Dicevamo nel Comunicato n° 165 che, pur sopraggiunto il naturale e consueto caldo estivo, che tanto sfianca quanto stimola, il buon cristiano non deve assolutamente abbandonarsi a comportamenti sudici e da postribolo. Dunque nervi saldi, sana rassegnazione, temperanza, igiene della persona e, finalmente, modestia nel vestire. L’uso del vestito è basato sopra tre ragioni fondamentali: igiene (pulizia e protezione del corpo), estetica (ornamento) e pudore. In relazione con queste finalità esiste una grande diversità, qualitativa e quantitativa, nell’uso del vestito fra i vari popoli, secondo le diverse condizioni di clima e il grado di civiltà e di sentimento morale. La morale cristiana permette ed esige una cura ragionevole, moderata del vestito, ordinata al suo giusto fine, entro determinati limiti (differenti secondo la condizione sociale della persona), senza esagerazione o negligenza, e conforme alle prescrizioni dell’igiene e della modestia. La moda, quindi, non ha in sé nulla di male. Il disordine nel vestito proviene dall’offendere o dal non soddisfare al suo fine, o dall’oltrepassare i giusti limiti.
In pratica un vestito può dunque essere illecito a causa o del fine disordinato (immoderato gusto di piacere o di attirare gli sguardi, seduzione ecc.) o dell’effetto anche se preterintenzionalmente provocato (danni economici, fisici e specialmente morali). Riguardo agli effetti morali è riprovevole ogni vestito che crea pericolo per la virtù del soggetto stesso o di altre persone: cioè quello (specialmente femminile) che, sia per una esagerata denudazione o trasparenza, sia per un taglio troppo stretto, non nasconde abbastanza o perfino accentua le proprietà sessuali, o che, comunque, per una forma tendenziosa o inconsueta (per esempio propria dell’altro sesso), può facilmente eccitare la passione. Nei luoghi sacri, nell’assistere a funzioni religiose o nell’accostarsi ai Sacramenti, è richiesto un vestito non solo non provocante come in ogni altra circostanza, ma positivamente modesto in rapporto con la riverenza dovuta a questi luoghi e funzioni (1 Cor. 11, 5; Codex, can. 1262 § 2).
La dolorosa esperienza dei gravi danni provocati dal vestire immodesto è tale da giustificare pienamente le molteplici insistenze dei Pastori delle anime su questo punto. Queste insistenze ritornano in ogni momento della storia; si ricordino le innumerevoli prediche, spesso abbastanza crude, su questo argomento (San Giovanni da Capistrano, San Leonardo da Porto Maurizio, Abramo a Santa Clara, San Bernardino da Siena, ecc.). Ma soltanto negli ultimi decenni [a causa dell’inarrestabile decadenza dei costumi, ndR] questa materia è passata anche nel campo dell’Autorità ecclesiastiche. Fra molti altri documenti sono da rilevare, per esempio, l’Allocuzione di Papa Benedetto XV ai membri della Unione Femminile Cattolica Italiana, 21 ottobre 1919; l’Istruzione della Sacra Congregazione del Concilio ad Ordinarios dioecesanos: de inhonesto feminarum vestiendi more, 12 gennaio 1930; l’Allocuzione di Papa Pio XII alle giovani della Azione Cattolica di Roma, 22 maggio 1941. Prosegue ...
Dal «Dizionario di Teologia morale, Roberti - Palazzini, Studium, Roma, imprimatur 1957, pagine 1531 e 1532]