù operare tanti miracoli, dovevano conchiuderne ch’Egli era il Messia ed erano quindi tenuti a credergli; ma essi vi si rifiutarono, ed in questo modo s’accecarono: la cagione poi di questo loro rifiuto era l’avarizia, l’ambizione, l’invidia, l’orgoglio, ecc. che Gesù loro rimproverava. E se Isaia dice: «Accecate, o Signore, il cuore di questo popolo» - Excaeca cor popoli huius (VI,10), queste parole significano: Permettete che sia accecato: perchè, propriamente parlando, è l’uomo che s’acceca e si indura di per se stesso secondo che s’esprime in termini precisi la Sapienza: «La loro malizia li ha accecati» - Excaecavit enim illos malitia eorum (Sap. II,21). La causa positiva dell’accecamento spirituale è dunque la malizia di colui che sottostà a questo castigo. Iddio poi non acceca se non indirettamente, sottraendo a poco a poco agli empi la luce della verità e della grazia e permettendo, in punizione dei loro peccati, che le occasioni li trascinino nell’errore e nell’accecamento: e s’avvera di loro quel che dice Geremia: «Per costoro il sole è già tramontato in pieno giorno» - Occidit ei sol, cum adhuc esset dies (Ierem. XV,9). Tutti i ciechi dello spirito, scrive san Cipriano, sono, come quei Giudei che si dimostrarono privi d’intelligenza e di saviezza; indegni della vita della grazia, essi l’hanno sotto gli occhi e non la scorgono. «Lasciandosi vedere a quelli che in Lui credono, soggiunge san Leone, Gesù si nasconde a coloro che lo perseguitano coi peccati. Ed essi vengono colpiti da cecità spirituale, perchè non comprendano la gravità dei loro misfatti, né s’inducano a pentirsene». Volete vedere fin dove si spinge questo volontario accecamento di spirito? osservate, dice sant’Agostino, il contegno di quei Giudei in faccia a Lazzaro risuscitato: non potendo né celare, né mettere in dubbio il fatto, che cosa inventano? Nientemeno che d’ucciderlo. O insensato pensiero, o crudeltà avventata! Non vediamo noi tuttodì dei ciechi spirituali che volontariamente fuggono la luce? O non volesse Dio che fosse pur troppo così sovente! poiché tali sono coloro che schivano le chiese, le sacre funzioni, l’insegnamento della parola di Dio; tali quei giovani che si rifiutano d’accogliere i buoni consigli d’un padre, d’una madre, d’un amico, di un pastore; tali coloro che s’allontanano dalla confessione, che s’espongono temerari alle occasioni prossime del peccato; tali quei genitori deboli e negligenti i quali o non mai, o di rado e rimessamente, correggono i loro figli, ecc.
L’Accecamento spirituale. Quest’accecamento è volontario. Da I tesori di Cornelio ALapide, Commentari dell’ab. Barbier. SS n° 14, p. 8