E l’anima, dice san Giovanni Crisostomo, corrotta che sia, degradata per l’abito del peccato, languisce d’incurabile malattia, né più si rimette in forze per quanti rimedi le offra Dio (Homil. ad pop. Antioch.). Non è così facile svestire gli abiti viziosi, come il vestirli. La volontà, la quale può a suo talento schivare od abbracciare il male, s’avviluppa di per se stessa, come il baco da seta, nell’opera sua; e se i lacci dentro cui: s’è arretita figurano seta perché gradevole sono però ferro per la loro durezza. No, essa non è in grado di distruggere a sua posta la prigione che ella medesima si è fabbricata, né spezzare i fili di cui s’è cinta. E non mi state a dire, soggiunge Bossuet (Vol. I, Circoncis.), che essendo i vostri impegni affatto volontari voi possiate, con la medesima volontà che li ha contratti, quandochessia disdirli, perché anzi qui sta appunto il nodo, che quella medesima volontà, la quale si è impegnata, sia obbligata a disimpegnarsi; che essa, la quale forma o vuol formare i legami, s’impegni poi a scioglierli; che debba ella medesima sostenere ad un tempo l’urto e dar l’assalto. Ora chi è dunque sì cieco che apertamente non veda come invano essa combatterà e si stancherà in inutili sforzi, se non viene a sostenerla una forza o un soccorso dal di fuori? Poiché non si resiste da forti e robusti per lungo tempo, scrive sant’Ambrogio (In Psalm. CXVIII), quando è d’uopo vincere se medesimo. Troppo faticosa ed accasciante è la lotta che l’uomo deve sostenere contro se stesso e le sue passioni perché possa vincere da solo. So bene che altri accusa il Demonio delle malvagie abitudini in cui vive, ma badate, grida sant’Agostino (Confess.), che il Diavolo tripudia quand’è accusato, e niente meglio desidera se non che voi gettiate su di lui i vostri torti, affinché perdiate così il frutto d’un’umile confessione. L’uomo deve superare due ostacoli, l’inclinazione e l’abitudine; quella rende il vizio amabile, questa lo fa necessario; e non è in nostro potere, osserva sant’Agostino (In Psalm. CVI), né il principio dell’inclinazione, né la fine dell’abitudine: l’inclinazione c’incatena e ci precipita nel carcere, l’abitudine vi ci lega e chiude sopra di noi la porta per toglierci ogni uscita. Il peccato passato in abitudine diventa quasi identificato coll’uomo: il peccatore abituato è divenuto peccato; e da ciò proviene la difficoltà immensa di vincere le cattive consuetudini. Come si conosce se il peccato sia d’abitudine? Grave malattia è l’abitudine di peccare, e chi desidera vedere se egli ne sia infetto deve osservare: 1° S’egli commette il male con piacere; perché ogni piacere è conforme a qualche natura: ora egli è certo che il peccato non ha di per se stesso questa consonanza colla nostra natura, bisogna perciò che la ripetizione del peccato abbia formato in noi un’altra natura, e questa seconda natura è l’abitudine... 2° Se pecca senza resistere, perché allora la forza dell’anima è svigorita ed abbattuta... Come si lascia l’abitudine? I mezzi con cui lasciare e vincere le malvagie abitudini per quanto radicate, sono i seguenti: 1° il timore di Dio; 2° la resistenza...; 3° la preghiera...; 4° il rincrescimento ed il dolore di trovarsi in così infelice stato...; 5° la fuga delle occasioni prossime del peccato d’abitudine...; 6° un vivo orrore del peccato...; 7° frequente ed umile confessione. «Siete voi combattuti dell’abitudine del peccato? grida sant’Agostino, respingetelo da valorosi; non saziatelo ritirandovi, ma sforzatevi d’abbatterlo resistendo» (Lib. de Continent.). Finalmente, una sincera e viva devozione alla Vergine ci fa uscire da qualunque abitudine cattiva.
Riconoscere e lasciare la cattiva abitudine del peccato. Da I tesori di Cornelio ALapide, Commentari dell’ab. Barbier. SS n° 4, p. 8