La grazia abituale è un dono divino infuso da Dio nell’anima e per natura sua permanente. La grazia abituale, in senso ristretto, è quella infusa nell’essenza dell’anima e si chiama anche grazia santificante e giustificante, in quanto conferisce la santità e rende giusto chi era peccatore. In senso più largo la grazia abituale, oltre alla grazia santificante, comprende anche le virtù e i doni dello Spirito Santo, che sono come una ramificazione della grazia santificante e investono le facoltà dell’anima. Gli Scolastici, movendo dai dati della Rivelazione, avevano sviluppato una copiosa dottrina intorno alla grazia abituale, con l’aiuto della teoria aristotelica degli abiti. Ma (il perverso) Lutero, avversò a questa teoria per la sua mentalità nominalistica, rigettò tutta la dottrina tradizionale, riducendo la grazia santificante a un estrinseco favore divino o a una estrinseca imputazione della santità di Cristo al peccatore, che resta intrinsecamente corrotto e insanabile (v. Luteranesimo). I Protestanti battono la via del maestro fino ai nostri tempi (...). Baio (v. Baianismo) concepisce la grazia dinamicamente cioè soltanto attuale e la identifica con l’attività moralmente buona e salutare ossia con la osservanza dei precetti divini, che, secondo lui, è possibile solo con la grazia, elemento integrativo della creatura. La Chiesa ha condannato l’uno e l’altro errore (Conc. Trid., sess. VI, can. 11; DB, 821; Prop. 42 di Baio; DB, 1042), appellandosi alla Rivelazione (specialmente San Paolo e San Giovanni), che presenta la grazia come una rigenerazione, una nuova vita, un’energia divina diffusa dallo Spirito Santo e inerente nell’anima. Di qui la vera Teologia della grazia santificante, che è una divina qualità (Catech. Conc. Trid.) o abito entitativo inerente all’anima, cui conferisce un modo di essere divino, una partecipazione della natura divina, secondo San Pietro (v. Consorzio), la filiazione di vina adottiva (Rom. 8, 15; Gal. 4, 6; la lett. di Giov. 3, 1), e il diritto di eredità alla vita eterna (Rom. 8, 17). La Tradizione, specialmente orientale, è ricca di motivi e di sviluppi sulla grazia santificante, arditamente denominata divinizzazione dell’uomo (Ireneo, Origene, Cirillo Aless.). La grazia santificante si perde col peccato mortale (Conc. Trid., DB, 808), si conserva e si accresce con le buone opere, fatte sotto l’influsso della grazia, e per mezzo dei Sacramenti debitamente ricevuti (Conc. Trid., DB, 834 e 849).
dal Dizionario di teologia dommatica, Piolanti, Parente, Garofalo - pace all’anima loro! - Studium, Roma, 1952.