Esegesi = spiegare: è l’arte di trovare e proporre il vero senso di un testo e, nel campo teologico, di un testo della Sacra Scrittura. È arte in quanto applica le norme di ordine razionale e di ordine teologico che la scienza ermeneutica stabilisce. Il processo di interpretazione di un testo biblico parte dalla fissazione del testo stesso mediante i princìpi della critica testuale e, per mezzo delle regole dettate dall’ermeneutica, ne dà la esatta esegesi, ricorrendo eventualmente alla critica letteraria per accertare il genere letterario del libro in cui è contenuto il testo in esame ed alla critica storica per ambientarlo nel suo tempo. Scopo supremo dell’esegesi è far brillare attraverso le parole umane la pienezza della luce e del pensiero divino. [La Chiesa condanna le cosiddette Scuole o Società bibliche: «Certamente non vi sfugge, Venerabili Fratelli, dove vogliono arrivare gli sforzi di quelle Società. Infatti, ben conoscete l’ammonimento di Pietro, Principe degli Apostoli, il quale, dopo aver lodato le epistole di San Paolo, afferma che “in esse ci sono alcune cose difficili da comprendere; gli ignoranti e gli instabili le travisano, al pari di altre Scritture, procurandosi la rovina”. Ma subito aggiunge: “Fratelli, essendo stati preavvertiti, state in guardia per non venire meno nella vostra fermezza, travolti anche voi dagli errori degli empi” (2Pt 3,16.17). Voi conoscete pure l’arte che fin dalla prima epoca del nome cristiano fu propria degli eretici: ripudiata la parola di Dio, quale risuona nella Tradizione, e, respinta l’autorità della Chiesa Cattolica, cercare di manomettere il testo delle Scritture o di travisarne il senso nell’esposizione. Neppure ignorate quanta diligenza e quanta sapienza siano necessarie nel tradurre fedelmente in altra lingua le parole del Signore; onde nulla di più facile che, o per ignoranza, o per frode di tanti interpreti, s’insinuino gravissimi errori nelle innumerevoli versioni delle Società Bibliche: errori che per la loro moltitudine e varietà restano nascosti a lungo, a danno di molti. A queste Società Bibliche non importa un gran che se coloro che leggono la Bibbia nelle diverse traduzioni cadono in diversi errori, purché a poco a poco acquistino l’abitudine d’interpretare il senso delle Scritture secondo il proprio giudizio, disprezzando le divine tradizioni custodite nella Chiesa Cattolica secondo l’insegnamento dei Padri, anzi rigettando lo stesso magistero ecclesiastico» (Gregorio XVI, «Inter praecipuas» ed altrove: Gregorio XVI - trad. Tra le principali macchinazioni; Pio IX - Qui pluribus, Quanta cura e Syllabus, Noscitis et Nobiscum). Nello specifico, Papa Leone XIII in «Providentissimus Deus» afferma: «Occorre a questo proposito tenere presente che, oltre alle altre cause di difficoltà che per lo più s’incontrano nell’interpretazione di qualsiasi libro antico, qui se ne aggiungono alcune proprie dei Libri sacri. Trattandosi infatti di libri il cui autore è lo Spirito Santo, molte cose vi sono in essi che superano di gran lunga la forza e l’acume della ragione umana, i divini misteri cioè, e molte altre cose contenute insieme con questi, e per di più talvolta con un senso ben più ampio e recondito di quanto non sembri esprimere la parola o indicare le leggi dell’ermeneutica, e certamente lo stesso senso letterale richiama poi altri sensi, sia per illustrare i dogmi, sia per raccomandare precetti di vita pratica. Non bisogna perciò negare che i sacri Libri non siano avvolti da una certa religiosa oscurità, per cui nessuno può accedere ad essi senza una qualche guida: avendo così provvidamente disposto Dio, secondo l’opinione comune dei Santi Padri, affinché gli uomini si sentissero spronati a studiarli con maggior desiderio e diligenza e perché si imprimessero poi più profondamente nelle loro menti e nei loro animi quelle verità tanto laboriosamente acquistate, e perché comprendessero soprattutto che Dio affidò le Scritture alla Chiesa, della quale debbono servirsi come di sicurissima guida e maestra nel leggere e trattare le sue parole. Infatti già sant’Ireneo insegnava che si deve apprendere la verità là, ove sono posti i carismi del Signore, e che senza alcun pericolo vengono esposte le Scritture da coloro presso cui si trova la successione apostolica. Il Concilio Vaticano (1869 - 1870) abbracciò certamente la dottrina di questo e degli altri Padri quando, rinnovando il Decreto tridentino riguardo l’interpretazione della parola divina scritta, “dichiarò essere tale il suo giudizio che nelle cose riguardanti la fede e i costumi appartenenti all’edificazione della dottrina cristiana, sia da ritenersi quale autentico senso della sacra Scrittura quello che tenne e tiene la santa madre Chiesa, cui spetta giudicare del vero senso e dell’interpretazione delle sante Scritture; e che perciò non è permesso ad alcuno interpretare la stessa sacra Scrittura contro questo senso o anche contro l’unanime consenso dei Padri”», ndR].