Gallicanesimo è un complesso di teorie maturate in Francia, specialmente nel sec. XVII, che tendevano a restringere l’autorità della Chiesa di fronte allo Stato (Gallicanesimo politico) o l’autorità del Papa di fronte ai Concili, ai Vescovi, al Clero (Gallicanesimo ecclesiastico-teologico). Le radici lontane del Gallicanesimo vanno ricercate nella letteratura polemica che accompagnò la lotta tra Bonifacio VIII e Filippo il Bello, re di Francia, e poi nel torbido periodo dello Scisma d’Occidente, che espose al ludibrio la dignità pontificia contesa dai vari antipapi. Pietro d’Ailly, che ebbe molta parte al Concilio di Costanza (1414-1418), raccogliendo e sviluppando princìpi di altri scrittori che lo precedettero, formulò tutta una dottrina intorno alla superiorità del Concilio sul Papa ed alla giurisdizione dei Vescovi e del Clero come derivata direttamente da Dio, non per mezzo del Papa. Quattro articoli celebri furono approvati, sotto la presidenza tumultuosa del d’Ailly, già cardinale, al Concilio di Costanza, che [sembrerebbero rispecchiare] la dottrina antipapale di lui. Ad essi si appelleranno i Gallicani del secolo XVII come ad articoli di fede definita, [senza prendere in considerazione il valore e l’utilizzo che] Martino V ed Eugenio IV [attribuirono a] quegli articoli. [Qui ci sarebbe tanto da precisare, pertanto abbiamo voluto dare, commentando in parentesi e nel contesto, un senso più opportuno alla breve proposizione, onde evitare le consuete strumentalizzazioni di chi intende legittimare, e pratica, la disobbedienza ordinaria alla Chiesa, ritenendo la stessa, ed il legittimo Pontefice, ambo eterodossi e fallibili: colpevoli di crimini contro la fede, la morale, la legge ed il culto, ndR]. Un altro precedente del Gallicanesimo è la Prammatica sanzione di Bourges (1438), compilata dal clero e firmata dal re di Francia Carlo VII, nella quale si ripetono i princìpi intorno alla superiorità del Concilio di fronte al Papa, definiti da una frazione del Concilio di Basilea ribelle agli ordini di Eugenio IV. Ma il Gallicanesimo si eresse ufficialmente a sistema nel secolo XVII, sotto Luigi XIV, assolutista nel campo politico e religioso. L’ambiente francese, anche nelle università come la Sorbona, era ormai saturo di dottrine avverse alla giurisdizione del Papa: Pietro Pithou (+ 1596) e Pietro Dupuy (+ 1651) avevano redatto e commentato con lusso di erudizione l’elenco delle Libertés de l’Eglise gallicane; il Dupuy era incoraggiato dall’astuto Richèlieu. La questione delle regalie (per cui il re percepiva i frutti di vescovadi vacanti), mosse Luigi XIV a raccogliere un’assemblea generale del clero (1681), da cui venne fuori una Dichiarazione del clero gallicano in 4 articoli, compilata dal Bossuet, che fu subito sancita e promulgata dal re (1682): Art. 1. Indipendenza assoluta dei re e dei prìncipi nelle cose temporali di fronte all’autorità ecclesiastica. Art. 2. Il Papa è subordinato ai Concili generali. Art. 3. L’autorità pontificia è moderata dai sacri canoni e ad ogni modo non può toccare le regole e le consuetudini della Chiesa gallicana. Art. 4. Il giudizio del Papa non ha valore se non vi accede il consenso della Chiesa. Essi sono condannati: DB, 1322 e 1598 [In futuro studieremo le condanne, ndR]. Questi 4 articoli riappariranno nei 77 art. organici aggiunti abusivamente da Napoleone I al Concordato stipulato con Pio VII (1802).